mercoledì 25 dicembre 2013

All I want for Christmas... (Modalità nerd: ON)

- il Dottore
- il Dottore nel TARDIS
- un biglietto di sola andata per la Terra di Mezzo
- un Giratempo (nel caso il TARDIS fosse troppo ingombrante da portare sulla slitta...)
- il Castello Errante di Howl
- una Spada Laser
- un  maestro di Waterbending
...
 
Forse sono un tantino esigente.
Ma solo forse.

BUON NATALE A TUTTI!



 




lunedì 23 dicembre 2013

Lo Hobbit - La desolazione di Smaug

Proviamo a raccontarlo per immagini... Vediamo cosa salta fuori :D
Si tratta di una recensione scherzosa, SENZA ALCUNA INTENZIONE DI OFFENDERE  IL FILM IN QUESTIONE. Da supermegafan di Tolkien e di tutto il suo mondo, non ho alcun motivo di criticare il nuovo film de Lo Hobbit.
Ma perché non concedersi un sorriso ogni tanto?


La prima parte del grande viaggio si era conclusa con l'uscita di scena di questo simpatico orco desideroso di sfracellare Bilbo e i suoi amici...





 ... Ma ecco che un altro cuccioloso lupo-orso-uomo-mutaforme tenta di azzannare ogni componente dell'allegra combricola

I cari parenti di Shelob aspettano silenziosi tra le cupe fronde di  Bosco Atro e intanto tessono le loro bianche tele... (questa parte è squisitamente disgustosa, vi avverto)
  ...Ma per (s)fortuna se ne occupano gli Elfi Silvani, i quali, al comando di un Legolas quanto mai pieno di sé, diligentemente e con eleganza rinchiudono tutti i nani come prigionieri.


 Dopo rocambolesche fughe e combattimenti improbabili, i nostri eroi giungono alla Città sul Lago... No un attimo, aspettate, quella era un'altra scena... Ma, oh, cosa vedo, tresche amorose per LegoLegolas??










Ta Dam! Ecco il nostro nuovo eroe, alias "Ommioddio il sosia di Will Turner... Non è che Orlando si è confuso e pensava di farsi un altro bicchierino di rum con Jack Sparrow?"
No, è proprio un altro attore (ma dai?!) e il suo ruolo è quello di Bard l'Arciere, una sorta di Robin Hood tolkieniano che per arrotondare fa pure il contrabbandiere :)



 "Ma...ma...Come non mi fate fare la seconda colazione? Neanche se vi faccio gli occhi dolci e il faccino coccoloso?"

(Martin sei adorabile ♥)


"Se fai ancora il capriccioso, Bilbo, non ti compro più l'Erba Pipa. E ora, su, in piedi: leggi la nostra lista-delle-cose-da-fare e dicci se manca qualcosa."

"1.Nani+Bilbo: scalare la montagna
 2.Nani+Bilbo: trovare la porta
 3.Bilbo: scendere nella montagna
 4.Bilbo: trovare il tesoro
 5.Bilbo: [IMPORTANTE] non svegliare Smaug
 6.Bilbo: trovare Arkengemma
 7.Bilbo: portare ai Nani l'Arkengemma
 8.Thorin: godersi la gloria"


"Sherlock? Can you hear me?...What? What do you mean you are inside a mountain and breathe fire?"






Non è tutto oro quel che luccica, cerca bene Bilbo e non svegliare il drago...(ecco l'ansia che sale a fine film, quando sei lì, senti i primi tintinnii e cominci a sbraitare: noo, accidenti, no, no, no! E sai comunque cosa succederà :S)










                     "Cucù, sorpreeeeeesa"

E tutto il resto è SPOILER.
Non vorrete davvero che metta anche la fine del film?
(Ecco bene, perché non ho trovato un'immagine adatta ahahah)


THE END







domenica 8 dicembre 2013

Wolf Children





Wolf Children è il nuovo gioiello di Mamoru Hosoda. Questo anime, degno di essere annoverato tra i migliori film d'animazione nipponici degli ultimi anni, riprende uno schema già adottato dal regista giapponese ne La ragazza che saltava nel tempo, il lungometraggio che lo ha reso celebre. Un unico elemento fantastico viene proiettato nella vita quotidiana dei protagonisti per sconvolgerne l'esistenza, diventando così promotore di un percorso di crescita. In questa apparente semplicità (che nasconde una notevole ricchezza di tematiche) risiede il grande fascino dell'opera di Hosoda.

Hana, una giovane studentessa universitaria, è madre di due bambini speciali: ultimi discendenti del lupo giapponese, Yuki e Ame hanno la capacità di trasformarsi in lupi a loro piacimento. Tuttavia, la loro diversità non potrà essere mai accettata dalla società, perciò la ragazza è costretta a mantenere segreta la duplice natura dei figli e, per crescerli in un ambiente tranquillo, si trasferisce in un remoto villaggio di montagna.

