mercoledì 27 aprile 2011

Un amore al di là del tempo

... E così, alla fine, anch'io ho versato la mia giusta dose di lacrime.

No, non preoccupatevi, niente di grave: sintomi post-lettura.

Ebbene, sto parlando di La moglie dell'uomo che viaggiava nel tempo di Audrey Niffenegger.
Da dove cominciare? Difficile dare una definizione di inizio e di fine quando si parla di viaggi nel tempo. Perchè è proprio questo il dramma attorno al quale ruota l'incredibile amore tra Clare ed Henry. Clare ha sei anni quando vede Henry per la prima volta, lui ne ha trentasei. Ma Henry incontra Clare per la prima volta all'età di ventotto anni. Com'è possibile? Henry ha un difetto genetico che lo porta a viaggiare incontrollatamente avanti, ma più spesso indietro nel tempo.
Chiaramente la spiegazione scientifica è molto azzardata, ma non è un romanzo di fantascienza quello di cui si sta parlando. E' la storia di un amore infinito, che sconfigge i limiti dello spazio e del tempo, ma anche di un amore tragico, pieno di sofferenza e dolore. Tuttavia, sono proprio la sofferenza, la solitudine e la sensazione di impotenza a spronare Clare ed Henry ad assaporare ogni attimo trascorso insieme, a gioire infinitamente del presente che viene loro concesso. Non è forse quello che dovremmo fare tutti noi, cogliere l'attimo, apprezzare il momento che stiamo vivendo, senza cruccio del passato e senza timore del futuro?
La moglie dell'uomo che viaggiava nel tempo non è un semplice romanzo rosa, ma anche uno sfogo di frustrazione e dolore, una riflessione sulla precarietà del presente e della vita, un'esaltazione all'amore nella sua forma più profonda e completa.

Che dire dunque? Consigliatissimo!

"...e intanto
il tempo passa e tu non passi mai"
(Estate_Negramaro)

domenica 17 aprile 2011

I mille tesori dell’amicizia


Cari lettori,
oggi vorrei proporvi un saggio breve sull'amicizia che ho scritto recentemente per la scuola . Avevo già affrontato questo tema  nel post L'amicizia (uno dei primi pubblicati sul blog) e qui ritroverete alcuni elementi di ciò che avevo scritto l'estate scorsa. Questa si potrebbe definire una versione "avanzata", più ricca e più scolastica, in cui spero si possa notare un miglioramento di stile.
Buona lettura!

