sabato 22 dicembre 2012

La fine del mondo

Ebbene, il fatidico 21 dicembre 2012 è passato senza significativi cambiamenti per la popolazione terrestre. Siamo tutti sopravvissuti, e forse un po' delusi (perché lo so che nonostante la vostra inappuntabile razionalità, in fondo a voi stessi, nascosta in un angolino, restava quella piccola insignificante domandina: chissà se poi succede qualcosa?). Pazienza, ci saranno altri tempi per alieni, asteroidi e tsunami.
Per ora consolatevi e riflettete leggendo questo brillante racconto di Stefano Benni, pubblicato su La Repubblica per celebrare il grande giorno.

PUBBLICHIAMO la seguente lettera recapitata ieri a duecento capi di Stato del mondo.
Gentili indigeni dirigenti del pianeta T34678, (nel vostro linguaggio" Terra"). 

Il mio nome è Ehy23gbsz44porzkbonalè e sono il direttore generale di Equicosmo, l'agenzia di riscossione tributi della galassia. Mi duole comunicarvi che domani scade il termine della cartella esattoriale inviatavi trent'anni fa. In questo documento si comunicava che siete stati multati per gravi danni all'equilibrio del sistema solare, evasione alla tassa sui rifiuti spaziali, occupazione abusiva di orbita e modifica climatica non autorizzata. La multa, con i diritti di mora, ammonta a: 34000 groz (un groz corrisponde al pil della Cina) per inquinamento e surriscaldamento atmosferico e oceanico 25000 groz per scioglimento ghiacciai 20000 groz per esaurimento riserve idriche, risorse petrolifere e deforestazione selvaggia 34236 groz per mancanza di politica alimentare e aumento della popolazione non sfamabile 11210 groz per estinzione di centomila specie animali e vegetali. groz per IMUPP (tassa sul primo pianeta) 131 groz per danni causati dai vostri satelliti a quelli che voi chiamate Ufo e sono invece i nostri autobus 27 groz per schiamazzi galattici, cioè superamento della soglia di rumori sgradevoli come esplosioni nucleari, MTV e musica negli ascensori 16 groz per spese di cancelleria (i nostri francobolli sono grandi come la vostra Svizzera) 3 groz per shopping non pagato di certa signora Minetti che ha acquistato su Alpha Centauri cosmetici, abitie una pelliccia di skuznzelk per conto della regione Lombardia Come forse sapete, visto i tanti film che avete dedicato alla Fine del Mondo, Equicosmo prevede in caso di inadempienza, la distruzione del pianeta debitore mediante lancio di asteroide gigante. Per voi è stato scelto Calcolino, un calcolo renale di un milione di tonnellate. Ma poiché noi siamo severi ma giusti, potete ancora rimediare.
Avete ventiquattro ore di tempo per ricostruire i ghiacciai, fermare le emissioni inquinanti, fornirci i dati di un piano alimentare mondiale, ricreare geneticamente il Dodo, e far pagare questa Minetti. Sappiamo che ventiquattro ore sono poche, ma avete avuto anni per pensarci. Il precedente avviso di multa fu comunicato a un vostro leader terrestre che si proclamava il più grande statista del mondo. Si comportò malissimo con la nostra postina saturniana, che ha sette culi, poi delirò di persecuzione interplanetaria. A differenza vostra, non prescriviamo i reati e le infrazioni. Potete però compilare il MRC (modulo rinvio catastrofe) il foglietto allegato di sette millimetri che contiene 23 milioni di voci. Un solo errore lo renderà non valido. Esso dovrà pervenire entro al nostro ufficio Perdoni e Dilazioni entro un anno equicosmico, cioè tre secondi terrestri. Uno, due, tre, tempo scaduto.
Anche a noi piace scherzare! Essendo noi di Equicosmo severi ma corruttibili, comunichiamo altresì che un'ora prima dell'impatto con l'asteroide, alcune nostre astronavi atterreranno in piazza San Pietro, nella Death valley e nella salina di Sal'e Porcus. Pagando il biglietto di un groz, o l'equivalente in oro o bund tedeschi, potete avere il biglietto. Possiamo portare in salvo duemila terrestri. La cifra non è comprensiva dei pasti a bordo e va inviata entro mezzanotte al seguente conto: Maya 346, Bank of Cayman, o consegnata a mano all'avvocato Taormina, o ai topi con apposita divisa da hostess, nostri rappresentanti sulla terra. Non pensate a una truffa. Se avete dei dubbi sulla serietà del nostro provvedimento vi informiamo che la nostra stima, una volta avviata la procedura di cancellazione, è che il numero di superstiti umani sia di circa 18 unità. Divertitevi coi vostri soliti sondaggi a capire le loro intenzioni di voto.
Ci dispiace di chiedervi questo sacrificio, comunque necessario per gli equilibri interstellari della cosmozona. Vi diamo comunque un po' di tempo per trasferirvi sul vostro pianeta di scorta, da dove potrete sicuramente assistere all'esplosione in diretta.
Ps. All'ultimo momento ci comunicano, con nostro grande stupore, che voi non avete un pianeta di scorta, ma che la terra è l'unico pianeta che avete a disposizione. Da come vi siete comportati, proprio non sembrava. Purtroppo la procedura è avviata e Calcolino è in viaggio. Potete comunque presentare un reclamo. Ci duole però informarvi che il nostro ufficio reclami è chiuso per le feste stramagniche, che sarebbero le vostre ferie natalizie, e riaprirà il giorno terrestre 27.
Spiacenti. Eravate divertenti, nella vostra stupidità, abbiamo riso molto vedendo la conferenza sul clima di Doha, adoriamo i vostri drammi sugli arbitraggi calcistici e il vostro sport di ammazzare le ex fidanzate, e infine ci sarebbe piaciuto vedere quanti partiti si sarebbero presentati alle elezioni italiane. Ci mancherete. Cordiali saluti Per il servizio Equicosmo il direttore generale Ehy23gbsz44porzkbonalè
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STEFANO BENNI

sabato 8 dicembre 2012

E' facile essere giovani?



 Dopo aver visto tutto il lato negativo (Gioventù avariata) della realtà delle nuove generazioni, ecco una breve riflessione psicologica sulle possibili difficoltà dell' essere giovani al giorno d'oggi.
Enjoy!
 