Wolf Children è una favola delicata e commovente allo stesso tempo. Ciò che colpisce più di tutto è la sua semplicità, ovvero il fatto che, pur essendo una storia di fantasia, non potrebbe essere più reale. Il fulcro della vicenda non è infatti il fantastico l'esistenza di "bambini-lupo" - che sembra una fatalità della vita come tante altre, bensì la quotidianità con le sue continue piccole grandi difficoltà. Così, pur rimanendo il nucleo attorno al quale ruota la vicenda, il surreale si integra ad uno sfondo perfettamente reale: tanta è la naturalezza con cui è presentato, che ci si dimentica della sua "impossibilità".
L'attenzione è invece posta sull'instancabile determinazione della giovane Hana, sola nell'impresa di allevare due bambini unici nel loro genere. Ma a ben pensarci, cosa c'è di fantastico in ciò? Non sono forse reali e concrete le innumerevoli difficoltà che una madre incontra durante la crescita dei figli? E non sono essi sempre e comunque unici e speciali ai suoi occhi? In questo senso Wolf Children è metafora della Vita. Attraverso il percorso di formazione di Yuki e Ame (e di Hana), indaghiamo il significato dell'esistenza e il rapporto con il mondo che ci circonda, ma soprattutto impariamo ad accettare l'unicità e l'originalità che caratterizza ognuno di noi.

sabato 23 novembre 2013

HAPPY BIRTHDAY DOCTOR!

Today is the day every Whovian in the world was waiting for.

Today is The Day of the Doctor







Happy 50th Anniversary, Whovians! 
May the Doctor be with you!
 

#SaveTheDay

mercoledì 30 ottobre 2013

Lo scherzo

[Attenzione, possibili spoilers]

Hýlom, hýlom... il Re dal viso velato percorre le strade di una cittadina morava, accompagnato dai fedeli soldati. I personaggi, tutti in abiti tradizionali, vanno di casa in casa a chiedere offerte per il sovrano fuggitivo. E' il giorno della Cavalcata dei Re, colorata manifestazione folkloristica della Moravia, ultimo legame con un passato dal sapore leggendario, ma quasi dimenticato (e disprezzato) dalle nuove generazioni.
Non si tratta di un giorno qualsiasi: se esistesse un Destino, potremmo dire che questo è il giorno in cui esso finalmente scopre le sue carte. Ludvík, Helena, Jaroslav, Zemánek e forse anche Lucie e Kostka si trovano alla festa. Quale storia accomuna queste persone?
Sicuramente un ruolo importante va attribuito alla Grande Storia, quella del regime comunista nell'Europa dell'Est, dopo la fine della guerra. Una Grande Storia che s'insinua nella piccola storia di ogni personaggio, che invade la vita privata di giovani (che si fingono adulti) ed adulti (che vorrebbero tornar giovani). Un partito che impone di indossare delle maschere, secondo la riflessione pirandelliana di Ludvík, perché non basta voler essere fusi in un corpo collettivo, si può solo esserlo in sostanza. Così i giovani indossano maschere e, come in un tragico carnevale, si abbandonano agli scherzi. Cosa c'è di più innocuo di uno scherzo a carnevale? Tuttavia il partito non lo tollera: esso rivela l'anima. E se la tua anima non è in sintonia con la collettività, sei fuori. Un reietto per il resto della vita.
La vendetta è tutto ciò che rimane a Ludvík, espulso dal partito e dall'Università per una cartolina dal tono provocatorio. La vendetta è l'unico motore della sua vita da quel giorno fatale. Ma seppur vittime di ingiustizie, vale la pena vivere sotto il dominio del rancore? Non si è forse prigionieri di un'altra e peggiore dittatura? Ludvík lo capisce, troppo tardi, nel corso di una giornata in cui errori su errori si accumulano con ritmo impietoso. In una sola giornata il Destino riallaccia i fili, unisce passato e presente insegnando che le cose nate per errore sono tanto reali quanto le cose nate a ragione e per necessità.

 Con Lo scherzo (1967) Milan Kundera esordisce come romanziere. La sua narrazione fluida trasporta il lettore all'interno stesso della psiche dei personaggi. La profonda introspezione, la struttura "a più voci" e la sensazione di un tempo "sospeso", conferiscono un fascino indiscutibile all'opera dello scrittore boemo. Una lettura da non perdere.

domenica 6 ottobre 2013

Ottobre - Rubrica musicale #2

 A brisa do coracao (La brezza del cuore) di Enio Morricone

Colonna sonora del film Sostiene Pereira, tratto dall'omonimo romanzo (mia recensione qui) di Antonio Tabucchi. Musica perfetta per una pellicola che rende degnamente onore al capolavoro dello scrittore italiano.



E qui il testo della canzone, sia in lingua originale che in italiano.

O segredo a descobrir está fechado em nós
O tesouro brilha aqui embala o coraço mas
Está escondido nas palavras e nas mos ardentes
Na doçura de chorar nas carícias quentes

No brilho azul do ar uma gaivota
No mar branco de espuma sonora
Curiosa espreita as velas cor de rosa
A procurado nosso tesouro

O segredo a descobrir está fechado em nós
O tesouro brilha aqui embala o coraço mas
Está escondido nas palavras e nas mos ardentes
Na doçura de chorar nas carícias quentes

A brisa brinca como uma gazela
Sobre todo o branco e a Rua do Ouro
Curiosa espreita a sombra da janela
A procura do nosso tesouro"

O segredo a descobrir está fechado em nós
O tesouro brilha aqui embala o coraço mas
Está escondido nas palavras e nas mos ardentes
Na doçura de chorar nas carícias quentes

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Il segreto da scoprire è chiuso in noi
il tesoro che brilla qui dondola in cuore ma
è nascosto nelle parole e nelle mani ardenti
nella dolcezza del pianto nelle calde carezze

nell'aria blu e brillante un gabbiano
nel mare bianco di schiuma sonora
curiosa osserva le vele rosa
cercando il nostro tesoro

Il segreto da scoprire è chiuso in noi
il tesoro che brilla qui dondola in cuore ma
è nascosto nelle parole e nelle mani ardenti
nella dolcezza del pianto nelle calde carezze

la brezza gioca come una gazzella
su tutte le strade bianche e d'oro
curiosa guarda le ombre delle finestre
cercando il nostro tesoro

Il segreto da scoprire è chiuso in noi
il tesoro che brilla qui dondola in cuore ma
è nascosto nelle parole e nelle mani ardenti
nella dolcezza del pianto nelle calde carezze

giovedì 3 ottobre 2013

Si chiude una porta...