Il legame che unisce gli amici è forse una delle più belle e pure forme d’amore. L’Amicizia, con la “A” maiuscola, è fonte di gioia, nonché migliore rimedio alla solitudine, ma è assai difficile trovarla: essa è un bene raro e prezioso. Non è sorprendente dunque che un sentimento tanto profondo abbia ispirato artisti di tutte le epoche storiche, che hanno affrontato il tema dell’amicizia in varie discipline, dalla letteratura, alla musica, al cinema.
Innanzitutto, come nasce un’amicizia? Che sia per una serie di fortunate coincidenze o per un caso del destino, è un avvenimento sempre piacevole e inaspettato. Il sociologo Francesco Alberoni ha usato parole molto efficaci per descrivere l’incontro: «un momento in cui noi proviamo un forte moto di simpatia, un interesse, sentiamo un affinità verso una persona. […] L’incontro è sempre inatteso, rivelatore»1. Questo è il primo passo della nascita di un’amicizia, la quale può essere un rapporto consolidato fin da subito, ma più spesso si sviluppa lentamente nel tempo, rafforzandosi sempre di più. Purtroppo può anche capitare di rimanere delusi da persone che inizialmente sembrano affabili, ma che in realtà rivelano un’amicizia interessata. Non per questo però bisogna diffidare di tutti e occuparsi solo di se stessi, perché in questo modo non si potrà mai aspettare la fiducia e il sostegno di altre persone nelle difficoltà. Ma se l’amicizia è destinata a crescere, allora accade quello che Saint Exupery chiama addomesticare. «Che cosa vuol dire addomesticare?» chiede il Piccolo Principe alla volpe «E’ una cosa da molto dimenticata. Vuol dire creare dei legami»2. E’ esattamente questo, ciò che nel gergo comune si chiama “coltivare un’amicizia”: creare, mantenere e sviluppare legami con altre persone. L’amicizia risulterà tanto più intima e profonda, tanto più forti saranno i legami che la realizzano. Non è detto però, che un amico debba avere gli stessi nostri interessi, le stesse nostre qualità o abilità, anzi, il più delle volte il rapporto è migliore quando ci si completa a vicenda, poiché «volere e non volere le stesse cose, questa è la vera amicizia»3.
Inoltre, non esiste un solo “tipo” di amicizia: un amico può essere semplicemente una persona con la quale è piacevole trascorrere il proprio tempo, conversare, condividere esperienze e interessi, ma il vero Amico è qualcosa di più. E’ una persona della quale ci possiamo fidare ciecamente, una persona che sappiamo non ci tradirà mai. Un vero Amico ci aiuta quando siamo in difficoltà, ma non per avere qualcosa in cambio: semplicemente perché ci vuole bene. Il giovane protagonista de L’amico ritrovato ci descrive con poetiche parole cos’è per lui la vera Amicizia: «Nella mia classe non c’era nessuno che potesse rispondere all’idea romantica che avevo dell’amicizia, nessuno che ammirassi davvero o che fosse in grado di comprendere il mio bisogno di fiducia, di lealtà e abnegazione, nessuno per cui avrei dato volentieri la vita»4.
Trovare un vero Amico è molto difficile, ma se si ha la fortuna di averne almeno uno allora è fondamentale rafforzare sempre di più il legame che ci unisce a lui. In che modo ciò è possibile? Il segreto è condividere le gioie e i piaceri, in modo che, con le parole del Sommo Poeta, «vivendo sempre in un talento, di stare insieme crescesse ‘l desio»5. E’ noto infatti che tutto ciò che facciamo o vediamo diventa più piacevole se condiviso con le persone a cui vogliamo bene. A titolo d’esempio, si può apprezzare un film in solitudine, ma insieme ad un amico si possono scambiare pareri, commenti e scoprire particolare che inizialmente erano sfuggiti; è anche possibile intraprendere un progetto, di qualsiasi natura, autonomamente, ma con l’aiuto di un amico le difficoltà saranno di minor peso e sicuramente si potrà raggiungere un risultato migliore. E infine, non è forse vero che, vissuta un’esperienza meravigliosa, il primo desiderio è parlarne agli amici per condividere la gioia? Cicerone affronta proprio questo argomento in un passo del suo De amicitia, citando un noto filosofo e matematico greco: «Se un uomo salisse in cielo e contemplasse la natura dell’universo e la bellezza degli astri, la meraviglia di tale visione non gli darebbe la gioia più intensa, come dovrebbe, ma quasi un dispiacere, perché non avrebbe nessuno a cui comunicarla»6.
Nonostante quanto detto, qualcuno potrebbe pensare che non valga la pena di legarsi tanto ad una persona, perché il futuro è imprevedibile, e dolorose separazioni, nel corso della vita, sono quasi inevitabili. Ma è bene fare due considerazioni. Innanzitutto non bisogna confondere l’affetto, con quello che il saggio Yoda definisce attaccamento in un episodio della nota saga di George Lucas: «L'attaccamento conduce alla gelosia; l'ombra della bramosia essa è»7. Questo è dunque un sentimento egoistico, ma se si vuole veramente bene ad una persona, bisogna accettarne anche la lontananza o la perdita. In secondo luogo, è necessario ricordare che proprio il distacco può essere merito di un rafforzamento dell’amicizia: «Se vi separate dall’amico, non provate dolore; poi che la sua assenza può schiarirvi ciò che più in lui amate, come allo scalatore la montagna è più chiara dal piano»8. Ciò di cui parlano queste poetiche parole di Kahlil Gibran, è un tema affrontato anche da Alessandro Manzoni in un brano de I Promessi Sposi. Renzo, tornato al suo paese dopo molto tempo, incontra un vecchio amico e scopre di essere molto più affezionato a lui di quanto credesse: «E, dopo un’assenza di forse due anni, si trovarono a un tratto molto più amici di quello che avesser mai saputo d’essere nel tempo che si vedevano quasi ogni giorno; perché all’uno e all’altro […] eran toccate di quelle cose che fanno conoscere che balsamo sia all’animo la benevolenza; tanto quella che si sente, quanto quella che si trova negli altri»9.
Infine, l’amicizia risponde anche ad un bisogno naturale di sostegno e incoraggiamento che tutti provano durante il corso della vita. Cosa c’è infatti, di più gratificante nei momenti di sconforto, che il poter confidarsi con un amico? Rabrindranath Tagore ha scritto a questo proposito, in una delle sue poesie: «Non nascondere il segreto del tuo cuore, dillo a me, solo a me, in confidenza.[…] il mio cuore lo ascolterà, non le mie orecchie»10. Perché giustamente, si deve ascoltare con il cuore e non bisogna, per imbarazzo, avere timore del silenzio, «poi che  nell’amicizia ogni pensiero, desiderio, speranza nasce in silenzio e si divide con inesprimibile gioia»11.
Grazie a quanto detto finora, si può definire l’amicizia una vera ricchezza, che va ben oltre gli averi materiali ed è indispensabile per condurre una vita felice.


