lunedì 21 luglio 2014

Salta che ti passa!



[Articolo pubblicato sul Magazine dei 30 anni della mia scuola di danza - purtroppo non tutti capiranno i riferimenti a fatti e persone]

Come dice il detto: pochi ma buoni! Siamo un piccolo gruppo, ma la carica non manca. Ormai la lezione di Dance Body Toning del sabato pomeriggio è diventata un appuntamento immancabile della nostra settimana. Ammettiamolo, siamo rimasti tutti un po’ delusi quando Enrica ci ha detto che il corso di GAG non sarebbe stato rinnovato, già ci mancavano l’energia e l’allegria di Roberto! Eppure, come la fenice che rinasce più bella e forte, anche noi abbiamo fatto l’upgrade, buttandoci a scatola chiusa in questa nuova disciplina, con la sicurezza che l’esperienza e la professionalità di Roberto ci avrebbero proposto lezioni stimolanti e salutari.
Dance Body Toning, questa “ginnastica danzata” dal nome inglese un po’ altisonante, è una disciplina benefica per il corpo e lo spirito. Al primo impatto sconvolge non poco, ma anche chi prova per la prima volta, nonostante lo sgomento e il fiatone, non ne esce insoddisfatto. Ma non si tratta solo di tonificare i muscoli e acquisire resistenza, perché ogni lezione con Roberto è anche un’ottima medicina contro il malumore. Non mancano mai scherzi e battute: Roberto, con quell’aria ammiccante di sfida, esorta ognuno di noi a dare il massimo. E quando lo vediamo saltare e cantare in giro per la stanza ci domandiamo se per caso non abbia un paio di polmoni in più rispetto agli altri esseri umani…
Insomma, un’ora di Dance Body Toning è tempo speso più che bene. Un ottimo modo per dedicarsi al proprio benessere, con divertimento e fatica assicurati!

sabato 19 luglio 2014

Questioni di equilibrio



[Articolo pubblicato sul Magazine  dei 30 anni della mia scuola di danza]

Nella danza l’equilibrio è fondamentale e ci sono molti esercizi per migliorarlo, fino ad arrivare al punto di non sentirsi più “in bilico” sulla punta della scarpetta, bensì perfettamente in asse, pronti per girare e girare… Eppure a me capita molto più spesso di sentirmi in bilico e proprio adesso è uno di quei momenti. Solo che questa è la ricerca di un diverso tipo di equilibrio: sono in bilico fra l’emozione di raccontare l’avventura di una vita e la paura di riempire il foglio con un mucchio di banalità. Ecco, già “l’avventura di una vita” prende un tono troppo melodrammatico, ma credo non ci sia espressione migliore per farvi capire quanto la danza sia stata (e sia ancora!) parte integrante della mia vita. No, no, non continuerò con pensieri commoventi e frasi fatte: mi piace la franchezza nelle parole, per quanto possibile.
Il mio rapporto con la danza è qualcosa di molto concreto, non mi viene spontaneo associarlo al sogno o alla poesia, ma piuttosto ad un benessere famigliare, una felicità quotidiana. Quando dico “parte integrante” della mia vita, intendo che non potrei immaginare di aver vissuto in un modo diverso i quindici anni in cui la danza mi ha accompagnato. Sarebbe un po’ come pensare di essere nata e cresciuta in un’altra famiglia, in un altro posto. Se quel lontano giorno del 1999 non avessi fatto quel passettino dentro la palestra dove tante altre bambine indossavano graziosi vestitini e scarpette rosa, che ne sarebbe stato di tutti i bei momenti e le fantastiche persone che ho incontrato grazie alla danza? Ma, di nuovo, mi sto perdendo in sentimentalismi…
Ho parlato di concretezza: forse lascerò perplesse alcune persone per quello che sto per scrivere, soprattutto – immagino – per il fatto di non averlo mai detto chiaramente, prima d’ora. Ammetto che esprimermi a voce non è mai stato il mio forte e che tutt’ora, spesso, devo combattere contro un’incredibile timidezza. Per questo, col tempo, ho maturato la convinzione di essere molto più brava a mettere per iscritto quello che penso e sento. Così, ecco una buona occasione per chiarire le cose.
Già da diversi anni ho deciso che non avrei dedicato il mio futuro alla danza – o almeno – non nel senso di chi ne è innamorato al punto da farne una ragione di vita, una cosa che peraltro ammiro sconfinatamente. Tuttavia questo non diminuisce la mia passione nel praticare questa disciplina, che coltiverò fino a quando ne avrò la possibilità. Per me dunque la danza non rappresenta un sogno, bensì un’esperienza della quotidianità, che amo proprio per il suo essere assolutamente concreta. E non dimentichiamoci che la danza è arte e come tale è più concreta che mai, perché se non ci fosse qualcuno che fa arte e qualcuno che ammira l’arte, essa non avrebbe alcun significato. Ciò che conta per me, è quel qualcuno: in altre parole, le persone. Non c’è ambizione, competizione o invidia nella mia esperienza con la danza. C’è un desiderio di fare sempre qualche passo avanti, di imparare qualcosa di nuovo, di migliorare un po’ insomma. Ma tutto questo non avrebbe senso se non potessi condividerlo con nessuno. Quando ballo, la mia felicità sta nel sapere che sto ballando con persone a cui voglio bene e per persone a cui voglio bene, non mi serve altro.


