mercoledì 22 dicembre 2010

Happy Christmas

Non so quando potrò di nuovo aggiornare il blog, quindi auguro a tutti voi lettori un felicissimo Natale e vi dedico la canzone natalizia che da sempre che preferisco...
A presto!




So this is Xmas
And what have you done
Another year over
And a new one just begun
And so this is Xmas
I hope you have fun
The near and the dear one
The old and the young

A very Merry Xmas
And a happy New Year
Let's hope it's a good one
Without any fear

And so this is Xmas (war is over)
For weak and for strong (if you want it)
For rich and the poor ones (war is over)
The world is so wrong (if you want it)
And so happy Xmas (war is over)
For black and for white (if you want it)
For yellow and red ones (war is over)
Let's stop all the fight (now)

A very Merry Xmas
And a happy New Year
Let's hope it's a good one
Without any fear

And so this is Xmas (war is over)
And what have we done (if you want it)
Another year over (war is over)
A new one just begun (if you want it)
And so happy Xmas (war is over)
We hope you have fun (if you want it)
The near and the dear one (war is over)
The old and the young (now)

A very Merry Xmas
And a happy New Year
Let's hope it's a good one
Without any fear

War is over, if you want it
War is over now

Happy Xmas

giovedì 16 dicembre 2010

Il lato oscuro del Natale

Salve a tutti, cari lettori! 
Finalmente trovo qualche minuto per il mio giovane blog, dopo alcuni giorni distruttivi: scuola massacrante, lezioni di danza di pomeriggi interi e un gelo polare. Del resto non c'è da stupirsi, dicembre arriva ogni anno con il suo carico di verifiche e interrogazioni, con lo spettacolo sempre più vicino, con la neve e, naturalmente, con il Natale.
Il Natale è bello, è una festa importante, è un momento di gioia, arriva Babbo Natale con i regali, nasce Gesù, a Natale si è tutti più buoni, a Natale puoi fare quello che non puoi fare mai..., eccetera eccetera. Ammettiamo pure che sia così, ma a me sembra che ci sia una certa isteria generale durante tutto il periodo natalizio (e, diciamocelo pure, anche un bel po' di ipocrisia).
Innanzitutto, tutte quelle lucine che una volta mi facevano dire: "Ohhh ma come sono belle e colorate!", adesso mi mettono una certa ansia, soprattutto perché quest'anno ho cominciato a vederle dopo la metà di novembre davanti ad alcuni negozi: voglio dire, non facciamo in tempo a festeggiare Ognissanti, e già i commercianti ci assillano con i prodotti natalizi?! Compra, compra, affrettati, compra, compra, affrettati.... sembrano volerti dire.
Questo sì che è spirito natalizio.
Restando in tema, pur di farci acquistare mille, cento prodotti di ogni tipo, i negozi sono aperti tutta la settimana, domenica compresa (ma ovviamente nel resto dell'anno i commercianti, visto che sono molto laboriosi, tengono chiuso, oltre alla domenica anche un giorno feriale - il giorno in cui puntualmente avevi deciso di fare la spesa). Tutto ciò ha come scopo, ben riuscito direi, quello di scatenare un vero e proprio assalto ai centri commerciali, dove persone di ogni età si affrontano in una spietata corsa ai regali. E' incredibile come le pubblicità, le decorazioni, le lucine e le musichette riescano a far acquistare prodotti che in un qualsiasi altro periodo dell'anno, una persona sana di mente non acquisterebbe mai (per averne un'idea --> regali assurdi).
Detto questo, mi viene spontaneo pensare: ma perché dobbiamo avere la scusa del Natale per fare un regalo a una persona a cui vogliamo bene? E perché dobbiamo sentirci obbligati a fare un regalo, se qualcuno ce ne fa uno? Dove va a finire il significato vero della parola "regalo"? 
Per rispondere a queste domande bisogna riflettere sul nostro modello di società, che ci obbliga a fare determinate scelte, spesso anche contro i nostri ideali, se non vogliamo essere visti come diversi, antipatici, altezzosi e, nel caso dei regali, taccagni.
Ma al di là del grande consumismo del periodo natalizio, che trasforma questa festa, originariamente sincera e dal messaggio profondo, in una pura operazione commerciale, ciò che mi dà più fastidio è il falso buonismo di cui tutti sembrano vestirsi nei giorni prima di Natale.
A partire dalla pubblicità di una famosa marca di panettoni, che ci vuole intenerire con le dolci voci di un coro di bambini che ci invitano a fare di più (da quanto ormai, 10 anni?) fino alla frase detta e stradetta "a Natale si è tutti più buoni", non riesco proprio a capire come faccia la gente a decorarsi di tutti questi buoni sentimenti, mentre il nostro pianeta sta morendo e migliaia di persone vivono (ma più spesso muoiono...) con il rombo dei cacciabombardieri per le strade, al posto del motivetto di Jingle Bells
Perché chiudere gli occhi di fronte alla realtà?
Non dico assolutamente di rinunciare a festeggiare e a passare un momento di gioia perché ci sentiamo in colpa e non dico neanche che bisogna obbligatoriamente fare del volontariato e della beneficenza, ma piuttosto di essere un po' più sinceri con gli altri e con noi stessi. Dobbiamo dunque capire che non bisogna fare del bene solo a Natale e, cosa che spesso si dice ai bambini e risulta alla fine molto diseducativa,  essere più "buoni" solo per farsi fare dei regali. Natale è semplicemente un'occasione per fare del bene, un'occasione tra le infinite che ci capitano nel corso della nostra vita e che spesso siamo restii a cogliere. Ricordiamoci perciò, che non c'è un momento definito per essere "buoni"e non importa fare grandi cose per diventarlo: basterebbe fare semplicemente il proprio dovere.

Vera bontà non è il semplice fatto di non commettere azioni ingiuste, ma il non volerne neppure commettere 
Questo lo diceva Democrito nel V secolo a.C.
Di certo lui non conosceva né Natale, né panettoni.


giovedì 2 dicembre 2010

E' una lunga storia...

"Si puo' proprio dire che certi uomini, quanto più sono indegni, tanto più riescono ad occupare cariche istituzionali, e soprattutto i malvagi che giungano a rivestirle si mostrano maggiormente negligenti e si riempiono di insipienza e arroganza."
Democrito (Abdera, 460 a.C. – 370 a.C. circa)

Incredibile, siamo fermi a 2400 anni fa.

giovedì 25 novembre 2010

Never let me go

ATTENZIONE:  Quella che segue non è propriamente una recensione del romanzo Non Lasciarmi di Kazuo Ishiguro, ma piuttosto un commento, perciò contiente SPOILERS.
Se non avete letto questo romanzo meraviglioso, lasciate perdere il post e affrettatevi a leggere il libro perchè merita veramente (e ovviamente dopo tornate qui a leggere quello che ho scritto! :P).


Immaginate di avere dodici o tredici anni e di vivere in un collegio magnifico e isolato, immerso nelle colline inglesi. Per quel che ricordate, avete sempre vissuto lì insieme ad altre decine di ragazzi più o meno giovani di voi, costantemente sorvegliati da alcuni “tutori” che vi insegnano tutto ciò che dovete sapere. Vi ripetono sempre che dovete stare molto attenti alla vostra salute, che dovete comportarvi in modo dignitoso e che dovete sforzarvi di essere creativi. Naturalmente nel corso della vostra infanzia avete stretto una profonda amicizia con alcuni compagni e avete sviluppato simpatie ed antipatie verso i tutori.
Insomma, fin qui la vostra vita, come quella di Kathy, Ruth e Tommy, può sembrare una vita tipica di un orfano relativamente fortunato. Ma questi tre studenti di Hailsham, protagonisti del commovente romanzo di Kazuo Ishiguro, Non Lasciarmi, non hanno nulla a che vedere con gli orfani.
E’ Kathy, ormai adulta, a narrare ai lettori la sua vita, quasi come si stesse confidando con una persona conosciuta e fidata. I primi episodi che ci racconta – il suo primo incontro con Ruth, il carattere difficile di Tommy, lo strano comportamento dei tutori – sono caratterizzati da un certo “disordine” cronologico, come se i ricordi più lontani della sua infanzia cominciassero a diventare confusi e le fosse difficile organizzare bene il pensiero; solo successivamente la storia diventa più lineare.
Kathy, Ruth e Tommy, come tutti i loro compagni di Hailsham, sono destinati a diventare “assistenti” e “donatori”, sono stati creati per questo scopo e ne sono consapevoli. Sanno anche che è molto importante riuscire a realizzare bei disegni e belle poesie, perché queste loro opere possano trovare posto nella misteriosa Galleria di Madame. Per loro tutto questo è normale e la loro vita non sembra diversa da quella di qualunque altro adolescente: le amicizie infantili si evolvono in sentimenti più profondi, a grandi gioie si alternano momenti di sconforto, i rapporti sono fragili e le emozioni forti. Ma, inesorabile, si avvicina il momento di lasciare Hailsham e negli ultimi anni al collegio si crea un’atmosfera di tensione fra gli studenti, i tutori infatti sembrano restii ad affrontare alcuni argomenti, soprattutto riguardo al futuro dei ragazzi, a quello che li aspetterà quando dovranno affrontare il “mondo fuori”.
La verità si scopre quasi per caso, come se fosse una cosa ovvia e conosciuta fin dall’inizio della storia ed è forse proprio per questo che ci colpisce in modo così violento: studente non è altro che una parola più gentile per parlare di un clone, destinato in età adulta a donare i propri organi vitali. La crudeltà e l’assurdità di tutto ciò ci sconvolge e, sebbene avessimo subito intuito la presenza di un segreto inquietante dietro alla parola “donazione”, ci ritroviamo ora a considerare le vite dei protagonisti sotto una luce completamente diversa.
Dopo aver trascorso ogni passo della vita di Kathy, Ruth e Tommy e aver condiviso con loro tutte le gioie, le preoccupazioni, lo sconforto, la rabbia e soprattutto l’amore, improvvisamente scopriamo che sono diversi da noi e non riusciamo a capacitarci di come ciò sia possibile.
Bene, è proprio questa sensazione che vuole farci provare Ishiguro, per farci riflettere su una domanda già affrontata molte volte dalla filosofia – cosa rende tale un “essere umano”? – e per condannare attraverso la metafora dei cloni, le discriminazioni sociali. Parallelamente a questo, lo scrittore ci comunica una forte preoccupazione riguardo allo sviluppo tecnologico, che potrebbe portare la scienza ad un carattere amorale e spregiudicato, se non venisse adeguatamente controllato.
Nonostante questo quadro tetro della società, nel romanzo chiusa e statica, sembra che una speranza ci sia: ciò che unisce tutti e supera ogni barriera è l’amore, in tutte le sue forme.
Non è mai troppo tardi per amare.


A febbraio uscirà nelle sale italiane il film tratto da questo romanzo, diretto dal regista americano Mark Romanek.
 


lunedì 22 novembre 2010

Ahi, che Dolores!

Noooo! Ecco qual è la sua vera identità!
Ora sì che ho paura...

Scienza e saggezza: una collaborazione vincente

In un’intervista del 2006, pubblicata da Il Corriere della Sera, la scienziata Rita Levi Montalcini ha affermato: 
“La conoscenza è per definizione un bene – forse il bene primario dell’uomo – perché senza di essa non possono esistere le altre libertà fondamentali a cui ci si appella di continuo. Gli scienziati non detengono il monopolio della saggezza. La soluzione dei problemi che affliggono il genere umano, fino a porne in pericolo la sopravvivenza, spettano in pari misura a filosofi, uomini di religione, educatori.”
Questa riflessione, pur dimostrando grande saggezza, non è completamente corretta.
Senza dubbio solo la conoscenza può garantire l’autonomia, cioè la base della vera libertà degli uomini: solo chi riesce a pensare e ad agire in modo autonomo, chi esce dagli schemi, chi non ha paura di essere diverso si può definire libero. Se si permette ad altre persone di condizionare la propria esistenza, si perde subito l’amata libertà, infatti l’influenza del pensiero altrui può far compiere delle azioni di cui in seguito è facile pentirsi. Essere condizionati da qualcuno significa essere alla sua mercé. Dunque, l’unico modo per liberarsi di tutte le influenze è quello di conoscere quanto più è possibile, essere consapevoli di ciò che ci sta intorno. Solo quando si raggiunge un alto livello di comprensione e conoscenza di tutte le cose si può pensare liberamente, nel vero senso della parola, perché solo a quel punto si riescono a capire e ad evitare gli errori degli altri.
Ritornando all’affermazione della Montalcini, è sicuramente corretto pensare che gli scienziati non siano le uniche persone sagge. Come tutti gli esseri umani, gli scienziati hanno la possibilità di sbagliare, sia per quanto riguarda la loro attività, sia per quanto riguarda le loro convinzioni o riflessioni, tant’è vero che alcune delle teorie di Einstein, forse lo scienziato più famoso della storia e una mente geniale, sono state ultimamente smentite. Inoltre non si può legare strettamente il concetto di saggezza ad altri come intelligenza o sapienza poiché al mondo ci sono persone sagge che non sono particolarmente colte o intelligenti e purtroppo ci sono molte persone con grandi capacità, ma che agiscono senza saggezza.
Quando la Montalcini si riferisce ai “problemi che affliggono il genere umano”, il concetto non risulta molto chiaro. Innanzitutto sarebbe necessario specificare meglio di cosa si sta parlando: problemi legati all’ambiente, alla società o più generalmente a entrambi? E’ più probabile quest’ultima opzione considerando il fatto che i più gravi problemi dell’umanità (guerre lunghe e sanguinose, povertà ben oltre i limiti della dignità, eventi climatici disastrosi) dipendono contemporaneamente da condizioni ambientali e sociali. Inoltre non è del tutto esatto che principalmente, o solamente, filosofi, religiosi ed educatori debbano occuparsi dei problemi del genere umano. I filosofi possono sì elaborare teorie e possibili soluzioni, ma hanno anche sicuramente bisogno di persone con le capacità e la possibilità di metterle in pratica. I religiosi dovrebbero trasmettere i giusti valori e difendere i deboli, ma non sempre si impegnano in nel loro compito e in ogni caso questo non basterebbe a risolvere i problemi maggiori. Infine gli insegnanti hanno l’importante responsabilità di educare le nuove generazioni, compito difficile, ma assolutamente necessario affinché la conoscenza non vada perduta e con essa la libertà. Purtroppo anche l’impegno degli insegnanti non può, da solo, salvare l’umanità. Dunque la soluzione totale dei problemi non è un’utopia, ma si può ottenere solo con un grande lavoro di collaborazione e cooperazione fra diverse categorie di persone, e il maggior sforzo dovrebbe essere compiuto da coloro che guidano le comunità, i quali spesso pensano più all’interesse personale che al benessere e alla salute della società.

venerdì 19 novembre 2010

Teoria dell'attesa

"Il tempo scolastico scorre più lentamente man mano che avanza"

Pensateci...ma quanto sono lunghi i cinque minuti prima del suono della campanella?!
:D

domenica 14 novembre 2010

Ricchi e poveri

I ricchi
Il loro scopo nella vita: aumentare sempre di più le loro ricchezze.
La loro occupazione più impegnativa: dimostrare agli altri di essere ricchi.
Ciò cha amano sentirsi dire: beato te!
Il loro gioco preferito: chi è più ricco vince!
La loro maggiore preoccupazione: perdere qualche ricchezza.
Il loro motto preferito:  i soldi fanno la felicità.
La loro frase più sincera: posso permettermelo.
La loro frase più ipocrita: vorrei che ci fosse più uguaglianza nel mondo.
La loro frase più ipocrita (2): tutto questo è frutto di un onesto lavoro.

I poveri
Il loro scopo nella vita: essere felici ed aiutare gli altri ad esserlo.
La loro occupazione più impegnativa: sopravvivere.
Ciò che amano sentirsi dire: grazie.
Il loro gioco preferito: giocare a pallone.
La loro maggiore preoccupazione: pagare le bollette.
Il loro motto preferito: domani è un altro giorno.
La loro frase più sincera: quello che ho è frutto di un onesto lavoro.
La loro frase più ipocrita: anche i ricchi piangono.

E voi come vi considerate?

venerdì 12 novembre 2010

Misteri del passato

Cari lettori, oggi tratterò un argomento tanto affascinante quanto misterioso, a cui mi sono interessata qualche tempo fa.
Sto parlando degli “oggetti impossibili” conosciuti anche con la sigla OOPARTS (dall’inglese Out of Place Artifacts, ovvero “manufatto fuori luogo”). Con questo termine si indica una serie di reperti archeologici e paleontologici che, malgrado siano attribuiti a determinati periodi storici dalle datazioni ufficiali, presentano caratteristiche singolari che rimandano ad epoche molto posteriori. Sparsi per tutto il mondo, si possono contare centinaia di questi ritrovamenti impossibili, perciò mi limiterò a scrivere qualcosa sui più noti e i più curiosi.
Forse qualcuno di voi avrà sentito parlare del meccanismo di Antikythera. All’apparenza un blocco di ruggine, nasconde sotto le incrostazioni alcuni denti di ingranaggi costruiti con sorprendente precisione, in bronzo. Assomigliando ad un orologio moderno, non ha nulla di strano…eccetto il fatto che sia stato rinvenuto, nel 1900, in una nave affondata intorno all’80 a.C. L’oggetto, trovato non lontano dall’isola di Antikythera (vicino a Creta), è stato successivamente portato al Museo Nazionale di Atene dove è stato studiato e analizzato. Ed ecco com'è stato scoperto un computer astronomico in grado di determinare le relazioni tra il Sole, la Luna, la Terra e le stelle, costruito dagli antichi Greci!
Un altro oopart abbastanza conosciuto è la mappa di Piri Reis. Si tratta di una carta nautica disegnata dall’omonimo ammiraglio turco agli inizi del 1500, che rappresenta parte dell’Europa, dell’Africa e dell’America, nonché l’Antartide. Particolare sorprendente considerando innanzitutto che il continente antartico è stato scoperto solo nel 1818, inoltre nella mappa è disegnato completamente libero dai ghiacci: una visione possibile solo tra il 15000 e il 4000 a.C. E infine, chi era in grado nel XVI secolo di tracciare una mappa talmente precisa da avere scarti inferiori ad un grado?
Se ancora siete scettici, sentite questa… In Zambia, nel 1921 è stato ritrovato un teschio umano, databile a 38.000 anni fa, con un foro perfettamente circolare sulla parete sinistra. Oggi il teschio si trova al Museo di Storia Naturale di Londra e osservandolo si può notare come siano assenti le spaccature radiali intorno al foro, tipiche di una ferita di lancia o freccia. Per di più, la parete opposta sembra essere rotta, ma dall’interno: un fenomeno che può essere causato solamente da un’arma da fuoco, come un fucile. Ma ditemi voi cosa ci faceva un fucile nel Paleolitico…
Per finire, alcuni oggetti impossibili meno famosi, ma non per questo meno interessanti.
In una statuetta preistorica risalente a 17.000 anni fa, ritrovata nella Sierra Leone, è stata individuata, tramite radiografia, una piccola sfera di acciaio cromato. Sulle rive del fiume Narada, in Russia, sono stati rinvenuti oggetti microscopici in oro, di età compresa fra i 20 e i 300.000 anni: la loro grandezza varia da 3cm a 3 micron (nanotecnologia?). Nella gamba della mummia del faraone Usermontu (656 a.C. -525 a.C.) è stata scoperta una protesi in ferro puro. Dentro ad un blocco di lignite (un carbon fossile creatosi nel secondario e nel terziario) è stato trovato da un operaio austriaco un cubo di acciaio di 67x67x67 millimetri.
Ognuno di questi ritrovamenti ha una propria storia, ma non voglio annoiarvi…perciò se vi è piaciuto questo articolo e sono riuscita ad incuriosirvi un po’, vi consiglio di approfondire l’argomento, perché ne scoprirete delle belle!
(sotto a sinistra: meccanismo di Antikythera; a destra: mappa di Piri Reis)



domenica 7 novembre 2010

Up - sogni che volano



Una delle mie scene preferite di questo stupendo film d'animazione!
Consigliato per la dolcezza, il divertimento, i colori, l'avventura, i temi profondi, la colonna sonora e soprattutto... "Scoiattolo!"

n.b Il nome del cane non è Doug (come scritto nel video) ma Dug.

martedì 2 novembre 2010

Il lama Frank

Un saluto al nuovo arrivato, Frank, che d'ora in avanti farà compagnia a chi visiterà il mio blog! :D
Vi chiederete: ma perchè proprio un lama?

sabato 30 ottobre 2010

Memorie di una pendolare


Corri Treno,
luce lontana
nello scuro mattino.
Inesorabile arrivi:
vento freddo
nel buio.
Arrivi, ti fermi e vai.

Corri Treno,
verso il giorno nascente.
Luci di paese.
Buio.
Aurora di campagna:
manto dorato,
sorriso di porpora.

Corri Treno...
Nessuno più 
alza il cappello
al tuo passaggio
ma tutti ti sentono:
fischio nel buio
sveglia del mattino.

Corri Treno...
Luci di città:
stelle di terra
aurora dell'Uomo.
Portami con te,
verso il giorno nascente
verso la vita.

Corri...
instancabile avversario del Tempo.



martedì 26 ottobre 2010

Quattro chiacchiere con il Piccolo Principe

La star dei tuoi sogni, un personaggio del passato, il protagonista del tuo libro o film preferito...puoi scegliere fra molti per scrivere un' intervista impossibile! (Se siete interessati: intervista_impossibile)
Questa l'ho scritta qualche giorno fa per la scuola e, poichè ne sono abbastanza soddisfatta, ho deciso di condividerla con i miei quattro lettori...


Per viaggiare lontano basta la tua fantasia, ma  non sai mai dove questa ti porterà...
Potrai trovarti improvvisamente a vagare nello spazio e magari ti capiterà d’imbatterti in un minuscolo pianeta, un asteroide dai mille tramonti dove un piccolo principe sarà indaffarato a spazzare i camini dei suoi vulcani. Ma se avrai la fortuna di incontrarlo, non perdere l’occasione di scambiare qualche parola con lui: se sarai disposto ad abbandonare i pregiudizi dei grandi e ad aprire la mente come facevi da bambino, allora il piccolo principe sarà felicissimo di avere trovato un nuovo amico.


Buon giorno, chi è lei? Non so come sono arrivata fin qui…forse sto sognando, ma potrebbe dirmi gentilmente dove ci troviamo?
(mi guarda un po’ sorpreso e un po’ imbronciato) Ti prego, non parlarmi in questo modo, come fanno i grandi…non vedi com’è piccolo il mio pianeta? Non c’è bisogno di usare questa falsa cortesia, come fanno i grandi…

Mi scus…scusami, ma non hai ancora risposto alla mia domanda

Voi grandi avete sempre fretta. Ma cosa cercate? Niente, solo i bambini sanno quello che cercano. Guarda là, guarda com’è bello il tramonto: un giorno ho visto ben quarantatrè tramonti. Sai…quando si è molto tristi si amano i tramonti…
Io non ho mai dato un nome al mio asteroide, ma un giorno lontano un amico mi disse che sul suo pianeta (che strano e grande pianeta!) lo chiamavano B 612.

(A quel punto mi si accende una lampadina) Un asteroide piccolissimo…tanti tramonti…Ho capito, sei il piccolo principe! Ma com’è possibile, è questa la realtà? Questa situazione non può essere altro che frutto della mia fantasia, ma che emozione, che gioia poterti conoscere!
Come sei buffa ad agitarti così tanto, e pensare che l’unica cosa per cui ci si può agitare qui sono i baobab che cercano ogni giorno di invadere il mio pianeta. Ma perché mi chiami principe? Io non voglio regnare su nulla. Una volta sono stato su un pianeta dove c’era solo un re che voleva disperatamente regnare su qualcosa, ma non aveva nessuno a cui dare ordini. Ho capito che si sentiva molto solo.

E tu, non ti senti solo su questo piccolissimo asteroide lontano da tutto e da tutti?
Ma io non sono solo! Ho il mio fiore, che è una bellissima e vanitosa rosa. Lei mi parla, io le parlo e la proteggo con una campana di vetro perché di notte fa freddo. Ho i miei vulcani, due sono attivi e uno è spento, ma li pulisco tutti e tre ogni mattina. Ho i tramonti da guardare tutte le volte che voglio, ma soprattutto (e qui la sua voce si incrina appena) ho questa piccola pecora che ha disegnato il mio amico che ho conosciuto sulla Terra.

Anch’io vengo dalla Terra, perché hai deciso di visitare proprio questo pianeta?

(Sospira…) La Terra è un pianeta grandissimo: ci sono 111 re, 7000 geografi, 900.000 uomini d’affari, 7 milioni e mezzo di ubriaconi e 312 milioni di vanitosi. Quanti adulti! Eppure ci sono dei posti bellissimi, dove per chilometri e chilometri non c’è nessuno. Sono i deserti…Mi piacerebbe tanto avere un deserto sul mio pianeta, ma è troppo piccolo, mi accontento di guardare il cielo. Non credi anche tu che in fondo il cielo assomigli al deserto? Sono entrambi così sconfinati…
Ero in viaggio per istruirmi, quando sono caduto sulla Terra: avevo già visitato sei pianeti, dove avevo conosciuto solo adulti che perdevano il loro tempo e facevano ragionamenti insensati. Io cercavo degli amici e speravo di trovarne alcuni sul tuo pianeta.
All’inizio sono rimasto sorpreso di non vedere alcun essere umano, ma un serpente mi ha spiegato che quello dove mi trovavo era un deserto, per forza non c’era nessuno. Allora mi sono messo in cammino e ho imparato tante cose.

Per esempio? Hai scoperto qualcosa di importante?
A un certo punto del mio cammino mi sono imbattuto in un giardino di rose: erano tutte uguali al mio fiore, che credevo unico nell’universo, e per questo mi sono rattristato moltissimo. Ma dopo ho incontrato una volpe, una volpe speciale. Ha voluto che l’addomesticassi… sai cosa vuol dire? E’ una cosa dimenticata da tanto, significa creare dei legami. La volpe mi ha fatto capire che il mio fiore, sul mio piccolo pianeta, era unico perché io mi ero preso cura di lui. L’essenziale è invisibile agli occhi, mi ha detto.

A proposito di legami ed amicizia, ti va di raccontarmi qualcosa sull’amico che ti ha disegnato la pecora?
(Arrossisce, ma sembra contento) Il mio amico era un adulto. Non avrei mai creduto che gli adulti sapessero essere dei veri amici prima di incontrarlo.
Anche lui era caduto dal cielo e non poteva tornare a casa perché la cosa con cui volava (che mi ha detto chiamarsi aeroplano) si era rotta. All’inizio sembrava un adulto come tutti gli altri, diceva: mi occupo di cose serie, io! Allora mi sono arrabbiato. Ero triste perché tutti gli adulti che incontravo erano presi da inutili problemi e non riuscivano a cogliere l’importanza delle piccole cose.
Poi ho capito che lui aveva paura di non poter tornare più a casa e che aveva paura anche per me. (Chissà come devo essere sembrato strano ai suoi occhi!) Così ho cominciato a raccontargli la mia storia, i miei viaggi. Sapevo che mi ascoltava per davvero, non come fanno i grandi di solito.
La pecora che mi ha disegnato si trova bene qui, anche se passa la maggior parte del tempo a dormire nella sua cassetta…Ogni tanto le parlo, così non rischio di dimenticare il mio amico.

Non vorrei essere invadente, ma com’è finita la tua avventura sulla Terra?
Ho dovuto dire addio al mio amico perché dovevo tornare al mio pianeta per accudire il mio fiore e i miei vulcani ed estirpare le piante di baobab. E’ stato un momento molto triste, perché avevo creato un legame con il mio amico ed ero triste per lui. Quando sono partito, ai suoi occhi è sembrato come se fossi morto, lo so. Anche se ho provato a spiegargli che sarebbe andato tutto bene, ho visto che per poco non si è messo a piangere. Ho avuto paura quando me ne sono andato, lo ammetto, ma alla fine è andato tutto bene: semplicemente mi sono risvegliato qui, con la pecora e tutto quanto. C’era un sacco di lavoro da fare!

(Mentre ascolto, sento che qualcosa sta cambiando… il tempo sta per finire e devo tornare a casa)
Ometto, è stato bello conoscerti, mi hai insegnato qualcosa di molto importante. Ormai è giunto per me il momento di tornare sulla Terra, ma spero di poterti incontrare di nuovo, un giorno…

Aspetta! Ti vorrei chiedere un favore: quando sarai a casa, cerca il mio amico e digli che sto bene, che la pecora non ha mangiato il fiore. Anche loro sono diventati amici! Diglielo, ti prego, non voglio che sia triste per me…

(La sua voce, velata di malinconia, arriva sempre più lontana)

… e io sarò sempre qui, se vorrai venire a trovarmi.

lunedì 25 ottobre 2010

Sto forse sognando?

Cari lettori, oggi voglio parlarvi di una mia esperienza personale.
Vi capita mai di pensare a come sarebbe bello poter capire di stare sognando, mentre dormite? Poter dire: "Ehi, ma questa non è la realtà, è un sogno! Ora posso fare tutto quello che voglio!"?
Ultimamente mi è capitato spesso di pensarci...Lo so, sono rimasta influenzata dal film Inception, di cui ho parlato in uno dei post precedenti, ma anche prima di aver visto il film ogni tanto riflettevo sulla possibilità di vivere l'esperienza di un cosiddetto Sogno Lucido. (per saperne di più Sogni lucidi)
Mio padre, che ha letto i libri di Carlos Castaneda, mi ha parlato più volte dei Sogni Lucidi: lo scrittore suggerisce un trucco per poter rendersi conto di stare sognando, ovvero "guardarsi le mani". In realtà non è quel gesto in sè che è determinante, infatti potrebbe essere qualsiasi altra cosa: l'importante è aver convenuto con se stessi di usare quel gesto per quello scopo.
Il sogno mi ha sempre affascinato perchè non ci sono ancora prove scientifiche sulla sua natura e sulla sua funzione. Da Wikipedia si legge: "Non esiste una definizione biologica universalmente accettata dei sogni. In generale si osserva una forte corrispondenza con la fase REM, durante la quale un elettroencefalogramma rileva un'attività cerebrale paragonabile a quella della veglia. I sogni che siamo in grado di ricordare, non avvenuti durante la fase REM, sono a confronto più banali. Un uomo in media sogna complessivamente per sei anni durante la sua vita (circa due ore per ogni notte). Non si conosce l'area del cervello in cui hanno origine i sogni, né sappiamo se abbiano origine in una singola area o se più parti del cervello vi concorrano, né lo scopo dei sogni per il corpo e la mente."
Fare un Sogno Lucido non è affatto impossibile, lo dico perchè proprio stanotte ho vissuto questa incredibile esperienza. Non è la prima volta che mi capita, anche se sempre per caso. Altre volte ho fatto Sogni Lucidi di brevissima durata e mi sono resa conto che anche mantenere la lucidità non è una cosa facile. E' molto utile descrivere ad alta voce i dettagli del paesaggio da cui si è circondati ed è importante mantenere la calma.
Ed ecco cosa si riesce a fare...


Inizialmente sono alla stazione di Fognano, il piccolo paese dove abito. E' mattina e devo prendere il solito treno per andare a scuola. Salgo sul mezzo e saluto un'amica che non vedo da tanto tempo. Chiacchieriamo del più e del meno, le racconto le ultime novità, fino a quando non arriviamo a Faenza, capolinea. Decidiamo di restare ancora un po' sul treno, solo che non ci accorgiamo che quello, per chissà quale motivo, riparte per tornare verso Firenze e quando vogliamo scendere il controllore dice:"Mi dispiace, ora siamo a S.Cassiano e dovrete arrivare fino a Marradi per poi prendere un treno e tornare giù."
Breve salto temporale, in due minuti eccoci di nuovo in stazione a Faenza. A quel punto, nel giro di qualche secondo faccio una serie di ragionamenti che mi portano alla conclusione: sono in un sogno.
1.(pensando che sia martedì mattina) Uffa, oltre alla giustificazione per ieri che sono stata a casa, devo anche portare quella per il ritardo e salto l'interrogazione di biologia.
2.Ma oggi non è martedì, come puo' esserlo? Cos'ho fatto ieri? Non ricordo... Dunque è lunedì mattina.
3.Ma se è lunedì mattina, io a quest'ora dovrei essere nel letto a dormire perchè è il compleanno di mio padre e avevo deciso di stare a casa, oggi.
4.Conclusione, sono in un sogno.
Per sicurezza mi guardo le mani e tutto si fa più nitido. Ripensandoci ora, la cosa strana è che al momento in cui il sogno diventa lucido, spariscono tutte le persone che prima mi erano accanto.
Dunque esco verso lo spiazzo che c'è davanti alla stazione. Per mantenere la consapevolezza comincio a descrivere tutto quello che vedo: "Sono in una città (che all'improvviso è molto diversa da Faenza), c'è la nebbia, è abbastanza buio perchè è mattina presto, lì c'è una cabina telefonica, là il viale..."
Poi, mentre penso a come sfruttare questa bella opportunità, raccolgo un volantino da terra dove sono raffigurate delle combinazioni di vestiti e indicandone una, mi ritrovo improvvisamente vestita come nel disegno, poi provo a cambiare, ma non ci riesco più.
Allora decido di provare a sfidare le leggi della fisica e tento una capriola all'indietro, in aria (come quelle che fa chi pratica ginnastica artistica), che per poco non mi fa perdere la consapevolezza. Così ho capito che chiudere gli occhi in un sogno lucido fa perdere la concentrazione.
Successivamente m'incammino verso un edificio, guardo in lontananza il tetto di una casa e sperimento il teletrasporto pensando intensamente:"Ora sarò là sopra". Un attimo dopo mi volto indietro e mi ritrovo effettivamente in alto a guardare il paesaggio che avevo alle spalle (anche se non è proprio uguale a dove mi trovavo prima...).
Il momento più divertente è quando entro in un palazzo. Mi ritrovo in un corridoio dal soffitto tutto decorato in stile barocco e con molti quadri appesi ai muri. Allora comincio a camminare sulle pareti (proprio come nel film Inception :D)... Dopo un po' non capisco più dove sia il pavimento e dove il soffitto!
Infine entro in una stanza dove c'è solo un letto sul quale sono posati una scatola di legno e un cucchiaino. Mi chiedo quale sia lo scopo di quegli oggetti, ma non ho il tempo di scoprirlo. Infatti sfortunatamente in quel momento mi sveglio...

Raccontatemi un vostro sogno particolare o un'esperienza di Sogno Lucido, aspetto i commenti! =)

domenica 24 ottobre 2010

Argilla

Argilla. Non è un horror, non è un fantasy, non è un thriller, ma forse è un po’ tutto questo, una storia tenebrosa dal grande impatto emotivo. L’inquietudine suscitata da questo romanzo va al di là della suspense e del mistero poiché l’angoscia del protagonista, Davie, che a poco a poco si accorge di star perdendo il controllo delle proprie azioni, si riflette sul lettore provocandogli un voluto disagio.
Disagio è sicuramente ciò che Stephen Rose porta agli adolescenti di Felling. Un ragazzo misterioso, solitario, sorprendentemente abile nel lavorare la creta. Davie capisce subito che Stephen è una compagnia pericolosa, ma rimane in qualche modo affascinato (o ipnotizzato?) dal carattere persuasivo del ragazzo e dalle sculture di argilla, che sembrano prendere vita agli ordini del loro creatore. Argilla, creature, mostri…Ma chi è il vero mostro? Forse non è il prepotente Mouldy, forse neanche l’uomo d’argilla animato da misteriose e oscure forze. Forse il male è dentro di noi, pronto ad uscire: basta una piccola spinta.
Tra i temi trattati durante la narrazione, superstizione e religione sono fondamentali: qui si nota la loro tendenza a mescolarsi e quanto possano condizionare le persone.
Inoltre, David Almond ha il talento di riuscire ad avvicinare la realtà e la fantasia fino a sfiorarsi. I suoi personaggi, tanto in Argilla quanto in Skellig (il suo primo e fortunato romanzo), vivono avventure dense di magia e di creature fantastiche, ma alla fine della lettura viene spontaneo domandarsi se non sia stato solo un sogno, uno scherzo dell’immaginazione. I romanzi di Almond infatti si potrebbero interpretare come complesse ed eleganti metafore: egli con maestria e finezza, si addentra nella psicologia dell’adolescenza trasformando le speranze in angeli e le paure in mostri di argilla.
Così come Skellig, anche Argilla vanta uno stile semplice e scorrevole che riesce a catturare l’attenzione di lettori di ogni età, ma, a differenza del suo precedente romanzo, Almond ha deciso un finale diverso per questa storia perché il lieto fine è minacciato da un male sempre in agguato.
Un storia da brivido, non solo per ragazzi.

mercoledì 6 ottobre 2010

Nel Medioevo, tra libri proibiti ed oscuri delitti

Il nome della rosa
Regia: Jean-Jacques Annaud
Anno di produzione: 1986

Un’isolata abbazia, una biblioteca impenetrabile, un libro proibito e cinque macabre morti che sembrano preannunciare l’avvento dell’Apocalisse. Sono questi gli ingredienti de Il nome della rosa, trasposizione cinematografica dell’omonimo e fortunatissimo romanzo di Umberto Eco. La trama del film non è del tutto fedele al libro, ma ciò si spiega con la frase che appare nei titoli di testa:“tratto dal palinsesto de Il nome della rosa”, con la quale il regista Jean-Jacques Annaud dichiara di aver solamente preso l’ispirazione dal romanzo, per creare una storia sua personale. In ogni caso, se l’opera di Eco si può definire un classico della letteratura post-moderna, del film si può certamente dire che sia ormai diventato un cult del cinema.
Anno del Signore 1327. La tranquillità di un’imponente abbazia benedettina del Nord Italia viene sconvolta dalla morte misteriosa di un giovane monaco. Chiamato ad indagare sull’inquietante scomparsa è il frate francescano Guglielmo da Baskerville (Sean Connery), un ex-inquisitore che si trova all’abbazia per fare da mediatore in un incontro diplomatico tra una delegazione pontificia e una delegazione imperiale. La disputa politico-religiosa sulla povertà della Chiesa, che viene affrontata approfonditamente nel romanzo, nel film rimane in secondo piano per dare più spazio all’intrigo noir, sicuramente molto apprezzato dal grande pubblico. Così la narrazione procede incalzante e alla prima morte ne seguono altre ancora più spaventose agli occhi dei monaci: il demonio sembra aggirarsi entro le mura dell’abbazia e i delitti (perché è chiaro che non si tratta di incidenti) sembrano seguire lo schema dell’Apocalisse di Giovanni.
Ad accompagnare l’acuto Guglielmo, una sorta di Sherlock Holmes medievale, vi è il giovane novizio Adso (Christian Slater), voce narrante della storia: egli racconta, ormai anziano e prossimo alla morte, l’esperienza dei giorni trascorsi all’abbazia. Quello che Umberto Eco è riuscito a trasmettere con le parole, Annaud lo trasmette con le immagini, perché ci rende partecipi della vicenda come lo è stato il ragazzo, servendosi del suo punto di vista. Adso, nonostante sia destinato a diventare monaco, rimane pur sempre un adolescente preda di mille dubbi e forti emozioni, così il film, rimanendo qui fedele al romanzo, acquista anche un carattere formativo con il quale coinvolge soprattutto gli spettatori più giovani.
La chiave dell’intera storia è un libro. Un libro proibito e pericoloso che tenta la sete di conoscenza dei monaci portandoli tragicamente alla morte. C’è qualcuno dietro ai drammatici eventi che colpiscono l’abbazia, qualcuno che custodisce gelosamente un segreto ed è disposto a uccidere per esso. Il segreto è ben protetto dalla “rosa” di cunicoli ingannevoli dell’immensa biblioteca che dà fama e prestigio all’abbazia, un labirinto che contiene tutto il sapere dell’umanità del tempo, migliaia di codici d’inestimabile valore. Ma sembra che il sapere debba rimanere nelle mani di pochi “iniziati”  perché i monaci non devono correre il rischio di rimanere affascinati dalle eresie pagane: così l’accesso alla biblioteca è severamente vietato a tutti, tranne al bibliotecario e al suo aiutante. Emerge dunque l’idea medievale di una cultura riservata a pochi e usata come strumento di potere. Inoltre, l’uomo medievale deve conoscere le scritture sacre e portarne avanti nel tempo una continua ricapitolazione, ma deve tenersi lontano dalle letture pagane che portano irrimediabilmente all’eresia.
A rendere più difficili le indagini di Guglielmo si aggiunge la figura di Bernardo Gui, che rappresenta la forma più terribile del potere della Chiesa in epoca medievale: la Santa Inquisizione. Bernardo Gui, informato dei fatti dell’abbazia, dimostra la sua “abilità” di inquisitore mandando al rogo tre persone estranee ai delitti. Annaud, allontanandosi dal romanzo, si sofferma molto su questo aspetto oscuro della Chiesa (l’ingiustizia verso i più deboli, le torture, i roghi delle streghe) forse per rendere più impressionante la sua pellicola, e così facendo commette un errore storico, in quanto l’azione dell’Inquisizione e la caccia alle streghe sono caratteristiche del periodo rinascimentale.
Nonostante ciò, se Annaud intendeva impressionare lo spettatore, ci è riuscito benissimo, soprattutto grazie all’uso delle immagini. Non mancano infatti scene cruente e momenti di grande suspense, che tengono sempre alta l’attenzione di chi guarda il film. Per quanto riguarda le immagini inoltre è curioso notare come le figure dei monaci siano tutte grottesche e spaventose, quasi a voler riprodurre le mostruose figure dei gargoyles scolpiti nelle cattedrali gotiche.
Davvero ben realizzato, dunque, Il nome della rosa: lo dimostra anche il fatto che Umberto Eco abbia acconsentito a lasciare il proprio nome come autore del testo ispiratore.
Il nome della rosa  è un film coinvolgente dall’inizio alla fine, una storia che inquieta, commuove, fa sorridere e riflettere. Un film da vedere.

lunedì 4 ottobre 2010

Si parla di film!

Vorrei spendere qualche parola a proposito di due film che ho visto ultimamente al cinema.
Il primo è La solitudine dei numeri primi, la tanto attesa trasposizione cinematografica del famoso e premiato romanzo di Paolo Giordano. Grandissima delusione, nonostante fossi andata a vederlo già preparata da tanti commenti negativi.
Oltre all'alternanza continua di scene di diversa collocazione temporale, che crea confusione in uno spettatore che non ha letto il libro, sono stati alterati alcuni episodi (al matrimonio di Viola, Alice sembra non scattare alcuna foto ed è pure presente Mattia, a differenza del romanzo), sono state aggiunte alcune scene (il bacio fra Viola e Alice), mentre è stato liquidato in una battuta, tutto il periodo della vita matrimoniale di Alice e Fabio; il finale è stata la parte più deludente di tutto il film, perchè stravolge il significato del libro.
Tuttavia non si puo' dare un giudizio assolutamente negativo, perchè sono da apprezzare la scelta delle musiche e alcuni effetti di ripresa molto particolari e curati. Inoltre sono da lodare tutti gli attori, che interpretano brillantemente il proprio personaggio.
Il secondo film, fresco fresco di sabato sera, è Inception, di genere completamente diverso.
Qui passiamo alla fantascienza, ma di quella buona, perchè era da molto tempo che non vedevo un film di questo genere così ben fatto ed originale. Non per niente porta la firma di Christopher Nolan (già regista di Batman Begins e Il Cavaliere Oscuro) che in questa ultima produzione si è davvero superato: d'altro canto se ha portato avanti il progetto per dieci anni...
Con un aiuto minimo di effetti speciali computerizzati e una grande capacità di adattamento degli attori (Di Caprio come protagonista e la giovane bravissima Ellen Page, già vista in Juno, al suo fianco), Nolan fa davvero sognare gli spettatori, portandoli tra i labirinti del subconscio e paradossi della fisica.
La trama è avvincente, ricca di suspense e colpi di scena, ma il finale rimane aperto, come se Nolan volesse farsi beffa dello spettatore ormai sicuro di aver capito tutto!
Uniche pecche del film sono la pesantezza delle ultime scene (in cui viene dilatato, forse troppo, il tempo con un esasperato effetto rallenty) e la mancanza di un background della storia (si puo' dire che il film inizia in medias res, cioè viene data per scontanta l'esistenza di ladri che si aggirano nei sogni delle persone).
Concludendo, consiglio La solitudine dei numeri primi solo a chi ha letto il libro, giusto per la curiosità di vedere trasformate in immagini (anche se malamente...) le bellissime parole di Giordano. Mentre Inception lo consiglio a tutti gli appassionati di thriller e sf, ma anche a tutti coloro che almeno una volta si sono chiesti quale sia la vera natura del sogno e se non sia tutto un sogno quello che vediamo...

S.O.S Amore

Ciao a tutti,
oggi vi lascio una recensione che ho scritto la scorsa primavera per un concorso..purtroppo non ho vinto niente, ma non mi lascio scoraggiare e intendo riprovare il prossimo anno! =)


Per tutti gli innamorati insicuri in cerca di conforto o più semplicemente per chi cerca una lettura allegra e rilassante, è arrivato S.O.S Amore, un libro coinvolgente, ricco di situazioni tragicomiche, che riesce a strappare un sorriso anche nei momenti più amari.
La storia di Chiara, la protagonista trentenne sempre incerta e remissiva, potrebbe essere la storia di chiunque perché “desideriamo tutti chi, per un motivo o per un altro, ci abbandona”.
Questo romanzo ci racconta infatti le realistiche (dis)avventure di una ragazza sensibile e senza autostima che, mentre cerca disperatamente di “mettere in regola” una relazione clandestina con il suo capo, sfoga la sua rabbia e la sua incertezza in sedute settimanali presso un simpatico, ma determinato analista. Il fortunato incontro con Riccardo, come voluto dal destino, segna una svolta importante nella vita della ragazza, che attraverso nuove speranze, delusioni e molti sbagli, acquisterà una nuova forza e troverà infine l’amore cercato.
Grande punto di forza del romanzo è sicuramente l’incipit accattivante: le prime pagine sono infatti anche quelle più divertenti e incoraggiano il lettore a seguire lo sviluppo della vicenda. Tuttavia l’intreccio, che presenta colpi di scena a volte non proprio originali e un lieto fine sullo stile e vissero per sempre felici e contenti, rischia di sfociare nel banale. Il testo si riscatta con lo stile, veloce e scorrevole, che garantisce fluidità e immediatezza e con la deliziosa ironia che accompagna l’intera vicenda. Tra i personaggi, tutti ben caratterizzati, spicca la figura del dottor Folli: attraverso le sue parole Federica Bosco ci regala eleganti pillole di saggezza. Inoltre, il punto di vista di una ragazza suggerisce un pubblico di giovani donne come lettrici principali, ma ciò non vuol dire che anche gli uomini non possano apprezzare questo romanzo. Leggendolo essi possono cogliere l’opportunità di addentrarsi nella mente femminile, geniale e brillante, ma per loro spesso incomprensibile.
S.O.S Amore è un libro per capire se stessi, divertendosi.

sabato 25 settembre 2010

Ciao estate, mi mancherai!

Estate 2010. Di certo, non un'estate da poco!
Ho conosciuto persone speciali, ho vissuto nuove esperienze e visto posti meravigliosi (ogni riferimento non è casuale :D), quindi cosa potrei chiedere di più? "Un Lucano" direte voi! ahah...
Ma, come cantavano i Righeira, l'estate sta finendo, anzi  è già finita e il cattivo tempo autunnale non si fa aspettare.
Con la pioggia ricomincia anche la scuola, la croce di tutti gli adolescenti. Quest'anno si prospetta faticoso e pieno di sfide, ma come ho sempre fatto, mi impegnerò al massimo!
In bocca al lupo a tutti...si riprende la routine.   :P
 

Lisbona in una pagina

Cari lettori, 
è passato un mese dall'ultima volta che ho aggiornato il blog e finalmente ho trovato il tempo di scrivere qualcosa. Ho infatti pubblicato il diario di viaggio della mia vacanza in Portogallo e potete leggerlo cliccando qui Bem-vindo a Lisboa oppure a destra, sotto "homepage". Spero che vi piaccia! =)

sabato 21 agosto 2010

I soli dell'Afghanistan

Dopo aver divorato Il cacciatore di aquiloni non potevo di certo perdermi la lettura del secondo meraviglioso romanzo di Khaled Hosseini.

In Mille splendidi soli Hosseini  racconta con sconvolgente trasporto, l'universo femminile in un Paese devastato dalla guerra e dall'integralismo religioso, dove spesso la donna non è altro che uno strumento, un giocattolo che gli uomini usano e distruggono a piacimento. E come ogni altra donna, Mariam impara la sopportazione, la sottomissione ad un marito violento e integralista, di trent'anni più vecchio di lei. Mariam, una harami, una bastarda data in sposa adolescente per salvare l'onore della famiglia, il mondo lo vede solo filtrato dalla fessura di un burqa. La sua vita cambia all'arrivo di Laila, una ragazzina sopravvissuta miracolosamente all'impatto di un razzo sulla sua casa. Laila ha perso tutti: i suoi genitori, i suoi fratelli, le sue amiche e Tariq, compagno di giochi di infanzia partito per il Pakistan, come milioni di altri profughi Afghani. Dapprima ostili, la giovane donna e la ragazza scoprono di avere inevitabilmente bisogno l'una dell'altra. Così la loro amicizia si trasforma in un legame profondo che le renderà affezionate come sorelle, e quando una nuova felice prospettiva si aprirà per Laila, Mariam non esiterà a sacrificarsi per lei.
Se ne Il cacciatore di aquiloni piangiamo per la rovina di un'amicizia, qui essa insieme all'amore sembra essere l'unica speranza, l'unico motivo per continuare a vivere e a sopportare. Mariam e Laila ci dimostrano come la forza di volontà e la tenacia rendano la donna una creatura infinatemente forte, se non nel fisico, nell'animo, dolce e inflessibile allo stesso tempo, come solo quello di una madre puo' essere.
Anche in questo romanzo la guerra incombe sui personaggi, sconvolgendone la vita all'improvviso, senza dare loro il tempo di reagire, di difendersi in qualche modo. Come una tempesta, la guerra trascina tutti inesorabilmente verso la miseria, distruggendo famiglie e case, trasformando le città in cimiteri senza tombe.
Il secondo romanzo di Hosseini è un gioiello della letteratura contemporanea, una storia che coinvolge con passione e strazio, ma che regala messaggi preziosi e denuncia la condizione delle donne in Afghanistan dando voce ai loro volti silenziosi nascosti dal burqa.
Se avete amato Il cacciatore di aquiloni e avete pianto leggendolo, Mille splendidi soli vi farà innamorare, sciogliendo in lacrime il vostro cuore.

domenica 15 agosto 2010

La dignità della morte

Mentre tutti sono in viaggio a godersi questa bella domenica di Ferragosto, io resto a casa a riposarmi, evitando luoghi affollati e caotici. Così ne approfitto per aggiornare un po' il blog.  ;-)
Il testo che vi propongo tratta la delicata questione dell'eutanasia.

La dignità della morte
Durante gli anni passati si è sentito parlare spesso dell’eutanasia, un argomento ormai “fuori moda”. Nomi come Eluana Englaro e Piergiorgio Welby, sulle bocche di tutti appena un anno e mezzo  fa, ora ci ricordano solo  una serie interminabile di ripetitivi servizi al telegiornale, terminati improvvisamente. Tuttavia le controversie sulla legittimità dell’eutanasia non sono state risolte: essa in Italia è ancora considerata un omicidio volontario, seppur con le attenuanti. Per affrontare questo difficile argomento è necessario chiarire cosa s’intende per “eutanasia”. Con questo termine, che letteralmente significa dolce morte, si indica l’azione del provocare intenzionalmente la morte di un individuo la cui vita sia compromessa in modo irreversibile e permanente da una malattia. Pertanto, è naturale chiedersi se questa pratica si possa considerare legalmente e moralmente corretta.
In primo luogo, tramite l’eutanasia è possibile porre fine ai dolori di un malato terminale. Non si parla solo di mali fisici, che a volte possono essere attenuati grazie a farmaci specifici, ma anche di sofferenze psicologiche causate dalla consapevolezza di essere un “peso” per altre persone. Alcune malattie degenerative, infatti, condannano il malato ad essere dipendente dall’aiuto di altri per le più semplici azioni quotidiane, come mangiare, andare in bagno o fare la doccia. Ciò intacca la dignità umana e di conseguenza l’autostima del malato, dunque non c’è da meravigliarsi se questi desidera la morte. Invece, nel caso in cui un paziente sia colpito da una malattia che gli permette di mantenere una discreta autonomia, un’alternativa migliore all’eutanasia è l’applicazione delle cure palliative. Con questa terapia, non necessariamente farmacologica, si permette al malato di vivere con serenità, senza accelerare, né ritardare la sua morte.
L’eutanasia inoltre potrebbe risparmiare dolori alle persone che si devono occupare del malato, come famigliari, amici e medici. Infatti, l’accudimento di un individuo infermo in modo permanente crea sia difficoltà, sia profonde sofferenze a coloro che gli stanno vicino, poiché non è possibile rimanere estranei al dolore di una persona, proprio come dice il professore Mario Palmaro (Istituto di filosofia del diritto Università degli Studi di Milano): “Vedere una persona che soffre terribilmente, senza una speranza di guarigione, mi risulta insopportabile”.
Detto questo, è fondamentale specificare che l’eutanasia non deve essere incoraggiata tramite pressioni psicologiche sul paziente con l’obbiettivo di ricavare vantaggi personali, per esempio l’ottenimento di un’eredità. Per quanto riguarda l’aspetto economico invece è bene riflettere sui costi sociali richiesti dal mantenimento in vita di un malato terminale. Mario Palmaro sostiene ancora che “la spesa sanitaria pubblica subisce per ogni paziente in media un’impennata negli ultimi tre anni di vita.” Dunque, molte di queste risorse potrebbero essere utilizzate per pazienti che hanno la possibilità di tornare attivi socialmente.
Certamente, la questione più difficile, su cui vertono i dibattiti sull’eutanasia, riguarda il consenso da parte del paziente all’applicazione di tale trattamento. Ogni persona dovrebbe essere libera di decidere per la propria vita, specialmente nel caso in cui si trovi in condizioni fisiche degradate che causano sofferenza e minano la sua dignità. Perché opporsi con tanta veemenza di fronte alla richiesta di morire da parte di un malato? La morte non è altro che un processo naturale che permette il proseguimento della vita e lo sviluppo di tutte le specie.
E’ vero anche che alcune dottrine religiose, ad esempio quella Cristiana Cattolica, molto diffusa in Italia, considerano la vita un dono sacro: nessuno può disporne a piacimento, neanche della propria. Queste religioni condannano l’eutanasia e incoraggiano a difendere fino all’ultimo la vita del malato terminale, perché esiste sempre una speranza di salvezza. Un’affermazione di questo genere non è accettabile razionalmente, almeno non oggi nel XXI secolo. Analisi ed esami effettuati con le più innovative tecnologie possono stabilire con certezza se un malato abbia la speranza di guarire, per questo motivo è inutile e crudele l’accanimento terapeutico contro una persona che aspetta solamente la fine dei suoi tormenti.
Diverso è il caso in cui il malato non sia in condizione di intendere e di volere. Qui la questione diventa molto più delicata poiché non si può rischiare di provocare la morte di un malato non consenziente all’eutanasia. Questo è il motivo principale per cui molti si oppongono a tale trattamento: essi vedono l’eutanasia come un omicidio, un reato gravissimo sia dal punto di vista legale, sia dal punto di vista morale.
In realtà non si può considerare l’eutanasia un omicidio vero e proprio, poiché il malato non ha speranza di guarigione e va incontro ad una morte forse lenta e più dolorosa. Per risolvere il problema del consenso esiste un metodo, già applicato in altri Paesi del mondo, ovvero la stesura di una dichiarazione anticipata di trattamento, meglio conosciuta come testamento biologico o living will (dall’inglese “volontà del vivente”). Si tratta di un documento con il quale una persona, in grado di intendere e di volere, dichiara la propria volontà riguardo a quali terapie intende o meno accettare, nel caso in cui venga colpita da una malattia irreversibile che la costringano a trattamenti artificiali permanenti. Purtroppo in Italia il testamento biologico non ha alcun valore giuridico, perciò è necessario che venga presto accettato dalla legislazione italiana; dopodiché le autorità dovrebbero impegnarsi a sensibilizzare la popolazione riguardo al problema, incoraggiando la scrittura di questo documento.
Concludendo, l’eutanasia dovrebbe essere accettata dalla popolazione e praticabile legalmente, purché venga applicata con responsabilità e giudizio.

lunedì 9 agosto 2010

La scuola di serie B

Buon giorno a tutti!
Finalmente è tornato il caldo...con un bel sole così si vorrebbe solo andare al mare o in piscina per divertirsi con gli amici, ma prima di lasciarvi per dedicarmi a una bella giornata rilassante, vi propongo un articolo scritto a quattro mani con la mia amica e socia in affari (si fa per dire! ahah) Martina.