Note:
1.      Francesco Alberoni, L’amicizia, Milano, Garzanti, 1984
2.      A. de Saint Exupery, Il piccolo principe, 1943
3.      Sallustio, De Catilinae coniuratione, I secolo a.C
4.      Fred Uhlman, L’amico ritrovato, 1971
5.      Dante Alighieri, Le rime
6.      Cicerone, De amicitia, 44 a.C
7.      George Lucas, Star Wars Episodio III: la Vendetta di Sith, Lucasfilm, 2005
8.      Gibran Kahlil Gibran, Il profeta, 1923
9.      Alessandro Manzoni, I Promessi Sposi, cap.XXXIII, 1827
10.  Rabrindranath Tagore, Non nascondere il segreto del tuo cuore
11.  Gibran, op. cit.

martedì 5 aprile 2011

Essere me

Ho visto una farfalla volare, le ali bianche con un pizzico d’arancio, cercando chissà un fiore o una compagna, il suo percorso in apparenza imprevedibile, la sua esistenza effimera, minuscolo ingranaggio dell’incredibile sistema della natura. Ho visto una farfalla volare, una sola, quando ricordo prati affollati da queste creature, dai mille colori, dalle mille forme, che danzavano tra i fiori creando paesaggi che neanche la mano del più geniale pittore potrebbe riprodurre. Perché non ci sono più farfalle? Quale ingiustizia essere privati della piccola gioia di ammirare queste meravigliose opere d’arte! Ma non è il mio dilemma in questo momento… Penso ancora a quell’unica farfalla, metafora di solitudine e precarietà, nel cui volo incerto ho trovato un riflesso di me stessa.

Mi capita, talvolta, di soffermarmi a meditare sulla vita, sul tempo, sul significato di essere me. Mi sorprendo in pensieri nostalgici – inaspettati ricordi d’infanzia, riflessioni sul passato recente – ma percepisco sempre un senso di mancanza, la sensazione di non riuscire a comprendere sino in fondo il significato di tutto ciò: so che è scritto sulla sabbia, appena un po’ più in là, ma appena mi sporgo per leggere, l’onda l’ha già portato via.

E’ il tempo ciò che di più mi fa rabbia. Il tempo, che scorre troppo in fretta, che mi strappa il presente e lo trasforma in ricordo prima che io riesca a rendermi conto di quanto sia importante e prezioso. Diciassette anni non sono più sedici, non sono più quindici: un passato che sembra allo stesso tempo così lontano e così vicino, così diverso e così simile al mio presente. Allo stesso modo è frustrante la sensazione di non capire se sto vivendo appieno la mia esistenza, l'essere continuamente tormentata dal pensiero che la giovinezza mi stia sfuggendo dalla mani – che toni melodrammatici! – per rimanere tra i miei ricordi solo come un arido insieme di rimpianti.

Ed è ancora il tempo ciò che mi inquieta di più. Il tempo, che nasconde il futuro rendendo il mio volo esitante, pieno di incertezze e improvvisi cambi di direzione. L’età adulta è a un passo da me, mi attende impaziente insieme a nuove responsabilità, nuovi vincoli, un nuovo modo di vivere, ma io non sono pronta: mi affaccio sull’abisso del futuro, ma mi ritraggo atterrita dal buio della sua profondità.

Ma questi non sono altro che vaneggiamenti adolescenziali, riflessi di un timido bisogno di comprensione. Mi domando soltanto: troverò un compagno di volo?



Cogli la rosa quando è il momento, che il tempo, lo sai, vola e lo stesso fiore che sboccia oggi, domani appassirà.*


*Da “L’attimo fuggente”