Post scriptum
Se quelle che ho scritto siano banalità, lascio ai lettori la sentenza, ma forse si saranno chiesti perché abbia esordito con la parola ‘avventura’. Non era vita quotidiana di cui stavo parlando? Eh sì, ne abbiam passate delle belle negli anni! Ma questa è un’altra storia…

giovedì 17 luglio 2014

La notte è chiara


La notte è chiara. Il vento di una primavera tardiva spegne le lucciole del bosco, una ad una, come le candeline di una torta. Il bambino ha preso una sedia e una coperta e si è posizionato proprio sul limitare del piccolo viale. Le gambe al petto, le esili braccia al riparo sotto il panno. Come un soldato alla ventura, il bambino è soddisfatto del suo equipaggiamento. Ha un sicuro obiettivo: vincere la paura del buio. Non si tratta solo di quello, no, perché in fondo è bello ascoltare la notte, cercare i colori intimoriti da quel nero prepotente. Però il buio fa sempre un po’ paura, anche ai grandi, è che loro non lo dicono.
Ma la notte è chiara e le stelle pallide. C’è tanta pace e il bambino è tranquillo. In fondo non gli dispiace stare in compagnia di se stesso, comincia a pensare di essere un tipo solitario. Ma si sente solo, ammette, e lo dice con un filo di voce, per non disturbare la luna. Quella se ne sta, un po’ beffarda, nascosta dietro ai primi alberi del verde. Ha il sorriso dello Stregatto e non si capisce cosa stia pensando, lassù per aria. Il bambino non si fida troppo di quel sorriso, sa che di lì a poco anche quello scomparirà dietro la collina, portando con sé le ultime briciole di luce notturna. Allora, sperando di trattenere la luna ancora un po’, il bambino parla a bassa voce. Parla a lei o parla a se stesso? Non lo sa bene neanche lui, gli sembra di essere un po’ matto. Così comincia, piano piano, a battere un ritmo col piede. E’ il ritmo di una canzone dimenticata e ritrovata, una canzone che solo lui conosce. La sua musica silenziosa risuona nel vento e nelle fronde degli alberi, strumenti di un’orchestra silvana. Poi guarda verso il vialetto, laggiù il buio sembra essere ancora più nero. Anche il chiarore lunare sembra essere inghiottito da un pozzo di oscurità. Un fremito lo attraversa, al sentire il fruscio di un cespuglio vicino: gli animali del bosco escono a passeggio. Ora ha un po’ di paura e tira su la coperta fino al naso. Ma ecco di nuovo le lucciole danzare e la luna spuntare da dietro una nuvola. Lo sapeva che non c’era da fidarsi di quel sorriso storto, quel sorriso che ama tanto giocare a nascondino.
La notte è chiara, dopotutto, e il cielo potrebbe essere lo specchio della terra. Là le stelle, qui le lucciole. Il bambino non ha più paura, si sente un po’ solo, tutto qui. Adesso vorrebbe qualcuno con cui confidarsi, un amico magari. Ma improvvisamente le parole e gli amici sembrano appartenere ad un mondo lontano, è una strana sensazione. E’ stanco di essere solo, ripete alla luna. Così, tutto d’un tratto, gli prende una gran voglia di correre e di saltare, di cantare e di giocare. Chissà perché, si domanda, e piegando per bene il panno – è un bambino educato lui – abbandona la sua postazione, sentendosi attratto da qualcosa di misterioso che lo attende in fondo al viale.
Ecco che si accende una luce: c’è una casa laggiù! Ma non sembra il lume di una lampada, è un’aurea dolce che si espande come un profumo irresistibile. E’ la luce calda di due persone strette in un abbraccio. Il bambino, preso da una grande e inspiegabile felicità, corre verso di loro e gli sembra quasi di volare. Una giovane donna e il suo compagno dormono stringendosi le mani, il sorriso sulle labbra e il respiro calmo di chi sta facendo bei sogni. Finalmente li ha trovati! Li stava cercando da così tanto tempo e nemmeno lo sapeva! Vorrebbe svegliarli per giocare insieme e mentre corre (o vola?) intorno a loro si china per studiare i lineamenti di quei volti sereni. Sono così belli, pensa, proprio come li aveva sempre immaginati… Ma poi è vinto da una stanchezza incredibile, una pesantezza mai provata prima. E’ un sonno trascinante, invincibile, un desiderio di farsi piccolo piccolo e di chiudere gli occhi per un po’ di tempo. Ha indovinato, alla fine, i pensieri della luna: nella notte chiara, quella birichina, ammiccava alla sua nuova vita.