La scuola di serie B

Vi sembra possibile che in Italia la spesa per l’istruzione sia inferiore a quella di paesi come Corea e Messico? Eppure i dati OCSE parlano chiaro: l’Italia con solo il 9,3 % della spesa pubblica destinato alla scuola, è all’ultimo posto in una graduatoria internazionale dopo la Corea (15,3%) e il Messico (23,4%). Questo è solo un aspetto della crisi che sta investendo il nostro sistema scolastico, ormai devastato da una lunga serie di soprusi.
Proprio su questo argomento era incentrato il reportage “La scuola fallita” del programma “Presa diretta” di Riccardo Iacona andato in onda il 14 febbraio su Rai Tre (lo si può vedere visitando il sito della Rai). Le prime immagini sono forse quelle che ci hanno colpito di più: insegnanti precari costretti a viaggiare da un capo all’altro dell’Italia e a separarsi dalla famiglia, edifici scolastici che cadono a pezzi per la mancanza di fondi ed eroici genitori che cercano di garantire ai propri figli un posto decente imbiancando le pareti durante il week-end. Ma la cosa peggiore è vedere bambini infreddoliti che, con sciarpe e cappotti, tentano di resistere al gelo invernale in una classe senza riscaldamento, perché lo Stato non eroga fondi.
Non preoccupatevi, questo succede solo nella scuola pubblica! Infatti se avete seguito il programma “Presa diretta” saprete già che esiste anche l’altra faccia della medaglia. Stiamo parlando delle lussuose “scuole a cinque stelle”, ovvero le scuole private. Qui i cosiddetti “figli di papà” sono istruiti in due lingue fin dall’asilo, hanno a disposizione una lavagna digitale interattiva per classe e possono frequentare corsi di nuoto in piscine olimpioniche. Forse questo impressionante divario è dovuto al fatto che per l’anno 2009 lo Stato ha stanziato 24 milioni di euro per la scuola pubblica contro i 51 assegnati alla privata. Questi dati sono scandalosi considerando il fatto che per definizione la scuola privata è un’istituzione completamente indipendente dallo Stato e per di più conta su altissime rate mensili.
La nostra indignazione è cresciuta ulteriormente avendo scoperto che in Parlamento, dopo la messa in onda del programma “Presa diretta”, nessuno ha alzato la voce su questa grave situazione. Questa indifferenza assoluta dei nostri politici purtroppo non deve stupire considerando il fatto che tantissimi soldi (e si parla di miliardi!) che potrebbero essere destinati alla scuola pubblica sono invece impiegati per spese assurde. Un esempio? I 14 miliardi di euro che il governo ha deciso di investire nell’acquisto di 131 cacciabombardieri F-35 (utilizzabili solo in aperta contraddizione con la Costituzione, che ammette la guerra solo a scopo difensivo) potrebbero invece essere destinati alla costruzione di 400 asili nido. Per non parlare dei 512 milioni impiegati per l’allestimento del G8 a L’Aquila: soldi usati per spese assolutamente “fondamentali” come i 24 mila euro per gli asciugamani, i 26 mila per 60 penne “Edizione Unica” e i 13 mila per 30 distruggi-documenti.
Con queste risorse si sarebbero potuti risolvere ampiamente numerosi problemi della scuola pubblica che invece si trova ormai in una situazione insostenibile. Basta pensare al 43% degli edifici scolastici ad alto rischio sismico e al 33% di scuole che necessitano di interventi di manutenzione urgente. Inoltre nel 61% delle scuole pubbliche non c’è il sapone e nel 44% manca la carta igienica. Allo Stato la scuola pubblica, evidentemente, non interessa più.
La riforma Gelmini, definita “epocale” dallo stesso ministro, tanto per migliorare le cose, prevede tagli pari a 7,3 milioni di euro: un’altra tappa della cosiddetta “politica del risparmio” volta al superamento di una crisi che appare e scompare a seconda della comodità della sua presenza. Inoltre anche le modifiche che sembrano non interessare l’aspetto economico vanno ad influire sulla quantità di denaro destinato alla scuola pubblica poiché la diminuzione delle ore di italiano e storia, l’abolizione dello studio della geografia e la riduzione dell’obbligo scolastico oltre che abbassare la qualità di istruzione determinano un conseguente taglio di posti di lavoro, soprattutto di insegnanti.
Purtroppo le cose non possono cambiare se la maggior parte delle persone non si dimostra interessata al problema. Sembra infatti che molti studenti non si preoccupino della loro situazione: ma forse non è ancora chiaro che in uno stato civile il diritto allo studio deve essere garantito e difeso perché solo quando viene salvaguardato questo diritto ci possono essere pari opportunità per tutti, possibilità di fare libere scelte, insomma vera uguaglianza. A quanto pare, invece, per lo Stato ci sono studenti di serie A e studenti di serie B.
Tuttavia ci sono migliaia di ragazzi e professori che protestano per lo sfacelo della scuola pubblica. Lo sciopero nazionale contro la riforma Gelmini del 12 marzo 2010, che ha visto coinvolte oltre 60 mila persone fra docenti, personale ATA e studenti solo in Emilia Romagna,  è un esempio della volontà di ottenere un miglioramento della situazione scolastica, di fronte alla totale indifferenza del governo.
Non è ancora troppo tardi per impegnarsi e far valere i propri diritti: avere a cuore la propria istruzione e arrabbiarsi di fronte a certe scelte del governo significa essere consapevoli di ciò che è importante per essere veramente liberi.

venerdì 6 agosto 2010

Moltitudine inarrestabile

L'Uomo sta distruggendo la propria casa, un posto (che era) meraviglioso chiamato Terra.
Non dimentichiamoci il famoso proverbio che sembra accomunare le popolazioni che più vivono a contatto con la Natura, dagli Indiani d'America alle tribù africane:

“Non abbiamo ereditato la Terra dai nostri antenati, ma l’abbiamo presa in prestito dai nostri figli”
 Troppo numerosi i fallimenti dei governi di tutte le Nazioni, che almeno apparentemente si erano impegnati per la salute del nostro pianeta. Non si puo' più dire che siamo sull'orlo del baratro, perchè stiamo già scivolando giù, ad una velocità impressionante.
L'impatto dell'Uomo sull'ambiente sta avendo conseguenze disastrose in tutto il mondo. Il clima si sta estremizzando, l'inquinamento uccide non solo gli animali, la deforestazione sta riducendo la biodiversità a ritmi spaventosi...

Ma voglio credere che non tutto sia perduto e che con la buona volontà si possa fare ancora tanto per cambiare questa triste situazione. Dunque, ecco a voi due video per riflettere.





sabato 31 luglio 2010

Il racconto di un orrore che lascia il segno

L’uomo che verrà
Regia: Giorgio Diritti; anno 2009

L’uomo che verrà è una luce nel buio, la speranza di una nuova vita, mentre tutto intorno è morte. Il flm rivive l’orrore dell’eccidio noto come “strage di Marzabotto”, avvenuto nel settembre del 1944 per mano delle SS naziste, in cui furono massacrati gli abitanti di un intero paese nei pressi di Bologna. Un episodio che spaventa e scandalizza per la ferocia che lo caratterizza: le vittime, circa 770, furono per lo più donne, vecchi e bambini. In questo film, che vanta una rara bellezza e finezza nella realizzazione, la guerra non è raccontata dai vincitori, ma da chi subisce le violenze e le ingiustizie di cui essa si nutre. Sono soprattutto le immagini, così immediate e dirette, di questa crudeltà gratuita, che colpiscono e scandalizzano lo spettatore, il quale vede scene orribili attraverso gli occhi innocenti di una bambina.
Siamo nell’inverno 1943. Martina, otto anni, vive in una famiglia di poveri contadini a Monte Sole, poco a sud di Bologna. Non parla da quando, anni prima, ha visto morire un fratellino di pochi giorni, ma sua madre da poco è rimasta nuovamente incinta. La famiglia di Martina, come tante altre, fatica sempre di più a sopravvivere man mano che i mesi passano e intanto la guerra, inizialmente vista come qualcosa riguardante solo le città, cambia aspetto agli occhi dei contadini, diventando una realtà sempre più vicina. Così, mentre nei boschi si formano le prime squadre di partigiani, per lo più costituite da giovani contadini inesperti e poco colti, si fanno sempre più frequenti i pattugliamenti delle SS, alquanto temute soprattutto dalle madri e dagli anziani. Martina aspetta con trepidazione l’arrivo del fratellino e nel frattempo osserva lo strano mondo che le sta intorno, domandandosi silenziosamente il perché di tanta cattiveria. Finalmente, il piccolo viene alla luce nella tragica notte tra il 28 e il 29 settembre 1944, che, all’insaputa di tutti, precede la famosa strage di Marzabotto. Il giorno successivo infatti, i nazisti danno il via ad una spietata rappresaglia che rimarrà nella storia. Il finale drammatico lascia comunque una luce di speranza: la piccola Martina, rimasta in vita forse per miracolo, riesce a portare in salvo anche il fratellino neonato.
Giorgio Diritti, regista e ideatore de L’uomo che verrà, ha scelto di raccontare questo drammatico episodio dal punto di vista di una bambina che non parla, forse perché non ci sono parole per descrivere una violenza così disumana. La giovane protagonista si ritrova infatti testimone di delitti orrendi e capisce che in guerra non esistono buoni e cattivi, ma solo “molti che vogliono ammazzare qualcun altro”, senza saperne il perché.
Inoltre, al di là della triste vicenda storica, ancora una volta ritorna l’efficacia dell’utilizzo delle immagini e del suono (da notare l’effetto di spontaneità dato dai dialoghi in dialetto). Questo film, tanto bello quanto struggente, offre un meraviglioso spaccato della vita contadina del 1944, raccontando episodi di un’esistenza insieme semplice e difficoltosa, così diversa dalla realtà in cui viviamo, ma non così lontana nel tempo come sembra.

mercoledì 28 luglio 2010

L'Ultimo Confine

Ciao a tutti, oggi voglio proporvi un racconto, a metà fra la fantscienza e il fantasy, che ho scritto qualche mese fa. Il finale è volutamente lasciato aperto per ogni libera interpretazione, spero vi piaccia!

L'Ultimo Confine

“E’ già mattina” fu il mio primo pensiero.
Avevo ancora gli occhi chiusi, ma ero perfettamente sveglia. Non avevo alcuna voglia di andare a scuola perciò mi alzai a sedere sul letto faticosamente e osservai la mia stanza con gli occhi socchiusi. Una tenue luce proveniente dalla finestra rischiarava l’ambiente, segno che fuori era appena l’alba. Dall’alto del mio letto a castello non avevo una visuale completa della camera: potevo scorgere un angolo di finestra e una porzione di muro, sul quale era appeso uno dei miei poster preferiti. Tutto era tranquillo; poiché nessun rumore proveniva dalle altre stanze, probabilmente i miei genitori stavano ancora dormendo.
Stavo per scendere dal letto, quando un brivido particolare mi percorse la schiena. Anche se mi sembrò di aver appena preso la scossa, non potevo dire che fosse stata una sensazione sgradevole.
Tuttavia non ebbi il tempo di pensare alle cause di quella strana sensazione: un capogiro improvviso fece svanire ogni tentativo di concentrazione, costringendomi per un attimo a chiudere gli occhi. Quando li riaprii c’era qualcosa di diverso nella mia stanza, che pure ai miei occhi sembrava identica a prima. Non mi sentivo più tanto lucida, anzi, ogni movimento mi costava una fatica immensa e sentivo i miei pensieri farsi sempre più confusi. Guardai nuovamente l’ambiente intorno a me, ma i contorni di tutto quello che vedevo mi sembravano sfocati e se mi concentravo su un oggetto in particolare non riuscivo a coglierne i dettagli. Questo senso di incertezza mi faceva paura…ero forse ammalata? Mi passai la mano sulla fronte ma non ero sicura di avere la febbre.
Poi, improvvisamente, tutto cambiò.
Io sapevo.
Sapevo che qualcosa di importante era successo; tutto ciò che esisteva era cambiato in modo irreversibile ed io avevo un obbiettivo da raggiungere. Uscii dalla stanza e mi affacciai alla finestra che dalle scale si affacciava sulla campagna intorno alla mia casa. Se fosse stata una mattina qualunque avrei visto in lontananza le luci del piccolo borgo dove avevo frequentato, molti anni prima, le scuole elementari. Ma non c’era alcuna casa, né vicino, né lontano. Ogni segno della presenza dell’Uomo era sparita. In un’altra circostanza mi sarei spaventata, ma in quel momento ero tranquilla: sorrisi nell’ammirare l’alba. Un sole dorato stava salendo dietro le colline lontane, nuvole di porpora riempivano il cielo di un Universo che non era più il mio.
Il Guardiano mi attendeva di fronte ad una porta. Non incuteva timore, ma aveva un aspetto solenne. I suoi occhi grigi mi osservavano con attenzione: erano gli occhi saggi e benevoli di un amico.
“Sono pronta”dissi quando lo raggiunsi.
“Non ancora” rispose il Guardiano severamente “Noi comunichiamo con il pensiero.”
Chinai il capo mortificata. Per un attimo, guardando il paradiso verde che si estendeva al di là di quella che solo per poco sarebbe stata ancora la mia casa, avevo creduto di essere pronta ad affrontare ogni cosa. Invincibile.
Eppure sapevo. Il Guardiano era l’unico del suo popolo in grado di parlare la mia lingua; era
stato istruito a comunicare come gli umani, fin dalla nascita, dal Guardiano che lo aveva preceduto. Egli avrebbe fatto lo stesso con colui destinato a diventare il nuovo Guardiano. Da sempre era così, e per sempre lo sarebbe stato. Ma io non ero capace di comunicare con il pensiero e per questo non potevo ancora varcare l’Ultimo Confine.
Il Guardiano mi sorrise: “Non ti preoccupare. Io sono qui per questo. Sarò il tuo maestro e ti insegnerò tutto ciò che devi sapere” Mentre diceva queste parole, alzò una mano e mi sfiorò la fronte.
Un brivido mi attraversò tutto il corpo e d’istinto chiusi gli occhi.
Vidi un chiarore, una luce intensa, un’esplosione di mille colori.
Davanti a me si stendeva l’Oceano, calmo e infinito.

lunedì 26 luglio 2010

Alla ricerca dei tesori di Internet

Gli italiani che usufruiscono dei numerosi servizi di Internet sono sempre di più. Secondo le stime più accreditate, il numero di utenti nel web sarebbe aumentato significamene a partire dal 1998, fino a raggiungere i 10-13 milioni. Sicuramente Internet è una delle “nuove tecnologie” che ha riscosso maggior successo, non solo in Italia, ma anche a livello globale, rivolgendosi prevalentemente a pubblico medio-giovane. Viene quindi spontaneo chiedersi se veramente il web sia così benefico all’umanità, come sembrano dimostrare le statistiche sull’utilizzo, o se al contrario, possa avere effetti negativi sulle persone.
Senza dubbio Internet è il mezzo di informazione meglio progettato di tutti. Pratico, veloce e, soprattutto, enormemente vasto. Sarebbe impossibile fare una lista di ciò che si può trovare in rete: al massimo si può tentare di pensare a qualcosa che non ci sia. Documenti, immagini, video, pagine interattive e materiali didattici sono disponibili in grande quantità per qualsiasi tema di ricerca, in quasi tutte le lingue parlate. Questo è dovuto alla possibilità di ogni singolo individuo di ampliare liberamente, con il proprio sapere, questa grande enciclopedia che è il web.
Il web è pratico, perché arriva direttamente nelle nostre case e ha il pregio di avere costi relativamente bassi. Purtroppo molte zone, sia dell’Italia, sia del mondo, sono vittime del digital divide, essendo ancora oggi escluse dalla cosiddetta “banda larga” che garantisce un buon rapporto qualità-prezzo del servizio. Grazie a questa nuova comodità, i giovani studenti, in particolare quelli che non abitano in città, sono molto avvantaggiati. Si possono fare ricerche, frequentare corsi universitari, stando comodamente seduti in casa senza più spostamenti difficili.
Internet è anche molto veloce: le notizie viaggiano da una parte all’altra del pianeta con una rapidità sorprendente, bastano addirittura pochi secondi. Un’informazione infatti, appena inserita in rete, può raggiungere immediatamente o quasi, utenti nelle più disparate parti del mondo.
Il web, inoltre (e questa forse è la migliore delle sue qualità), permette di scoprire non una, ma molte alternative a ciò che ci viene detto dalla televisione o dai giornali, i media ancora oggi più valutati dalla maggioranza della popolazione. Attraverso Internet è facile rendersi conto di quante cose, quanti fatti di vitale importanza vengono tralasciati dalla televisione e, ancora peggio, di come vengano modificate e stravolte le informazioni trasmesse.
Internet ha molti altri vantaggi, tra i quali la possibilità di una comunicazione veloce come la posta elettronica e di una comunicazione istantanea, quale la chat. Entrambe le tipologie permettono di mantenere facilmente i contatti con persone che si trovano molto lontano da noi: ci fanno sentire tutti più vicini. Infine, attraverso il web è possibile compiere una serie di movimenti economici, partendo dall’acquisto di articoli di ogni genere, fino alla ricarica del cellulare, prenotazioni di biglietti per treni e aerei e movimenti bancari.
Internet tuttavia è ritenuto molto pericoloso, soprattutto per i “navigatori” meno esperti e per i giovani. I rischi ci sono e non sono da sottovalutare.
In primo luogo, non tutto ciò che si legge o si vede in rete deve essere preso come verità assoluta. Allo stesso modo in cui è pieno di cultura, Internet è anche pieno di falsità e d’inganno. Per accertarsi di un fatto, di un’informazione, è necessario confrontare diversi pareri, diverse affermazioni, altrimenti si rischia di acquisire una conoscenza errata o parziale.
Inoltre, ci sono rischi ben maggiori che una sbagliata informazione. Navigando sul web il proprio computer può venire infettato da un virus, si può venire derubati, si può essere colpiti da immagini violente o pornografiche. Chat e social network possono dare una sorta di dipendenza o peggio, possono dare l’illusione di conoscere una persona, che in realtà, non è chi dice di essere, portando quindi a conseguenze pericolose.
Tuttavia, questi pericoli, che in ogni caso non sono da trascurare, si possono comunque evitare tramite dovute accortezze. Per evitare esperienze spiacevoli è necessario usare prudenza, precauzione e buon senso. Infatti come ogni “invenzione scientifica”, Internet, di per sé non è né buono, né cattivo: gli effetti che il web può produrre, dipendono dall’uso che ne viene fatto. La navigazione in rete dev’essere eseguita in modo consapevole e moderato, per trarre i benefici ed evitare i pericoli. Al contrario, un uso sfrenato e imprudente del web può causare grandi danni alle persone.
Internet è una grande risorsa, che, pur esponendo a qualche rischio, offre numerose opportunità a chi le sa cogliere.