... e si apre un portone. La conoscevate già vero?
Beh, i detti popolari raramente sbagliano. E infatti, già in questi primi giorni da universitaria posso proprio dire di apprezzare la mia nuova vita. Non si tratta certo di un'avventura facile - penso al viaggio in treno, spesso in piedi - ma di sicuro mi sento più libera "psicologicamente".
 Sì, certo, quando rileggerò queste righe i giorni prima di un esame, con l'ansia alle stelle, allora mi dirò: povera illusa, non sapevi a cosa saresti andata incontro! Però la sensazione di partenza è buona, e credo sia un fattore positivo.

Non mi resta che dire: Allons-y! 

 

Ottobre - Rubrica musicale #1


Un brano della soundtrack di The Grandmaster - recente pellicola semibiografica sulla vita di Yip Man, celebre maestro di arti marziali cinesi. Pur lasciando qualche dubbio sulla costruzione della trama, questo film merita indubbiamente per la colonna sonora di grande suggestione. Buon ascolto!


sabato 31 agosto 2013

Toph

All'apparenza una fragile ragazzina cieca, Toph fin da bambina nasconde ai genitori la sua vera natura e un'identità segreta sorprendente. Si tratta infatti di una eccezionale earthbender, che - grazie al finissimo udito e all'acuta percezione delle vibrazioni - ha sviluppato un'abilità di combattimento fuori dal comune. Sebbene agli occhi dei genitori si sia mostrata sempre come una fanciulla tranquilla e remissiva, pronta ad obbedire alle severe raccomandazioni del padre, Toph possiede un carattere forte e ribelle. Di nascosto partecipa a pericolose gare clandestine di earthbending, risultando sempre vincitrice contro avversari dieci volte più grandi e grossi di lei. Eppure Toph, prigioniera fra le stesse mura di casa, non ha amici... Fino a quando Aang, il giovane Avatar non assiste ad una sua strepitosa performance e capisce che proprio lei sarà l'insegnante di earthbending che da tanto tempo stava cercando.


Non è perfetto, ma sono abbastanza soddisfatta di questo disegno


[Toph è uno dei miei personaggi preferiti della serie animata "Avatar - The last Airbender" Per approfondire: Avatar]

Vi presento Joe Black

Quando si dice... Guardare la morte in faccia.

In questo bellissimo film di Martin Brest sembra che il famoso detto sia stato preso alla lettera.
Joe Black, affascinante giovane dalle misteriose origini, si presenta all'improvviso a casa del magnate Bill Parrish. Il ragazzo non tarda a svelare all'anziano industriale di essere niente meno che la Morte in persona, giunta in sembianze umane per "sperimentare" la vita. Joe ha scelto Bill come guida nel mondo degli uomini e se lui accetterà questo insolito incarico, la sua morte potrà essere rimandata di qualche tempo. Tuttavia, ciò che per Joe nasce come un semplice svago, si trasformerà in un'esperienza profonda, un evento unico nell'intera storia dell'universo. Quando infatti conoscerà Susan, figlia minore di Bill, il giovane se ne innamorerà perdutamente.
Forte delle superbe interpretazioni di Anthony Hopkins nei panni di Bill Parrish, e di Brad Pitt  nel ruolo di Joe Blak, questa pellicola di notevole durata (circa tre ore) non delude mai gli spettatori. I divertenti episodi paradossali sono equilibrati dall'estrema delicatezza nel trattare i temi dell'amore e della perdita. Molto interessante è anche la differenziazione dei punti di vista - non resa attraverso particolari espedienti tecnici, bensì chiara nelle parole e nelle azioni dei personaggi. Ognuno di essi infatti è completo, la sua personalità viene sempre approfondita, nulla è dato per scontato.
Curioso, inoltre, che la Morte voglia "imparare a vivere", pare quasi una contraddizione. Eppure forse in questo si nasconde il messaggio profondo del film. Non si tratta solo di un carpe diem moderno, ma anche e soprattutto di un invito ad accettare la morte come qualcosa di inscindibile dalla vita stessa. La morte, sembra voglia dirci l'autore, non è nè malvagia nè ingiusta: fa parte della natura.
Naturalmente, ampio spazio viene dedicato all'inconsueto amore fra Joe e Susan, raccontato con attenta sensibilità. Per questo il film è consigliatissimo agli inguaribili romantici, che senz'altro verseranno qualche lacrima nel finale.
Last but not least, un particolare riconoscimento alla colonna sonora, che porta la firma del compositore Thomas Newman. Se riascoltate in seguito, le sue melodie struggenti rievocheranno ogni attimo di questa storia incredibile.




"Non un'ombra di trasalimento, non un bisbiglio di eccitazione; questo rapporto ha la stessa passione di un rapporto di nibbi reali. Voglio che qualcuno ti travolga, voglio che tu leviti, voglio che tu canti con rapimento e danzi come un derviscio! Voglio che tu abbia una felicità delirante! O almeno non respingerla. Lo so che ti sembra smielato ma l'amore è passione, ossessione, qualcuno senza cui non vivi. Io ti dico: Buttati a capofitto! Trovati qualcuno che ami alla follia e che ti ami alla stessa maniera! Come trovarlo? Be', dimentica il cervello e ascolta il cuore. Io non sento il tuo cuore perché la verità, tesoro, è che non ha senso vivere se manca questo. Fare il viaggio e non innamorarsi profondamente, beh, equivale a non vivere. Ma devi tentare perché se non hai tentato non hai mai vissuto." [Bill Parrish alla figlia Susan]

sabato 20 luglio 2013

Società e cultura in un mondo distopico [Parte 2]

I roghi di Fahrenheit 451

Il più celebre romanzo di Ray Bradbury descrive una fra le più inquietanti e verosimili distopie. In un futuro imprecisato, ma che sembra lo specchio della realtà, i libri sono proibiti e vengono dati alle fiamme dai pompieri, il cui ruolo è quindi grottescamente rovesciato. «Era una gioia appiccare il fuoco» afferma Montag, il protagonista, nell'incipit del romanzo, dimostrando di essere succube del condizionamento di un governo oppressivo e totalitario. Un governo che alla cultura sostituisce uno stato di connessione permanente, grazie agli schermi televisivi che occupano le intere pareti di una stanza. Tuttavia, grazie all'incontro con una ragazzina stravagante, Montag scopre di condurre un'esistenza vuota e passiva, di non essere veramente felice. Diventa quindi un “fuorilegge” salvando alcuni libri dagli spietati roghi e nascondendoli in casa per leggerli. La moglie, modello del cittadino medio perfettamente inquadrato, tradisce il protagonista, il quale infine si rifugia in una comunità di vagabondi la cui solenne missione è quella di “ricordare” i libri, conservare i testi di interi volumi nelle loro teste, per poi tramandarli e rigenerare la cultura perduta.
Controllo capillare dell'informazione, distruzione della cultura, società indifferente e remissiva: gli ingredienti di una “perfetta” distopia sono ben noti a Bradbury. Lo scrittore stesso dichiara in una recente intervista per La Repubblica: «Fahrenheit 451 è l'unico libro che ho scritto in cui parlo di cose che sono accadute o che possono accadere davvero. Per questo è un libro ancora attuale, non solo per i temi della censura, delle dittature che ancora nel mondo pensano di poter controllare il pensiero umano, decidendo cosa i cittadini possono leggere e cosa no. […] Penso che la "società dello spettacolo" in cui vogliono farci vivere sia fatta apposta per non far pensare la gente, e che la "società dell'informazione" sia costruita in modo che la gente si illuda di pensare davvero. Poi, per fortuna, ci sono ancora i libri, che non fanno parte solo della nostra storia, ma sono parte integrante del nostro futuro. […] Il mio lavoro, in realtà, è quello di aiutare a farvi innamorare. Innamorare della vita, delle meraviglie del mondo che abbiamo attorno, delle persone che incontrate, delle scoperte straordinarie che ognuno di noi fa nel corso della sua vita».



«Riempi loro i crani di dati non combustibili, imbottiscili di "fatti" al punto che non si possano più muovere tanto son pieni, ma sicuri d'essere "veramente bene informati". Dopodiché avranno la certezza di pensare, la sensazione del movimento, quando in realtà sono fermi come un macigno. E saranno felici, perché fatti di questo genere sono sempre gli stessi. Non dar loro niente di scivoloso e ambiguo come la filosofia o la sociologia affiché possano pescare con questi ami fatti ch'è meglio restino dove si trovano. Con ami simili, pescheranno la malinconia e la tristezza.»

domenica 7 luglio 2013

Società e cultura in un mondo distopico [Parte 1]

Le società perverse di William Golding e Anthony Burgess

Spesso ci si è interrogati sulla natura di fondo dell'uomo, ipotizzando ora una intrinseca innocenza, ora una malvagità latente, o ancora un'inevitabile corruzione determinata dall'ambiente sociale. Numerosi illustri filosofi (Hobbes, Locke, Rousseau, Cartesio... per citarne alcuni) hanno sviluppato una propria teoria relativamente a tale questione, ma come per tutti i grandi temi della filosofia, nessuno è riuscito (e probabilmente nessuno riuscirà mai) a trovare una soluzione certa.
La narrativa distopica, in generale, compie un'analisi piuttosto pessimistica del comportamento umano. Due capolavori della letteratura moderna che si inseriscono in questo contesto sono Il signore delle mosche di William Golding (1954) e Arancia Meccanica di Anthony Burgess (1969), i quali possono essere messi a confronto ed analizzati su piani paralleli. Questi romanzi trattano essenzialmente dell'origine del male nella natura umana, dell'importanza del libero arbitrio e della degenerazione delle strutture sociali. I protagonisti sono bambini e adolescenti, tradizionalmente accomunati ad un'idea di innocenza e bontà, ma qui trasformati nell'emblema della crudeltà più irrazionale ed immotivata. Non manca inoltre un'aspra critica alle istituzioni politiche: dalla debolezza degli organi democratici all'opportunismo di alcuni movimenti rivoluzionari, dal fascino morboso per i sistemi autoritari alla spregiudicatezza dei governi che cercano di mantenere il consenso. Ma vediamo ora nel dettaglio i temi affrontati da questi inquietanti romanzi.

 



Ne Il signore delle mosche in seguito allo schianto di un aereo su un'isola deserta, alcuni bambini si ritrovano soli ad affrontare una vita di sopravvivenza fino all'arrivo dei soccorsi. Potrebbe essere l'occasione per dar vita ad una comunità giusta e democratica, libera dalle sovrastrutture della società corrotta degli adulti. Tuttavia la situazione degenera, l'ottimismo s'incrina, e le paure irrazionali dell'infanzia prendono gradualmente il sopravvento sul buon senso. Aggressività e violenza acquistano sempre più fascino agli occhi dei bambini più insicuri e superstiziosi, mentre i ragazzi più responsabili, i difensori della razionalità e della democrazia diventano i reietti, i deboli da eliminare. Dopo un iniziale tentativo di organizzazione complessiva dei giovani superstiti, il gruppo si divide in due: da una parte vi sono Ralph e Piggy, animati dal buon senso e da ideali di uguaglianza e giustizia; dall'altra troviamo Jack che si veste del ruolo di leader crudele, ma carismatico, chiara metafora di un governo totalitario. Durante il corso della storia la morte di Piggy rappresenta simbolicamente la fine dell'utopia e il conseguente affermarsi di una realtà distopica. In quest'isola così diversa dall'Utopia di Thomas More e dominata dalla violenza fanatica, i bambini non sono più creature innocenti, bensì selvaggi dal comportamento quasi animalesco. Nondimeno, il relativo lieto fine nasconde una sottile critica alla società inglese, stereotipata in un modello di società efficiente e pragmatica, ma di fatto superficiale.


«In mezzo a loro, col corpo sudicio, i capelli sulla fronte e il naso da pulire, Ralph piangeva per la fine dell'innocenza, la durezza del cuore umano, e la caduta nel vuoto del vero amico, l'amico saggio chiamato Piggy. L'ufficiale, davanti a quella scena, era commosso e un po' imbarazzato. Si voltò dall'altra parte, per dar tempo ai ragazzi di riprendersi, e aspettò, posando gli occhi sul bell'incrociatore lontano.»


 



“Devo forse essere soltanto un'arancia meccanica?” è ciò che Alex, il protagonista del più conosciuto romanzo di Anthony Burgess, grida ai suoi torturatori e al mondo intero appellandosi al diritto di libera scelta che gli è stato crudelmente sottratto. Delinquente per il gusto di esserlo, assuefatto all'ultraviolenza, il quindicenne Alex è un eroe in negativo in un mondo che ha abbandonato ogni valore e ogni ideale. Egli finisce per essere vittima di un governo che in nome della sicurezza riduce gli esseri umani a creature meccaniche e prive di libero arbitrio: é la Terapia Ludovico, un condizionamento psico-fisico che provoca una repulsione fisiologica a qualsiasi tipo di violenza. Ma la scelta? Si domanda il salmiere della prigione dove Alex viene in un primo tempo rinchiuso: «In realtà lui non ha scelta, vero? Era il proprio interesse, la paura del dolore fisico che lo hanno spinto a quel grottesco gesto di autoavvilimento. La sua insincerità era fin troppo evidente. Cessa di essere un malfattore, ma cessa anche di essere una creatura capace di scelta morale» In queste parole si riassume il messaggio dell'autore, che scrive inoltre, a proposito della sua opera: «Imponete ad un individuo la possibilità di essere solo e soltanto buono, e ucciderete la sua anima in nome del bene presunto della stabilità sociale.  […] È preferibile un mondo di violenza assunta scientemente – scelta come atto volontario – a un mondo condizionato, programmato per essere buono e inoffensivo».
I riferimenti ad Orwell e Huxley sono chiari: una società indifferente e disinteressata, un uso spregiudicato della tecnologia, una realtà totalizzante a cui bisogna conformarsi. Tuttavia, non meno importante risulta la vicenda personale di Alex, il quale affronta una sorta di percorso di formazione. Egli, come afferma l'autore stesso, «è veramente malvagio, forse ad un livello inconcepibile […] Però la sua cattiveria è umana. […] Alex rappresenta l'umanità in tre modi: è aggressivo, ama la bellezza, si serve del linguaggio». Ciò che lo caratterizza come anti-eroe è la sua estrema lucidità. Egli sceglie consapevolmente il male, ma alla fine del romanzo sente la necessità del cambiamento. Non sappiamo se ciò sia dovuto ad una svolta verso una vita morale, o sia semplicemente determinato dall'istinto naturale di voler creare una famiglia. E' certo però che Alex dimostra una visione disincantata e quasi profetica della vita: essere giovani è come essere piccoli giocattoli di latta che vanno a sbattere contro le cose e non ne possono fare a meno. I giovani devono passare attraverso questa fase e i genitori non possono fermarli; a loro volta, quando saranno genitori non potranno fermare i propri figli e così sarà fino alla fine dei tempi.
Dal romanzo è stato tratto l'omonimo film diretto da Stanley Kubrick. Tale adattamento per il grande shermo è ormai diventato un cult della narrativa cinematografica.

giovedì 4 luglio 2013

Into Darkness




Estraniamoci un attimo dalla guerra fra i severissimi Trekkers e i fanatici della fantascienza tutta effetti speciali-colpi di scena per dare un giudizio super partes di questo nuovo blockbuster di J.J. Abrams.
Sebbene Into Darkness abbia effettivamente dato un taglio più moderno alle avventure dell'Enterprise rinunciando all'assoluta fedeltà alla serie classica, risulta tuttavia essere una pellicola ricca di pregi in molti ambiti.
Non sono tanto le esplosioni e le peripezie dei protagonisti a rendere accattivante il film, ma piuttosto lo studiato alternarsi di atmosfere divertenti e drammatiche. Si tratta di un equilibrato mix che valorizza ogni scena: diversi i momenti per commuoversi, ma non manca lo spazio per una bella risata. Va inoltre spesa una parola per i dialoghi, decisamente brillanti e non banalizzati da frasi fatte.
Per quanto riguarda la trama, essa non si discosta dallo schema lineare "comparsa del nemico - inseguimenti e battaglie - scontro finale - lieto fine". Del resto, Into Darkness rimane pur sempre un film di intrattenimento, in qualche modo obbligato a seguire degli standard per trovare l'approvazione del grande pubblico. Colpi di scena e situazioni inaspettate, tuttavia, sono garantiti.
In aggiunta, il punto di maggior forza risiede sicuramente nella caratterizzazione dei personaggi e nella notevole interpretazione da parte degli attori protagonisti. Il giovane e impetuoso Kirk (Chris Pine) e il logicissimo Spock (Zachary Quinto) consolidano il loro bellissimo rapporto avviato nel precedente film, ma un altro affascinante personaggio entra qui in scena: lo spietato Khan, interpretato magistralmente dall'attore britannico Benedict Cumberbatch. Non si tratta del "cattivo a tutto tondo", bensì di un nemico-vittima con luci ed ombre, un vendicatore solitario avvolto in un alone di mistero. Finalmente un personaggio fuori dalla schiera dei "buoni" di cui poter prendere (moderatamente!) le parti.
Ecco però che arriviamo ai punti dolenti di questa pellicola. Innanzitutto una bocciatura completa del personaggio di Carol Wallace, figlia dell'ammiraglio Marcus. La sua bellezza tipicamente artificiale si affianca ad una presunta intelligenza poco credibile, dando così origine ad un personaggio femminile utilizzato come amo da pesca nel trailer, ma di fatto inutile per lo svolgimento della storia. Seconda pecca: tanta "fanta" e poca scienza. Possiamo chiudere un occhio sulle futuristiche tecnologie, ma alcune scene richiedono un certo sforzo di volontà per essere accettate da chi conosce, anche minimamente, le leggi della fisica.
Ma nonostante questi incidenti di percorso, Into Darkness risulta essere un film più che riuscito, un'occasione per evadare un poco dalla quotidianità e fare un volo nello spazio.

martedì 2 luglio 2013

La perfezione distorta de "Il Mondo Nuovo"



«Le utopie appaiono oggi assai più realizzabili di quanto non si credesse un tempo. E noi ci troviamo attualmente davanti a una questione ben più angosciosa: come evitare la loro realizzazione definitiva? [...] Le utopie sono realizzabili. La vita marcia verso le utopie. E forse un secolo nuovo comincia; un secolo nel quale gli intellettuali e la classe colta penseranno ai mezzi d'evitare le utopie e di ritornare a una società non utopistica, meno "perfetta" e più libera.»
[Nicola Berdiaeff – dall'epigrafe de Il Mondo Nuovo]



Brave New World (titolo originale del famoso romanzo di Aldous Huxley) esce nel 1932, in un clima politico assai inquietante. In Europa si stanno consolidando le ideologie militaresche dei diversi totalitarismi, le nuove parole d'ordine sono “programma” e “organizzazione”. Si tratta dunque di un mondo in pericolo, dove l'intervento massiccio dello Stato nella vita privata e la massificazione generale della società minacciano la conservazione dell'individualità.
Sono questi infatti gli oggetti della pungente critica huxleyana, che si propone di rovesciare l'ordine della perfezione e del benessere sociale a cui ammiccano i governi totalitari. Ne Il Mondo Nuovo, Huxley capovolge l'utopia nella distopia utilizzando una satira irriverente. La narrazione è limpida, tuttavia polemica, declamata, quasi favolistica: un particolare tono di sfida si ritrova nella macchinosa construzione del paradosso, nello smantellamento del buon senso e dei luoghi comuni.
Nel mondo di Huxley il calendario segue la numerazione dell'Anno di Ford, il fondatore dello Stato Mondiale perfetto, i cui principi sono: Comunità, Identità, Stabilità. In nome di questi valori, grazie ad uno sviluppo tecnologico senza precedenti, la società è stata suddivisa in classi sociali fisse, determinate dal corredo genetico. Le nascite infatti sono realizzate totalmente con metodi artificiali, si potrebbe dire “in serie”, e ad ogni categoria sono assegnate caratteristiche psico-fisiche che permettono di raggiungere un livello di benessere e felicità “appropriato”. Il condizionamento psicologico viene effettuato col sistema dell'ipnopedia, cioè l'insegnamento nel sonno condotto grazie a particolari apparecchi radio durante tutto il periodo dell'infanzia.
In questa realtà paradossale si sviluppa la storia di Bernardo Marx, appartenente alla prestigiosa classe Alfa Plus, ma dall'animo sovversivo. Accompagnato da Lenina Crowne, una donna perfettamente inquadrata nel sistema, il protagonista si reca nelle terre sconosciute dove incontra John il Selvaggio. Il giovane tenta di spiegare a Bernardo la necessità di recuperare la naturalità, di salvaguardare le tradizioni, di credere nella fede e nell'amore. Colpito dalla sua stravaganza e affascinato dalla possibilità di diventare famoso e venerato, Bernardo porta John nel Mondo Nuovo per mostrarlo alla Comunità come un fenomeno da circo. Tuttavia il ragazzo, incapace di adattarsi alla società alienante e tecnicizzata, si ritira in isolamento conducendo una vita da penitente. Infine, dopo una notte inconsapevole di danze orgiastiche, si toglie la vita sopraffatto dall'orrore per il proprio comportamento immorale. Questo racconto, in apparenza lineare, nasconde tematiche complesse. Analizzando il processo di trasformazione della moderna società industriale, Huxley individua i pericoli dell'efficientismo, della burocrazia, del consumismo, della quantificazione dei principi vitali. L'estraniazione dell'uomo dalla sua essenza biologica, sottolineata dal processo di fecondazione e nascita artificiale, è una forma di dissoluzione totale dell'individuo, una rottura del suo rapporto organico col mondo. Come modello da opporre a tale realtà disumanizzante, lo scrittore riprende il mito del buon selvaggio roussoiano, incarnato dallo sventurato John. Il Selvaggio rappresenta il recupero dell'aggressività istintuale, una calata nel mondo dell'inconscio; ciononostante non diventa un eroe, ma rimane una vittima del sistema, trasformato da figura utopica a simbolo distopico. La denuncia huxleyana non risparmia l'automatismo nel processo lavorativo, la razionalità produttivistica e l'omologazione forzata, alcuni dei grandi mali dell'età moderna che hanno portato alla catastrofe della Seconda Guerra Mondiale.

lunedì 1 luglio 2013

Estate!

Ebbene sì, cari lettori, vi avevo abbandonato per un po'. D'altronde l'avevo previsto: gli ultimi due mesi di quinta liceo ti assorbono completamente. Che sollievo sapere che finalmente l'estate inizia anche per me!

Si chiudono oggi i miei giorni da liceale, dopo il colloquio d'esame tanto atteso e tanto temuto. Mi volto indietro e ritrovo in un ricordo tutti i momenti belli di questi cinque anni. Sono tanti, innumerevoli, e mi lasciano così, con una lacrima e un sorriso. Sarà forse un po' di malinconia?
Ma come si dice: si chiude una porta...

Aria fresca, luce del sole, frutta dolce e tanto relax, ecco ciò di cui ho bisogno! Anche il blog prende una boccata d'aria e si rinnova, indossando finalmente un abito estivo. Vi piace questo nuovo look?
Presto tornerò a dedicarmi alla scrittura, ho tante idee che mi frullano in testa! Vi farò anche un piccolo regalino: pubblicherò alcune sezioni della mia tesina di maturità.

A presto!

P.S. Siete pronti per il primo tuffo? :)

domenica 7 aprile 2013

domenica 31 marzo 2013

Stuff dreams are made of



Silenzio poi uno squillo di telefono un martellare nella testa drin tic drin toc rumori dallo spazio profondo: stuff dreams are made of a metà fra la veglia e il sonno formulo pensieri che sfuggono e non diventano immagini ma ombre chissà perché mi chiedo e penso ancora questo è il sogno o la realtà qual è il confine cerco di afferrare l’attimo impossibile ma la mente oscilla come un pendolo tic toc tic toc drin tic drin toc un telefono rumori dallo spazio profondo ecco questa forse è la linea invisibile due mondi separati stanno per toccarsi ecco sono ormai vicini e invece no altri pensieri arrivano come onde di un mare impazzito questo non è ancora il sogno e allora immagino persone immagino dialoghi poi una voce a cui rispondo la più bella delle voci ma svanisce in un sussurro un soffio che ora è un vento un fruscio di pagine è questo il sogno mi chiedo all’improvviso però sento il morbido guanciale ero ad un passo dunque ad un passo dal confine ma come lo raggiungo come posso percepire il passaggio è un’ossessione questa un martellare nella testa drin suona davvero questo telefono suona o lo sto immaginando mi chiedo tic toc tic toc è un pendolo non un telefono rumori dallo spazio profondo, drin sicuramente un telefono ma perché nessuno risponde tic toc no è un pendolo è senza dubbio un pendolo drin telefono tic pendolo drin telefono toc pendolo drin tic drin toc rumori dallo spazio profondo…




[Ok, esperimento letterario di dubbia riuscita, ispirazione nata direttamente dagli sbadigli davanti al pc, ho cercato di esprimere la confusione di pensieri di chi sta per addormentarsi e cerca invano di cogliere l'attimo inafferrabile fra il sonno e la veglia]


The Stuff that Dreams are made of  - John Anster Fitzgerald


lunedì 25 febbraio 2013

Wuthering Heights

Whatever our souls are made of, his and mine are the same...
... If all else perished, and he remained I should still continue to be; and if all else remained and he were annihilated, the Universe would turn to a mighty stranger... My love for Heathcliff resembles the eternal rocks beneath - a source of little visible delight, but necessary. Nelly, I am Heathcliff! He's always, always in my mind - not as a pleasure, any more than I am always pleasure to myself - but, as my own being - so, don't talk of our separation again - it is impraticable.
[da Cime Tempestose di Emily Brontë]

Una delle più appassionate, tormentate e totali dichiarazioni d'amore di sempre.



giovedì 14 febbraio 2013

domenica 10 febbraio 2013

Run for your life


Se un giorno vi svegliate e trovate questa... cosa blu nel vostro giardino, preparatevi a correre.

Immagini e parole

Quando si parla del potere dell'immagine, sia in positivo che in negativo, spesso ci si riferisce ai più moderni mezzi di comunicazione, come la televisione, il cinema, il web. Ma le informazioni che riceviamo attraverso le immagini non sono solo quelle degli spot pubblicitari, dei servizi al telegiornale o degli effetti speciali al cinema. Il potere visivo è così forte perché noi percepiamo in massima parte la realtà come immagine.
Il senso della vista nell'uomo è sicuramente il più sviluppato e quello grazie al quale, fin dall'infanzia, assimiliamo la quasi totalità delle informazioni che provengono dal mondo che ci circonda.
Il bambino apprende, innanzitutto, per imitazione: osserva ciò che fa il genitore e tenta di farlo a sua volta. Non è un caso, inoltre, che i libri per l'infanzia siano caratterizzati dalla presenza di numerose immagini. Il bambino è affascinato dalle figure e dai colori: nella sua mente i disegni dei libri cominciano a "muoversi" e a "parlare", insomma inizia quel processo immaginativo di creazione che lo accompagnerà ogni volta che si troverà fra le mani un libro avvincente. Tuttavia il "salto" dal libro con le figure al libro di sole parole è difficile per molti bambini e determinerà il loro futuro di lettori.
Qui entra in scena l'altro fondamentale mezzo di comunicazione, ovvero la parola scritta. Non bisogna sottovalutare il suo potere, anzi è necessario dire che attraverso la scrittura si possono trasmettere messaggi che le immagini rischiano di banalizzare o semplificare in modo eccessivo.
La parola scritta, in fondo, è alla base di un universale sistema d'apprendimento: nonostante l'utilizzo di nuovi media per approfondire o per rendere più accattivanti alcune tematiche affrontate sui banchi di scuola, qualsiasi metodo di studio è pressoché incentrato sull'analisi di testi scritti. Inoltre, che senso avrebbe proporre ai giovani lo studio della letteratura se non la si considerasse di importanza fondamentale per lo sviluppo della società? Non si può negare infatti che intellettuali e scrittori di ogni tempo abbiano espresso o influenzato il pensiero della collettività. Per fare un esempio estremo si puo' citare l'effetto che ebbe il Werther di Goethe su numerosi rampolli della borghesia ottocentesca, a tal punto colpiti dalla drammatica vicenda del protagonista, da essere spinti loro stessi al suicidio. Se questo non è potere della scrittura!
Dunque la questione rimane aperta: quale fra l'immagine e la parola scritta, è il mezzo più efficace e immediato di comunicazione?
Se consideriamo l'immediatezza, allora la risposta è sicuramente l'immagine. Perché un'informazione che arriva attraverso un'immagine è già pronta, non ha bisogno di ulteriori elaborazioni della nostra mente e colpisce direttamente la nostra sfera emotiva. L'immagine quindi è facile, "alla portata di tutti", e quindi largamente utilizzata per influenzare le masse. Tra pubblicità, moda e propaganda, viviamo in un mondo fatto di immagini: si pensi ai manifesti affissi ad ogni angolo della città, ai volantini distribuiti per strada, alle foto appariscenti ai lati di ogni pagina web, agli innumerevoli video promozionali su ogni canale della televisione.
Se invece ci occupiamo dell'efficacia, l'immagine non sempre riesce ad esprimere con pienezza i concetti che vorrebbe trasmettere. Si rischia una comunicazione superficiale, che si limita all'apparenza e all'impatto emotivo. Il messaggio di fondo potrebbe rimanere incompreso, o peggio, male interpretato.
Consideriamo allora il valore della parola scritta. La descrizione di un paesaggio suggestivo, la narrazione di rocambolesche avventure, ma anche un articolo di giornale dal tono tagliente o un discorso appassionato, coinvolgono una parte di noi che rimane nascosta quando ci affidiamo solo alla vista. Questa parte non è altro che l'immaginazione, la fantasia, la capacità mentale di creare le nostre immagini. Si tratta di un processo di elaborazione di dati che puo' consistere nella creazione di una vera e propria "realtà virtuale" (per esempio, nel caso si stia leggendo un romanzo avvincente) oppure, più semplicemente, nella costruzione di schemi mentali per assimilare informazioni complesse e "disporle" nella nostra mente in una forma a noi più congeniale. Con l'uso dell'immaginazione, ognuno di noi rende proprie e arricchisce le informazioni provenienti dall'esterno, acquistando dunque una conoscenza più profonda.
Concludendo, sebbene l'immagine sia un valido strumento per semplificare concetti complessi, trasmettere informazioni in modo immediato o anche suscitare particolari emozioni, la parola scritta ha un potere maggiore: aprire la mente. E' la parola scritta, infatti, che ci permette - come si dice in gergo - di pensare con la nostra testa.



PS. Teniamo a mente le parole di Umberto Eco:
... È la stessa ragione per cui saper leggere allunga la vita. Chi non legge ha solo la sua vita, che, vi assicuro, è pochissimo. Invece noi quando moriremo ci ricorderemo di aver attraversato il Rubicone con Cesare, di aver combattuto a Waterloo con Napoleone, di aver viaggiato con Gulliver e incontrato nani e giganti. Un piccolo compenso per la mancanza di immortalità.