Molte persone, raggiunte le soglie della vecchiaia, si voltano indietro a guardare con nostalgia i loro anni verdi. Nel ricordo si mescolano gioie e rimpianti, soddisfazioni e rimorsi, ma la sensazione complessiva è quella di un’età in cui tutto era possibile.
A vent’anni si può ben dire di avere il futuro davanti. Eppure ciò non significa semplicemente essere liberi e “onnipotenti”, ma anche (e soprattutto) l’affrontare scelte difficili, spesso senza l’esperienza necessaria. E’ questo il momento in cui bisogna trovare la risposta alla domanda “cosa farai da grande?”, questo il momento in cui avviene il primo grande distacco dall’ambiente famigliare, questo, insomma, il momento in cui si prendono in mano le redini della propria vita. In questo senso si può dunque interpretare l’affermazione dello scrittore Paul Nizan: «Avevo vent’anni. Non permetterò a nessuno di dire che questa è l’età più bella della vita.»
Tuttavia, avere vent’anni nel 2012 non è la stessa cosa che averli avuti negli anni ’20. Può sembrare contraddittorio, ma essere giovani nel XXI secolo è allo stesso tempo più facile e più difficile di quanto lo sia stato in passato.
Innanzitutto, in che modo può essere considerata facile la vita di un ventenne dei nostri giorni? La questione si può ridurre ad una semplice frase e cioè che per i giovani d’oggi è “tutto pronto”. I nuovi media garantiscono un’informazione istantanea e totale, i numerosi elettrodomestici nelle case svolgono tutti i lavori manuali più faticosi, ed anche spostarsi è sempre più facile, se si considera che in Italia esiste in media un’automobile per persona. Molti genitori, inoltre, non riescono a vivere serenamente la crescita dei loro figli. C’è infatti la tendenza a considerarli bisognosi di tutte le possibili attenzioni, sebbene ormai non siano più bambini, cosa che ritarda sempre di più il momento in cui diventeranno indipendenti e in grado di badare a se stessi.
Questa vita “facile”, anche solo cinquant’anni fa, era impensabile. Prima dell’arrivo della televisione nelle case e prima della creazione del web il mondo dell’informazione era ancora cartaceo e non sempre accessibile a tutti. Senza tutte le facilities con le quali oggi conviviamo (quasi senza rendercene conto), i giovani dovevano essere in grado di supportare i genitori nella gestione della casa e ben presto diventavano autonomi.
Tuttavia le difficoltà non sono diminuite col passare degli anni, hanno semplicemente cambiato natura. Possiamo dire infatti che oggi il problema di fondo è di tipo psicologico.
La società odierna è terribilmente complessa ed alienante, in balia di regole su regole, plasmata da mode e tendenze. E’ una realtà sì affascinante per le opportunità che offre, ma allo stesso tempo spaventosa per la sua vastità ed i suoi molteplici aspetti. E’ naturale, quindi, sentirsi spaesati nel momento in cui ci si affaccia alla finestra e si osserva il mondo fuori, così lontano dalle rassicuranti mura domestiche.
Analogamente si può parlare della paura del futuro, in questo momento più sentita che mai. Le nuove generazioni hanno perso la fiducia nell’avvenire. La crisi, ormai non solo economica e non limitata al nostro Paese, sta annientando lo spirito, l’entusiasmo e la speranza che da sempre caratterizzano i giovani. Ben diversi erano i favolosi anni Sessanta,  in cui si affrontavano con passione tutti gli ostacoli e si era certi che il futuro avrebbe portato un incredibile benessere.
Concludendo, forse i vent’anni non sono stati per Nizan l’età più bella, ma nessuno può dirlo finché non li ha vissuti: l’importante è non farsi abbattere dalle difficoltà.

lunedì 3 dicembre 2012

Più consapevolezza, meno consumo: non sottovalutiamo il valore del cibo

Il cibo, non solo come energia fondamentale della vita, ma anche (e soprattutto) come fattore di sviluppo sociale, non casualmente è stato quest'anno il filo conduttore della Conferenza Mondiale sul Futuro della Scienza, svoltasi a Venezia nel secondo weekend di settembre. [n.d.a. In realtà è stato l'argomento della IV Conferenza, svoltasi nel 2008. Ho dovuto attualizzare l'evento in quanto risultava più coerente per il tema in classe.)
Il Convegno, promosso dalla Fondazione Umberto Veronesi, ha visto alcuni fra i maggiori scienziati del mondo impegnati in un interessante dibattito sulle questioni più complesse relative all'alimentazione, dai rischi per la salute, al problema della denutrizione.
La discussione offre sicuramente numerosi punti di riflessione, ma rende anche chiaro quanto sia necessario e urgente un progetto di educazione alimentare su scala mondiale. Si riscontra infatti un doppio problema, solo apparentemente paradossale. Da una parte, in questi ultimi anni, è aumentato in modo esponenziale il numero dei bambini (e non solo) affetti da obesità nei paesi industrializzati. Dall'altra, secondo i dati FAO, più di un miliardo di persone si trova tutt'oggi in condizioni di malnutrizione e denutrizione nei paesi in via di sviluppo.
In realtà, la compresenza nel mondo di obesità e di morte per inedia non è qualcosa di incomprensibile perché l'una dipende dall'altra ed in particolare la mancanza di risorse vitali per le popolazioni più povere è causata dall'eccesso di consumi degli Stati "benestanti".
I Paesi sviluppati, Stati Uniti in primis, hanno applicato il modello consumistico - già sbagliato di per sé - al cibo e all'alimentazione, rendendolo una semplice merce. E' quanto sostiene Carlo Petrini, fondatore di Slow Food. Egli afferma infatti che «per quanto riguarda il cibo abbiamo ormai perso la percezione della differenza fra valore e prezzo: facciamo tutti molta attenzione a quanto costa, ma non al suo più profondo significato». L'organizzazione Slow Food, che già con il solo nome spiega la propria ideologia in netta opposizione al consumistico fast food, si propone di valorizzare la piccola produzione e la qualità dei prodotti locali delle singole regioni. Infatti, il consumo sfrenato alimenta anche trasporti lunghi e inquinanti, problema che si ricollega subito alla questione dello spreco e dei rifiuti. Ma non si tratta solo di una questione economica.
Sebbene non si possano eliminare la povertà e la denutrizione con le sole parole, si può - anzi si deve - promuovere un nuovo modo di approcciarsi al cibo. L'idea che deve essere trasmessa alle popolazioni degli Stati più ricchi è che "mangiando bene" e in un modo consapevole si possono migliorare le condizioni di vita di moltissime persone "meno fortunate".
Per incoraggiare questo modo di pensare potrebbe essere efficace focalizzare l'attenzione sui principi di un'alimentazione corretta. Tutti affermano di conoscere la cosiddetta piramide alimentare, ma pochi in effetti la rispettano. Secondo i dati di una ricerca della SIPREC (Società Italiana per la Prevenzione Cardiovascolare) l'80% della popolazione italiana mangia ogni giorno pasta molto condita accompagnata dal pane, il 45% consuma formaggi più di tre volte alla settimana.
Ma nutrirsi in modo disorganizzato può essere molto rischioso per la salute, soprattutto se ad un'alimentazione inadeguata si unisce una vita sedentaria. E' così infatti che si sviluppano obesità e altri danni all'organismo legati ad essa. E i dati sono sempre più preoccupanti: un recente studio dell'Istituto Superiore di Sanità afferma che il 67% degli uomini e il 57% delle donne in Italia sono sovrappeso. «Chi mangia svolgendo altre attività» scrive inoltre Silvia Maglioni in un suo articolo su www.leonardo.it  «come ad esempio navigare in Internet, è più propenso ad esagerare e ha più voglia di dolci».
D'altro canto, anche la scelta dei prodotti di consumo occupa una posizione centrale nell'educazione alimentare. E' impressionante la diffusione dei ristoranti fast food e il loro successo sconsiderato in Italia, da secoli famosa per la sua cucina unica al mondo. Così come è sconvolgente sapere che il formaggio più venduto nel nostro Paese è il Philadelphia, prodotto negli Stati Uniti e ormai simbolo della globalizzazione per la sua esportazione in tutto il mondo.
Il problema del consumismo si unisce allora a quello della globalizzazione, che sta inesorabilmente cancellando il valore della diversità dell'unicità di ogni singola cultura. L'alimentazione di un popolo contiene un'incredibile quantità di informazioni relative alla sua religione, al suo folklore, all'economia... Per conoscere appieno una civiltà è fondamentale conoscere anche la sua tradizione culinaria.
Per questo, nel 2010, l'UNESCO ha definito la Dieta Mediterranea patrimonio culturale immateriale dell'Umanità. Si legge, nell'atto ufficiale: «La Dieta Mediterranea è molto più che un semplice alimento. Essa promuove l'interazione sociale, poiché il pasto in comune è alla base dei costumi sociali e delle festività condivise da una data comunità [...]».
Nonostante queste belle parole, qualcuno potrebbe obiettare che non sempre è facile salvaguardare i prodotti locali: essi sono costosi e spesso difficili da trovare. Anche la soluzione del biologico, decisamente caro, sembra essere ormai una semplice moda, piuttosto che un'ideologia.
Meglio mangiare «poco e bene» come afferma un altro motto di Slow Food, ed ecco che il ciclo si chiude e torniamo alla questione della differenza fra valore e prezzo. Dobbiamo renderci conto che  il risparmio non è effettivo se acquistiamo prodotti di assai bassa qualità.
Scegliendo invece di ridurre i consumi e di rivolgerci al meglio, la nostra alimentazione non sarà semplice "nutrizione", ma un'azione sociale e sostenibile. Il nostro benessere sarà anche quello degli altri.

domenica 25 novembre 2012

domenica 11 novembre 2012

Riscoprire il teatro

E' stata una decisione presa così, di getto, senza pensarci troppo.
Un amico ci chiede: "Venite con noi a teatro, sabato prossimo, a vedere La visita della vecchia signora?"
"Perché no?" rispondo. Anche una mia compagna di classe ha un piccolo ruolo, sono incuriosita.
Solo in seguito ho realizzato che le mie conoscenze in ambito di teatro e recitazione erano assai scarse. Insomma, la prima e unica volta che avevo assistito, dal vivo, ad una rappresentazione teatrale, risaliva a circa dieci anni prima. Si trattava di Aggiungi un posto a tavola, celebre commedia musicale italiana, interpretata allora da un gruppo di giovani appassionati di teatro, miei compaesani.
Strano a pensarci: mi ero divertita assai quella sera, ma da quel giorno non mi sono più avvicinata al teatro. Forse non ne ho avuto l'occasione, forse ho seguito altri miei interessi, forse non ho conosciuto le persone che avrebbero potuto farmi apprezzare maggiormente questa particolare arte.

Tutto questo per dire che ieri sera, sabato 10 novembre 2012, ho riscoperto qualcosa di incredibile.
Al Teatro dei Filodrammatici di Faenza, la compagnia Filodrammatica Berton ha messo in scena (era ormai la quarta serata) il dramma teatrale La visita della vecchia signora di Friedrich Dürrenmatt. Conoscevo l'autore per aver letto I Fisici, perciò pur non sapendo quasi nulla della trama, mi aspettavo già uno spettacolo dal sapore agrodolce.
E così è stato, perché l'opera non si può definire né una commedia, né un dramma a tutti gli effetti. Il grottesco, elemento ricorrente in Dürrenmatt, è più evidente che mai e le risate hanno sempre una punta di amarezza. Nel complesso, una storia inquietante in cui l'amato tema della giustizia è ancora protagonista. Qui l'epigrafe che si legge in Una storia semplice di Sciascia (una frase dello stesso Durrenmatt, tratta dal libro intitolato “Giustizia” del 1985) calza proprio a pennello.
 “Ancora una volta voglio scandagliare scrupolosamente le possibilità che forse ancora restano alla giustizia”

Ma non voglio scrivere un'analisi o una recensione dell'opera. Ciò che voglio spiegare è il complesso dinamismo di emozioni che ho provato durante la rappresentazione.
Molte volte mi è stato detto che il teatro è ben diverso dal cinema, che si stabilisce un contatto misterioso fra attori e pubblico. D'altro canto anch'io ho numerose esperienze di palcoscenico e so bene quanto sia emozionante un applauso fragoroso. Tuttavia c'è qualcosa in più della "carica" che comunica il pubblico battendo le mani.
Pochi minuti prima dell'inizio, a sipario chiuso, potevo sentire l'agitazione degli attori, quell'ansia piacevole che si prova prima di entrare in scena. Durante lo svolgimento della storia, invece, ero totalmente immersa nella vicenda, in un certo senso non diversamente da quando guardo un bel film. Eppure c'era una sostanziale differenza ed era il senso d'immediatezza.
Ho capito finalmente cosa significa che ogni rappresentazione teatrale è unica. Ho provato direttamente l'affascinante sensazione del qui e ora, che un film, per quanto ben realizzato, non riesce a trasmettere. Il teatro non comunica solo con le parole degli attori. C'è qualcosa che va al di là delle singole battute, della mimica, della tecnica. Questo qualcosa è difficile da descrivere così, nero su bianco, ma - per fare un esempio forse più comune - è lo stesso qualcosa che rende la musica dal vivo incredibilmente più emozionante di quella registrata.
I Greci lo chiamavano pathos, noi forse potremmo tradurlo con sentimento.

Concludo quindi con il proponimento di tornare presto a teatro e con l'esortazione ai miei lettori a fare altrettanto!

(Nel frattempo, se siete attori, amanti del teatro o del cinema, o semplicemente volete esprimere le vostre considerazioni, siete calorosamente invitati a lasciare un commento!)

ps. Sinceri complimenti a tutti gli attori della Filodrammatica Berton, nonché al regista Luigi Antonio Mazzoni, per aver realizzato uno spettacolo davvero suggestivo.

 

giovedì 8 novembre 2012

La donna



Quando la donna seduta di fronte a me si chinò per cercare qualcosa nella borsa, una pioggia di lunghi capelli biondi le coprì il volto e le mani.
In quel momento uno strano pensiero mi balenò nella mente, cioè che dietro quella chioma voluminosa potesse per un attimo rivelarsi il reale stato d’animo della donna, per tante ore di viaggio nascosto sotto una maschera impassibile. Un sorriso per un ricordo felice, una lacrima per un amore perduto, un’espressione corrucciata di stanchezza, chissà. Nessuno poteva sapere cosa celavano quei capelli chiari. Si era creato, in qualche modo, uno sfasamento temporale fra l’io interiore della donna e la realtà esterna. Il suo tempo personale aveva rallentato un poco il proprio corso ed ella era entrata in una dimensione appartata, più intima, per ritornare la vera se stessa, anche solo per alcuni istanti. Immaginavo allora un ghigno beffardo sul volto nascosto, che sembrava dire: «In questo momento sono libera, non avete alcun potere su di me»
Ma naturalmente tutto questo era un curioso gioco dell’immaginazione. Nemmeno mi ero accorta che la donna si era già risollevata e teneva fra le mani una minuscola busta di plastica contenente un gioiello. Mi presi allora la libertà di osservarla meglio, approfittando del suo sguardo abbassato sull’ornamento per non sembrare invadente.
Nel complesso si trattava di una persona piuttosto anonima, una comune signora di mezz’età che non si distingueva per un alcun particolare fisico, eccezion fatta per la corporatura decisamente robusta. Di certo non si poteva definire bella, ma non vi era alcun motivo per dire che fosse brutta.
Non sembrava, a giudicare dai vestiti e dagli accessori, particolarmente ricca, ma nemmeno aveva l’aspetto sciupato di chi suda per arrivare alla fine del mese. Insomma, era una persona qualsiasi.
Tuttavia c’era in lei qualcosa di dissonante, qualcosa che ad una sola occhiata suscitava nell’osservatore una sensazione di contrasto. Forse la mia fantasia correva troppo, ma non potevo fare a meno di pensare che quella donna portasse il fardello di un conflitto interiore. Per quale legge trascendente emanasse da lei questo senso di disagio, non avrei saputo dirlo. Poteva anche trattarsi semplicemente di una mia illusione.
Mi concentrai sul suo abbigliamento e, ad una più attenta analisi, notai particolari insoliti che prima mi erano sfuggiti. Portava strani occhiali da sole rotondi, dalla lente appena rosata e quasi trasparente, che indossati sul viso incorniciato dalla lunga capigliatura mi ricordavano lo stile un po’ hippy di John Lennon. Ma l’effetto di discordanza era dato soprattutto dall’abbinamento di una tuta di pile con degli stivaletti scamosciati molto in voga fra le ragazze più giovani. Mi chiesi quale attività richiedesse una combinazione di vestiti così particolare e formulai un’ipotesi tutta mia. Combinai dunque la presenza di un grande zaino nero da palestra, sul sedile accanto alla donna, con il leggero untore dell’attaccatura dei capelli, arrivando alla conclusione che stesse tornando a casa da un faticoso pomeriggio di ginnastica. Magari, per la stanchezza dopo l’esercizio fisico, aveva preferito tenere addosso la tuta cambiando solamente le scarpe.
Cercai di reprimere un ridicolo orgoglio per le mie brillanti capacità investigative, ripetendo a me stessa che si trattava solo di un modo per far passare il tempo.
Intanto, a causa di quel mio fantasioso divagare, avevo dimenticato la sensazione di incoerenza di poco prima. Stavo proprio ridendo delle mie assurde considerazioni, quando dalla piccola busta trasparente la donna estrasse un rosario.
La cosa mi sorprese notevolmente e inizialmente non ne capii il motivo. Dopotutto moltissime persone tengono al collo un rosario o un crocifisso. Eppure, nel gesto di mettere al collo il sacro ornamento notai una certa ostentazione che si accentuò poco dopo, quando la donna indossò un paio di grandi orecchini a forma di croce, sempre provenienti dalla busta di plastica. Non si trattava semplicemente di esibire i simboli del proprio credo religioso, la donna stava lanciando un messaggio chiaro e forte a tutte le persone presenti. Lei era cristiana, assolutamente devota, ed era felice perché aveva una certezza: la sua fede incrollabile le avrebbe garantito il meglio della vita.
Non mi stupii di osservare una nuova luce nei suoi occhi. Il viso mostrava ora un’espressione che racchiudeva sollievo e soddisfazione. Potevo addirittura scorgere una punta di orgoglio nella disinvoltura con cui adesso stava ripiegando la busta trasparente per rimetterla nella borsa.
La misteriosa sensazione di incoerenza di poco prima aveva dunque una spiegazione assai semplice.
La donna si trovava effettivamente a disagio, ma non per un profondo conflitto interiore, bensì perché si sentiva in qualche modo “nuda”, indifesa. Senza i simboli religiosi che indossava tutti i giorni, aveva perso una parte importante della sua identità. Forse per un attimo aveva persino dubitato della sua fede e questo l’aveva fatta sentire perduta. Forse nel momento in cui il viso era nascosto dai capelli aveva davvero versato una lacrima, ma non per un amore perduto. Più probabilmente per il rimorso di aver dubitato anche un solo istante.
Così ora, carceriera di se stessa, la donna si era nuovamente rifugiata tra le solide pareti della sua salvifica devozione. Prigioniera di un’idea, ma finalmente felice.
L’altoparlante annunciò con voce metallica la mia fermata: sorrisi educatamente e mi preparai a scendere.

The Artist - Tribute

In attesa che arrivi l'ispirazione per un nuovo post, carico un disegno che ho realizzato qualche tempo fa.
Ci sono momenti in cui mi sento davvero incapace di disegnare, ma riguardando questo, beh... Non mi sembra poi così male!

Che ne pensate?
[per ingrandire cliccate sull'immagine]


giovedì 11 ottobre 2012

Ah, l'amore!

Come promesso (vedere commenti in Gioventù avariata ), scriverò un post sul mistero affascinante della natura dell'amore. 
Generazioni di filosofi, sociologi, poeti, scrittori e scienziati addirittura, hanno provato a darne una definizione. Sembra riduttivo chiudere il significato dell'amore in poche righe, poiché sono innumerevoli le sfaccettature di questo sentimento così potente e così presente nella natura dell'uomo.
Io, che non sono una filosofa, né una sociologa, poetessa, scrittrice o scienziata, non mi sento all'altezza di dare una definizione personale, un giudizio di come dovrebbe essere l'amore. E' come la metafisica di Kant: mi sento predisposta a pensare all'amore, a desiderarlo, a cercare di comprenderlo, ma è qualcosa che trascende la razionalità e per questo posso coglierne solo alcuni aspetti. Una visione completa per me é impossibile. E' così anche per le altre persone? Forse.
E' per questo che vorrei aprire una discussione su questo bellissimo argomento. Se ognuno di noi porterà la propria idea dell'amore, esporrà i propri dubbi, o le proprie convinzioni, forse potremo imparare gli uni dagli altri qualcosa che prima non avevamo preso in considerazione.
Ci vuole però un punto di partenza, e io propongo questo. Di seguito riporterò alcune citazioni d'autore, scelte senza alcun collegamento fra loro, escluso il filo conduttore della discussione. Non saranno in ordine cronologico, né alfabetico. Alcune magari sembreranno banali, altre più meditate. Deciderete voi.
Dalle citazioni potrete trovare spunto per esporre una vostra idea dell'amore o per aprire un dibattito su questioni controverse. Aspetto i vostri commenti.
Nel frattempo, buona lettura!




"Liberatasi dal quel segno umiliante, Ester trasse un lungo sospiro nel quale parve esalare tutta la vergogna e l'angoscia che per sette anni avevano gravato sull'anima sua. Incomparabile gioia: dall'intensità di questa soltanto ella poté valutare quanto profonda fosse stata la pena. Con un altro gesto istintivo si tolse la cuffia austera che le imprigionava i capelli e lasciò che questi fluissero, a onde luminose, sulle spalle e restituissero finalmente al suo viso la dolce espressione di un tempo. Un sorriso tenerissimo e raggiante ritornò a splendere nei suoi occhi; e le gote, fino allora pallide e smorte, si colorirono d'un leggero rossore. Ella ridiventava giovane e bella, donna soprattutto, quale era stata in un passato che si crede irrevocabile, come per miracolo: per il miracolo della felicità che ella aveva intraveduta. E per una misteriosa simpatia delle cose intorno, quasi che cielo e terra fossero tristi della tristezza di quei due esseri umani, il cielo d'un subito si schiarì e un'ondata di sole scese dall'alto, investì la foresta, rise sopra ogni foglia verde, colorì d'oro ogni foglia morta, accarezzò teneramente i vecchi tronchi grigi e rugosi, mentre il ruscello restituiva, moltiplicata, quella luce improvvisa attraverso il mistero del bosco: non più mistero di tenebra, ma mistero di gioia. Tanto vasta e pronta era l'eco che la foresta - la foresta selvaggia e ignara di leggi - offriva alla felicità dei due amanti! L'amore, sia quando nasce, sia quando risorge da un letargo che era sembrato mortale, sprigiona tanta luce che tutto il mondo intorno se ne accende; ma quand'anche sulla foresta si fosse disteso ancora il livido cielo di dianzi, essa sarebbe apparsa egualmente inondata di sole agli occhi di Ester e di Dimmesdale."
[La lettera scarlatta, Nathaniel Hawthorne]



"Amore non possiede né vuole essere posseduto.Poiché ad amore è sufficiente amore.
Quando voi amate non dovreste dire: «Dio è nel mio cuore», ma piuttosto: «Io sono nel cuore di Dio».
E non pensate di poter dirigere il corso d'amore, poiché amore, se vi trova degni, dirige il vostro corso.
Amore non ha altro desiderio se non portare a compimento se stesso.
Ma se voi amate e dovete necessariamente avere desideri, fate che i vostri desideri siano questi:
sciogliervi ed essere come un ruscello che scorre e canta la sua melodia alla notte.
Conoscere la pena di troppa tenerezza.
Essere feriti dalla vostra stessa comprensione d'amore; e sanguinare di buon grado e pieni di gioia.
E svegliarvi all'alba con un cuore alato e rendere grazie per un altro giorno d'amore;
riposare nell'ora del meriggio e meditare l'estasi d'amore; ritornare a casa al vespro con gratitudine;
e poi dormire con nel cuore una preghiera per la persona amata e sulle labbra un canto di lode."
[Il Profeta, Kahlil Gibran]



"Così si dice che l'amore è cieco perché noi non vediamo più i difetti della persona amata. Ma, nello stesso tempo, vede più degli altri, perché nota le qualità e le bellezze che gli altri non colgono. Così l'amore è conquista però nello stesso tempo, sottomissione. L'amore è egoismo, sfrenato egoismo, eppure anche dedizione totale. L'amore è rispetto, ma non si ferma davanti al no dell'amato. E' tremore ma anche coraggio, è prigione ma anche libertà, malattia ma anche salute, felicità ma anche martirio. L'amore è un continuo domandare, ma è anche trepida attesa."
[L'erotismo, Francesco Alberoni]


"Cosa sarebbe per il nostro cuore un mondo senza amore? Sarebbe come una lanterna magica senza la luce…"

"Talvolta non posso concepire che un altro possa, osi amarla, mentre io l’amo così
unicamente, profondamente, intensamente, e non conosco, non so, non ho
che lei al mondo"

"Ho tante sensazioni in me e il pensiero di lei le assorbe tutte; ho tante cose, e senza di lei tutto è nulla per me…"
[I dolori del giovane Werther, Goethe]


"Gettai il braccio libero attorno alle spalle di Hassan e insieme ci mettemmo a saltellare, ridendo tra le lacrime. - Hai vinto Amir agha! Hai vinto! -
- Abbiamo vinto! Abbiamo vinto! - non riuscivo a dire altro. [...]
- Ora do la caccia all'aquilone azzurro per te - Lasciò cadere il rocchetto e schizzò via come un razzo, trascinando nella neve l'orlo del suo chapan verde.
- Hassan! - urlai - Torna con l'aquilone azzurro! -
Arrivato in fondo alla strada si fermò e con le mani attorno alla bocca mi gridò: - Per te questo e altro - " 
[Il cacciatore di aquiloni, Khaled Hosseini]


" - Cerco degli amici - disse il piccolo principe -Che cosa vuol dire 'addomesticare'?
- E' una cosa da molto dimenticata. Vuol dire 'creare dei legami'... -
- Creare dei legami? -
- Certo, - disse la volpe - Tu, fino ad ora, per me, non sei che un ragazzino uguale a centomila ragazzini. E  non ho bisogno di te. E neppure tu hai bisogno di me. Io non sono per te che una volpe uguale a centomila volpi. Ma se tu mi addomestichi, noi avremo  bisogno l'uno dell'altro. Tu sarai per me unico al mondo, ed io sarò per te unica al mondo. -
[...]
- Conoscerò un rumore di passi che sarà diverso da tutti gli altri [...] il tuo mi farà uscire dalla tana, come una musica. E poi, guarda! Vedi laggiù in fondo dei campi di grano? [...] I campi di grano non mi ricodano nulla. E questo è triste! Ma tu hai capelli color dell'oro. Allora sarà meraviglioso quando mi avrai addomesticato. Il grano, che è dorato, mi farà pensare a te. E amerò il rumore del vento nel grano... - "
[Il Piccolo Principe, Antoine de Saint-Exupery]


"Quando, alla luce incerta di un'alba piovosa d'aprile, posi per la prima volta le labbra sulla testina di mio figlio, mi parve che la vita per la prima volta assumesse a' miei occhi un aspetto celestiale, che la bontà entrasse in me, che io divenissi un atomo dell'Infinito, un atomo felice, incapace di pensare e di parlare, sciolto dal passato e dall'avvenire, abbandonato del Mistero radioso. Due lagrime mi si fermarono nelle pupille. Io stringevo fra le braccia la mia creatura, viva, viva, viva! Era il mio sangue in essa, e il mio spirito: ella era tutta me stessa, di già, e pur mi esigeva tutta, ancora e per sempre: le donavo una seconda volta la vita colla promessa, coll'offerta della mia, in queel lungo bacio lieve, come un suggello ideale."
[Una donna, Sibilla Aleramo]


"L'amore è come l'ossigeno! L'amore è una cosa meravigliosa, ci innalza verso il cielo! Tutto quello che ci serve è amore!"
"La cosa più grande che tu possa imparare è amare e lasciarti amare!"
[dal film Moulin Rouge!]


"Nel momento in cui Myu le sfiorò i capelli, Sumire si innamorò di lei immediatamente. Fu questione di un attimo, come quando uno, attraversando un campo sconfinato, viene all'improvviso colpito da un fulmine. Fu per lei una rivelazione artistica, un'illuminazione divina. per questo, almeno in un primo momento, che la persona in questione fosse una donna, non sembrò costituire un problema." 
[La ragazza dello Sputnik, Haruki Murakami]

Voi che per li occhi mi passaste ’l core
e destaste la mente che dormia,
guardate a l’angosciosa vita mia,
che sospirando la distrugge Amore.
[...]
[Guido Cavalcanti]

Amor, ch'a nullo amato amar perdona,
mi prese del costui piacer sì forte,
che, come vedi, ancor non m'abbandona.
Amor condusse noi ad una morte:
Caina attende chi a vita ci spense
[Inferno, Dante Alighieri]



Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris.
Nescio, sed fieri sentio et excrucior.
[Catullo]
 

 
I ragazzi che si amano si baciano 
In piedi contro le porte della notte
I passanti che passano li segnano a dito 
Ma i ragazzi che si amano
Non ci sono per nessuno
E se qualcosa trema nella notte
Non sono loro ma la loro ombra
Per far rabbia ai passanti
Per far rabbia disprezzo invidia riso
I ragazzi che si amano non ci sono per nessuno
Sono altro lontano più lontano della notte
Più in alto del giorno
Nella luce accecante del loro primo amore. 
[Jacques Prevert]



[...]Tesserò i tuoi capelli come trame di un canto.
Conosco le leggi del mondo, e te ne farò dono.
Supererò le correnti gravitazionali,
lo spazio e la luce per non farti invecchiare.
Ti salverò da ogni malinconia,
perché sei un essere speciale ed io avrò cura di te... 
[La cura, Franco Battiato]




[...]Ognuno di noi è dunque la metà di un umano resecato a mezzo com’è al modo delle sogliole: due pezzi da uno solo; e però sempre è in cerca della propria metà. E quanti risultano tagliati da quell’essere misto che allora si chiamava androgino, sono grandi amatori di donna, ed è da questo ceppo che provengono per lo più gli adulteri; e parallelamente le donne che da qui provengono vanno folli per gli uomini e sono adultere; invece quante donne risultano parte di femmina, per nulla pensano agli uomini, ma più volentieri sono inclinate alle donne, e da questo sesso vengono le tribadi; e quanti infine sono parte di maschio danno la caccia al maschio e finché sono fanciulli, cioè fettine di uomini, amano gli uomini e godono a giacersi e ad abbracciarsi con gli uomini. E questi sono i migliori fra i fanciulli e i giovani perché sono i più virili di natura. Certo alcuni li dicono impudenti, ma è falso; perché essi non si comportano così per impudenza, ma per l’indole forte, generosa e virile, in quanto amano ciò che è loro simile[...]
[Simposio, Mito dell'androgino, Platone]





Due parole sulla scelta delle citazioni.
Ho fatto una selezione un po' per istinto e gusto personale. Ho cercato, tuttavia, di inserire brani riguardanti diverse "tipologie" di amore (quindi anche l'amicizia e l'amore verso i figli) e diverse tematiche delicate (come l'adulterio, l'amore omosessuale...). Ma potete trovare anche le questioni dell'innamoramento, dell'amore che fa soffrire, dell'amore come dedizione totale.
Cosa ne pensate? Scrivete in tanti!

mercoledì 12 settembre 2012

Il Fabbricante di sogni - Modena City Ramblers




...e suono per le ragazze, per le serie e le sfrontate, perché non esiste donna che dica no a una serenata. 
  

sabato 8 settembre 2012

I racconti di Pietroburgo


Tra sogni e fantasmi, ecco l'inquietante Pietroburgo di Gogol'

Annoverata tra le più importanti opere di Nikolaj Gogol', I racconti di Pietroburgo è una raccolta di brevi storie dense di mistero e suggestione.
Gogol', senza dubbio uno dei maggiori scrittori della letteratura russa del XIX secolo, è ricordato allo stesso tempo come esponente del Realismo e come autore dallo stile visionario. Egli caratterizza i suoi racconti con una satira ben studiata, criticando l'ambiente burocratico (in cui egli stesso vive) e l'ambiente aristocratico-militare. Al primo accusa di collezionare funzionari dal titolo improbabile e di inutile ruolo, del secondo critica la superbia e l'ossessiva ricerca di potere e ricchezze. Ma questo sfondo di denucia sociale non è che un aspetto dell'opera di Gogol'.
Molto più evidente, soprattutto ne I racconti di Pietroburgo, è la capacità di dar luogo a situazioni assurde, oniriche e spesso tormentate. Scrive Tommaso Landolfi, traduttore della suddetta raccolta: "Essi [i racconti] possono rappresentare... quasi l'ideal fase di passaggio fra le produzioni gogoliane dell'estrema giovinezza e Le anime morte...; fra insomma le prime e le ultime speranze e la disperata crisi". Malato di nevrosi e destinato ad una profonda crisi religiosa prima della morte, Gogol' trasporta nei suoi personaggi la propria travagliata esistenza, creando per loro vicende grottesche e surreali. Il passaggio dall'impronta realistica a quella surreale è inoltre favorito dall'amicizia con il poeta Aleksandr Puškin, dal quale Gogol' trae presumibilmente ispirazione per le sue opere.
I cinque racconti di Pietroburgo, tratti in parte dall'opera Arabeschi (La Prospettiva, Memorie di un pazzo, e Il ritratto) e in parte da pubblicazioni singole (Il naso, Il mantello), sono stati raccolti in un unico volume dopo la morte dell'autore. Essi presentano alcuni temi comuni quali la crisi d'identità, la confusione tra sogno e realtà, l'illusoria felicità data dal denaro, la paura di compromettere la propria reputazione sociale. Vediamo ne Il naso una storia alquanto divertente dove il "rispettabilissimo" assessore di collegio Kovalev viene messo in ridicolo dal suo stesso organo olfattivo; ma passando subito a Il ritratto, entriamo nell'atmosfera cupa della vicenda del pittore Cartkov, che rovina la sua esistenza a causa di un quadro "maledetto"; e ancora in La Prospettiva ecco un altro pittore tormentato dalle visioni di un sogno ammaliante da cui non riesce a svegliarsi. Angosciante invece Il diario di un pazzo, apoteosi della perdita della propria identità; ed infine arriviamo a Il mantello, in cui la fama e il riscatto dello sfortunato protagonista arrivano soltanto dopo la morte.
I racconti di Pietroburgo è un'opera notevole, tuttavia non subito facile alla lettura per via del complesso periodare. La brevità dei racconti risulta perciò un punto a favore, poiché permette un graduale approccio allo stile particolare dell'autore. In conclusione, dunque, questa raccolta offre un'ottima opportunità per avvicinarsi alla grande letteratura russa, senza dover subito affrontare le imponenti opere dei celebri Tolstoj e Dostoevskij.

martedì 4 settembre 2012

Uomini e topi


«Perché ci sei tu che pensi a me... e ci sono io che penso a te»

Nell'America della Grande Depressione, il favoloso West accende una speranza nel cuore degli uomini. Giovani emigranti senza un soldo in tasca viaggiano di ranch in ranch cercando un qualsiasi lavoro che permetta loro di sfamarsi. Si spezzano la schiena a trascinare sacchi d'orzo, dormono in sporche baracche, bevono un whisky a fine mese e poi improvvisamente spariscono, alla ricerca di miglior fortuna. Tuttavia sono soli, induriti dall'ingiustizia e dalle fatiche. Per George e Lennie è diverso: loro sono una squadra. Coltivano in segreto un sogno di libertà e di riscatto, un sogno in cui potranno finalmente "vivere del grasso della terra". Forse si tratta solo di una vana illusione, eppure questo folle desiderio riscalda il loro animo, impedendo loro di trasformarsi in quegli "omacci" solitari, abbandonati dal mondo intero.
Arrivati nel ranch dove sono attesi, suscitano presto curiosità fra i lavoratori e sospetto nei padroni. Non si è mai vista una coppia di emigranti e tantomeno una coppia così strana. George, saggio ed accorto, è evidentemente una guida indispensabile per il gigantesco Lennie, tanto buono per la sua ingenuità quanto pericoloso per la forza che non sa controllare. Ed è proprio a causa di Lennie che George sta sempre all'erta, raccomandando all'amico di non avvicinare in nessun modo il figlio del padrone, il crudele Curley, e la sua bella moglie. Ma, come sempre, la tentazione è la peggior nemica dell'ingenuo. La tragedia inevitabile si abbatte sui protagonisti, infrangendo tutti i sogni, annullando tutti i progetti di una nuova vita.
Breve ed intenso, Uomini e topi si potrebbe meglio definire come racconto lungo, invece che romanzo. Si legge d'un fiato, ma lascia alquanto pensare.
Non si rimane colpiti solamente dai problemi sociali (l'emigrazione, la disuguaglianza, il razzismo), affrontati con un forte tono di denuncia. E' piuttosto la vicenda personale di ogni personaggio a segnare nell'intimo i lettori più sensibili. C'è innanzitutto il luminoso esempio di George, che tenacemente si prende cura di Lennie, nonostante sia per lui un ostacolo alla possibilità di fare fortuna. C'è il vecchio scopino Candy, storpio ma ancora fortemente attaccato alla propria dignità di lavoratore. C'è il povero garzone Crooks, condannato alla solitudine per il colore della pelle. C'è anche la moglie di Curley, civetta per natura, ma che nasconde una profonda infelicità. Il dramma dunque non è unico, ma composto della sofferenza di tutti. Ogni personaggio vive portandosi dietro il fardello del proprio dolore.
Forte di una traduzione d'autore (Cesare Pavese), questa breve storia di John Steinbeck, risalta anche nello stile e nella struttura. I numerosi dialoghi, il cui linguaggio colloquiale enfatizza il realismo della vicenda, conferiscono grande velocità al ritmo narrativo. Eppure non mancano minuziose descrizioni: è particolare l'effetto di circolarità dato dall'uguale ambientazione dell'incipit e del finale.
Uomini e topi, nonostante il modesto numero di pagine, non è un libro da prendere alla leggera. E' invece una lettura impegnativa che offre numerosi spunti di riflessione.




lunedì 3 settembre 2012

Il piacere delle piccole cose

Alle ore 12.59 l'autrice di questo blog scrive la prima riga del 100° post.
E' il 3 settembre 2012, il cielo è nuvoloso, la temperatura esterna è di 18°C. L'umidità è pari all'84%, mentre la velocità del vento è di 19km/h.
L'autrice di questo blog si trova attualmente nell'ufficio dove svolge lo stage estivo e tiene a specificare di essere in pausa pranzo.
Nell'ufficio accanto una radio è rimasta accesa e trasmette Se ci sarai dei Lunapop. Un telefono interno squilla, ma nessuno risponde. Rumore di tacchi: alcune impiegate stanno per uscire.
L'odore di caffé - c'è una macchinetta usata di frequente - si mescola all'odore della pioggia che proviene dalle finestre aperte.
All'autrice di questo blog ha appena cominciato a fischiare un orecchio e lei trova la cosa molto fastidiosa.
All'autrice di questo blog piace:
- Mettere in ordine i pastelli e i pennarelli, secondo la successione dei colori dell'arcobaleno
- Rispondere al telefono dell'ufficio, dandosi importanza
- Condire l'insalata con la senape
- Cercare di capire come si sente una persona, osservando i suoi gesti
All'autrice di questo blog non piace:
- Quando manca la luce in casa, di sera
- Parlare con le persone che portano gli occhiali da sole
- Aprire le pesche, senza riuscire a separare le due metà dal nocciolo
- L'odore di fumo in cucina quando una fetta di pane si brucia nel tostapane
L'autrice di questo blog ora vuole spiegare perché il post è scritto in questo stile inusuale. Spera che i propri lettori abbiano capito che si tratta di una citazione. La citazione - sempre meglio specificare - riguarda il film intitolato Il favoloso mondo di Amelie, regia di Jean-Pierre Jeunet, anno 2001, colore, sonoro, 120 minuti, lingua originale francese, titolo originale Le fabuleux destin d'Amélie Poulain, con Audrey Tautou nel ruolo di Amélie Poulain e Mathieu Kassovitz nel ruolo di Nino Quincampoix.

Ok, fine del gioco. :)
Il favoloso mondo di Amelie è un film particolarissimo. Divertente, un po' romantico, piuttosto surreale. Una voce narrante esterna sembra influenzare l'andamento della vicenda, i personaggi rivolgono occhiate furbesche alla telecamera, gag e situazioni esilaranti non mancano. Allo stesso tempo, colpisce la finezza di questa storia, la delicatezza con cui ogni personaggio è disegnato. Il favoloso mondo di Amelie è un invito a godere di tutti i piccoli piaceri che la vita ci offre ogni giorno, ma che noi spesso ignoriamo, noi sempre tesi verso l'irraggiungibile.

Particolarmente degna di nota è la colonna sonora, di cui vi propongo un bellissimo brano. Buon ascolto!



giovedì 30 agosto 2012

Una donna

Una donna
di Sibilla Aleramo

Pensare che molto di quel è raccontato sia capitato davvero all'autrice fa stare davvero male. Ma è inesprimible la gioia che comunica la protagonista nel parlare del suo bambino, dell'amore di quella piccola creatura sangue del suo sangue. Ed il sacrificio compiuto per salvare la propria dignità strazia il cuore di chi legge...
Allo stesso tempo, la storia di una donna così forte, spirito devastato e bellissimo, rende onore a tutte le donne che ancora oggi, in tutto il mondo, lottano per la parità dei sessi e per far valere i propri diritti... E' triste che ancora esista una "festa della donna", come se in tutti gli altri giorni il suo valore fosse trascurabile. E' triste che si debba ancora dire che le donne devono avere gli stessi diritti degli uomini. Questa idea deve scomparire e fondersi completamente in un'idea più grande e più aperta: non siamo uomini e donne, ma tutti esseri umani.














(in foto: Rina Faccio, in arte Sibilla Aleramo)

mercoledì 29 agosto 2012

Ferrara Buskers Festival 2012

Città di cultura e di biciclette, Ferrara ospita ogni anno (dal lontano 1988) artisti di strada di ogni genere e nazione, nell'ambito del Buskers Festival. Come scritto sulle magliette esposte presso i punti vendita del festival, un Busker è una persona che canta o suona per strada, a diretto contatto con il pubblico.
Quest'anno la manifestazione si è svolta nella settimana 18-26 agosto ed ha visto protagonisti, oltre a meritevoli musicisti, anche numerosi giocolieri, clown e mimi, che hanno ben conquistato l'attenzione dei più piccoli. Il caldo soffocante non ha scoraggiato turisti ed appassionati del festival, che hanno riempito le piazze e i vicoli, nonché i locali del centro per cercare un po' di frescura. E' stata stimata, infatti, la presenza di oltre 800mila visitatori, di cui molti giovani.

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Il Buskers Festival nasce come un'iniziativa volta alla valorizzazione della musica di strada, che non ha nulla da invidiare a tipologie di arte più "formali", ma che spesso viene disdegnata e addirittura vietata in certi Paesi.
Ma se si considera l'arte un mezzo per "comunicare" sensazioni, emozioni e passioni, allora la musica di strada è arte al cento per cento. Non c'è contatto più diretto fra artista e pubblico: i musicisti sono lì, a pochi passi. Se poi, con un po' di fortuna si riesce a conquistare un posto in prima fila, allora non si può rimanere estranei alla loro carica travolgente.
Sebbene il loro "cappello" sia sempre pronto per accogliere offerte, i Buskers non suonano per denaro, né per desiderio di gloria. Si legge la passione nei loro occhi - assorti, sorridenti, deliranti talvolta - e questa passione invade, inevitabilmente, chi li ascolta, invitando tutti a ballare, cantare, battere il ritmo, insomma a partecipare allo spettacolo. E' questa la cosa più bella della musica di strada: non si è semplici spettatori, ma si partecipa a realizzare e a migliorare l'esibizione, unendo il proprio divertimento a quello degli artisti e delle altre persone.
Tuttavia, la musica di strada non è solo svago, ma anche fonte d'insegnamento. E' incredibile come sia facile, grazie ai Buskers, scoprire (e incominciare immediatamente ad apprezzare) nuovi tipi di musica, ai quali prima non si era data la minima attenzione. Jazz, Folk, Country, Swing, Reggae, Ska... Generi poco conosciuti dalle masse infatuate dalle canzonette commerciali. Eppure si vedono in piazza, radunate a cerchio intorno a band sconosciute, persone di ogni età rapite nel più puro divertimento. Questo è il segno che la buona musica non è ancora stata sconfitta. Nonostante tutto, la musica è ancora bella solo per se stessa, non per il nome di chi la crea.
E ancora, essere musicisti di strada vuol dire anche essere inventori. Perché con un violoncello non si suona solo musica classica, perché non importa avere la batteria per suonare il rock, perché si può fare delle bottiglie di vetro un ottimo strumento. La capacità di creare musica "improbabile" è un merito notevole per i Buskers, che spesso hanno più originalità di tanti idoli musicali oggi decantati.
 
Passione, divertimento, emozione, ma anche sacrifici... La musica di strada riassume la vita di uomini liberi.

***

Dopo questa breve apologia di un'arte considerata "da poveri", segnalo i gruppi che più mi hanno colpito, durante la mia visita al Buskers Festival.

ABC - Against Babylon Corporation















Skarallaos
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The Bottles Boys
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Bandaradan
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Cornalusa
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lunedì 27 agosto 2012

Sostiene Pereira

A quale prezzo si ottiene la libertà?

Pereira sembra tutto fuorché un eroe: un giornalista vecchio, grasso e profondamente solo.
Eppure Pereira è un eroe. La sua è una lotta silenziosa, nascosta fra le righe degli articoli che scrive per la pagina culturale del Lisboa, un giornale cattolico perfettamente inquadrato nel regime Salazarista. La sofferenza di Pereira, che non può scrivere liberamente e vede fuggire tutti gli intellettuali dal suo Paese, spira dalle pagine insieme alla caligine di un'afosa Lisbona degli anni '30, teatro di questo dramma - non solo -  interiore.
Sebbene Pereira si lamenti continuamente, con il quadro di sua moglie, di quel Monteiro Rossi che lo sta mettendo nei guai, per qualche motivo continua ad aiutarlo. Per un qualcosa, una sensazione che non sa - o non vuole - spiegarsi, Pereira conserva in un cassetto tutti gli articoli "impubblicabili" del giovane. Ed il giorno in cui l'ingiustizia trionfa, Pereira capisce che il suo ruolo è cambiato e il Portogallo non è più un posto adatto a lui.
"Sostiene Pereira", questa frase che dà il titolo al romanzo e si ripete, come un leit motiv, numerose volte nel corso del romanzo, conferisce alla storia un ritmo cadenzato e particolare. Al di là di ogni aspettativa, questo eccesso di ripetizioni non stanca il lettore, bensì lo conquista. La narrazione, limpida e pacata, procede tuttavia con un crescendo di tensione, ed il tragico finale colpisce il lettore come acqua gelata. Nonostante si possa sorridere di fronte a quel misto di divertimento e tenerezza con cui il narratore guarda al suo protagonista, Sostiene Pereira non è una storia allegra. E' la testimonianza di qualcosa di orribile, del dolore di un uomo che assiste alla distruzione di tutti i valori in cui crede.
La vicenda di Pereira, tuttavia, non porta solo tristezza nel cuore, ma contiene una forza indescrivibile, capace di commuovere, ed allo stesso tempo, di accendere nell'animo un'indomabile voglia di giustizia. Sostiene Pereira è un inno alla libertà.
Antonio Tabucchi, che ha abbandonato questo mondo la scorsa primavera, è l'autore di un romanzo che unisce una storia malinconica e bellissima ad uno stile che rivela tutta la maestria di uno dei più grandi scrittori italiani. In precedenza apprezzato e premiato per Notturno indiano, Tabucchi diventa definitivamente conosciuto dal grande pubblico con la pubblicazione di Sostiene Pereira, dal quale viene tratto un film omonimo, con Marcello Mastroianni nei panni del giornalista.

sabato 11 agosto 2012

Gioventù avariata

La crisi c'è per tutti è ormai una un'espressione di uso quotidiano. La sento spesso pronunciare con leggerezza, o accompagnata da una risata stridula e forzata, come per scongiurare un grande pericolo. Peccato che quel pericolo abbia già penetrato le nostre case, depositandosi su ogni cosa e su ogni persona come l'odore di fritto, opprimente per il respiro, che si attacca a tutto e se ne va solo dopo una bella lavata. Avremmo bisogno di una grande pulizia di primavera, anche in questa torrida estate. Bisognerebbe attuare un radicale rinnovamento, una selezione delle cose vecchie e logore da buttare e di quelle nuove e utili da tenere. E naturalmente dovremmo rivolgerci ai giovani, unica speranza per il futuro, per compiere questa grande impresa, per risollevare non solo il nostro Paese, ma tutto il mondo da una delle peggiori crisi della Storia.

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Ma ecco il desolante scenario che ci si presenta davanti: ragazzi e ragazze technology addicted, incapaci di comunicare se non per via mediatica, per lo più dipendenti da alcool e fumo. Per non parlare della tendenza all'omologazione, del progressivo abbassamento del livello culturale delle masse, della mancanza di valori e prospettive. E ancora, bambini violenti e intolleranti verso i loro coetanei fin dalla più tenera età, bambini viziati e prepotenti. Che razza di persone diventeranno, quando saranno adulti? Come possiamo affidare il futuro della Terra a persone a tal punto prive di giudizio, individualità, responsabilità, spirito di iniziativa e collaborazione? Si apre una prospettiva a dir poco inquietante. Forse non siamo molto lontani dai terribili mondi distopici di alcuni romanzi sci-fi.
Le nuove generazioni sono allo sfascio, questo è certo. E' una cosa di cui ci si puo' accorgere facilmente guardandosi intorno, osservando bambini e ragazzi, ascoltando quel poco che han da dire. Me ne accorgo io stessa, nella piccola realtà di un paese di campagna, dove una delle maggiori preoccupazioni della gente è quella di essere super-aggiornata sui fatti del vicino di casa. A volte mi capita di ascoltare o partecipare ad assurde conversazioni tra ragazzi e ragazze all'incirca della mia età e mi accorgo allora in quali proporzioni la crisi abbia investito i giovani, ed in quale modo subdolo e meschino. Perché i giovani stessi non si rendono conto del degrado della realtà in cui vivono ed è proprio questo lo scopo di coloro che utilizzano a proprio vantaggio il male delle altre persone.
Cercherò quindi di spiegarvi in cosa consiste questa crisi dei giovani e dirvi quali sono i fattori che la alimentano. Non voglio imbarcarmi nella scrittura di un saggio lungo e pesante, ma porterò esempi della mia esperienza personale, così, miei cari lettori, potrete giudicare voi stessi fino a che punto siamo arrivati. Dovrò scavare a fondo nella squallida quotidianità dei nuovi adolescenti e forse potremo trovare insieme una via d'uscita, un modo per fermare questo vortice che ci sta trascinando nell'abisso.
Partirò con una semplice schematizzazione della situazione attuale che ho realizzato io stessa. Potrete vedere molto chiaramente il loop che tiene prigionieri i giovani d'oggi.





Comincerò a parlare dell'ambito sociale, perché ritengo sia il nucleo del problema. La socialità è una caratteristica innata dell'essere umano, che si sviluppa fin dai primi anni di vita, un po' per imitazione, un po' per istinto. La capacità di relazionarsi con i propri simili nel modo più appropriato deve essere insegnata al bambino prima di tutto dal genitore e in seguito anche dagli insegnanti, nel suo percorso di formazione. Tuttavia, a me sembra che molti genitori non prendano sul serio questa tappa fondamentale della crescita dei loro figli. Proprio nel momento in cui essi avrebbero più bisogno della loro presenza, li abbandonano davanti alla televisione o davanti al videogame. Oppure li "parcheggiano" al pre-scuola, al dopo-scuola o al cre estivo. Molte persone al posto del loro affetto, nutrono i propri figli con dannosi surrogati. Non c'è da stupirsi (e tuttavia non riesco a non stupirmi) se molti bambini crescono come piccoli tiranni.
Vi propongo subito un episodio inquietante che mi è stato raccontato. Il figlio di una persona che stimo e alla quale sono affezionata, ha subito un grande trauma all'età di circa 3-4 anni (ora è uno splendido e intellegente bambino di 8 anni). Tornava a casa dall'asilo piangendo, dicendo di non volerci tornare. Aveva gli incubi la notte, si svegliava gridando. La madre, preoccupata, è andata a parlare con le maestre ed ha così scoperto che il piccolo era stato messo in un angolo e picchiato dai suoi coetanei, più di una volta! Lui non reagiva, perché i genitori gli avevano insegnato a non picchiare gli altri bambini! Sono rimasta sconcertata quando mi è stato raccontato il fatto. Non avrei mai immaginato che bambini così piccoli fossero capaci di formare delle vere e proprie bande di bulletti prepotenti.
Come si spiega il comportamento di questi bambini? Non serve essere esperti psicologi per dirlo. Ormai è infatti risaputo che i videogame violenti - così diffusi tra le nostre famiglie - hanno un'influenza altamente negativa sui bambini e i ragazzi in generale. Ma non solo, perché molti cartoni animati trasmessi alla televisione nelle ore più strategiche - la mattina a colazione, il pomeriggio all'ora della merenda - sono incentrati su combattimenti, lotte, guerre. E checché ne dicano esperti o meno, non è solo il sangue a determinare la violenza di film e cartoni animati. Perché dunque - mi appello ai genitori - non regalate un buon libro ai vostri figli? Un libro che parli d'amore e d'amicizia, un libro che parli di scienza, di storia, di avventure in mondi fantastici. Spronateli a leggere e ad imparare, spegnete quella scatola ronzante che tenete in cucina: si puo' vivere anche (e meglio) senza, credetemi.

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Ma proseguiamo questa triste analisi e addentriamoci nell'oscuro mondo dell'età adolescenziale. Molti genitori sono a dir poco terrorizzati da questo drastico passaggio, da questa metamorfosi dei loro bambini in persone (quasi) adulte. Ecco il momento dei silenzi senza motivo, degli inspiegabili e repentini cambiamenti d'umore, dell'atteggiamento arrogante e irrispettoso. