sabato 19 luglio 2014

Questioni di equilibrio



[Articolo pubblicato sul Magazine  dei 30 anni della mia scuola di danza]

Nella danza l’equilibrio è fondamentale e ci sono molti esercizi per migliorarlo, fino ad arrivare al punto di non sentirsi più “in bilico” sulla punta della scarpetta, bensì perfettamente in asse, pronti per girare e girare… Eppure a me capita molto più spesso di sentirmi in bilico e proprio adesso è uno di quei momenti. Solo che questa è la ricerca di un diverso tipo di equilibrio: sono in bilico fra l’emozione di raccontare l’avventura di una vita e la paura di riempire il foglio con un mucchio di banalità. Ecco, già “l’avventura di una vita” prende un tono troppo melodrammatico, ma credo non ci sia espressione migliore per farvi capire quanto la danza sia stata (e sia ancora!) parte integrante della mia vita. No, no, non continuerò con pensieri commoventi e frasi fatte: mi piace la franchezza nelle parole, per quanto possibile.
Il mio rapporto con la danza è qualcosa di molto concreto, non mi viene spontaneo associarlo al sogno o alla poesia, ma piuttosto ad un benessere famigliare, una felicità quotidiana. Quando dico “parte integrante” della mia vita, intendo che non potrei immaginare di aver vissuto in un modo diverso i quindici anni in cui la danza mi ha accompagnato. Sarebbe un po’ come pensare di essere nata e cresciuta in un’altra famiglia, in un altro posto. Se quel lontano giorno del 1999 non avessi fatto quel passettino dentro la palestra dove tante altre bambine indossavano graziosi vestitini e scarpette rosa, che ne sarebbe stato di tutti i bei momenti e le fantastiche persone che ho incontrato grazie alla danza? Ma, di nuovo, mi sto perdendo in sentimentalismi…
Ho parlato di concretezza: forse lascerò perplesse alcune persone per quello che sto per scrivere, soprattutto – immagino – per il fatto di non averlo mai detto chiaramente, prima d’ora. Ammetto che esprimermi a voce non è mai stato il mio forte e che tutt’ora, spesso, devo combattere contro un’incredibile timidezza. Per questo, col tempo, ho maturato la convinzione di essere molto più brava a mettere per iscritto quello che penso e sento. Così, ecco una buona occasione per chiarire le cose.
Già da diversi anni ho deciso che non avrei dedicato il mio futuro alla danza – o almeno – non nel senso di chi ne è innamorato al punto da farne una ragione di vita, una cosa che peraltro ammiro sconfinatamente. Tuttavia questo non diminuisce la mia passione nel praticare questa disciplina, che coltiverò fino a quando ne avrò la possibilità. Per me dunque la danza non rappresenta un sogno, bensì un’esperienza della quotidianità, che amo proprio per il suo essere assolutamente concreta. E non dimentichiamoci che la danza è arte e come tale è più concreta che mai, perché se non ci fosse qualcuno che fa arte e qualcuno che ammira l’arte, essa non avrebbe alcun significato. Ciò che conta per me, è quel qualcuno: in altre parole, le persone. Non c’è ambizione, competizione o invidia nella mia esperienza con la danza. C’è un desiderio di fare sempre qualche passo avanti, di imparare qualcosa di nuovo, di migliorare un po’ insomma. Ma tutto questo non avrebbe senso se non potessi condividerlo con nessuno. Quando ballo, la mia felicità sta nel sapere che sto ballando con persone a cui voglio bene e per persone a cui voglio bene, non mi serve altro.


Post scriptum
Se quelle che ho scritto siano banalità, lascio ai lettori la sentenza, ma forse si saranno chiesti perché abbia esordito con la parola ‘avventura’. Non era vita quotidiana di cui stavo parlando? Eh sì, ne abbiam passate delle belle negli anni! Ma questa è un’altra storia…

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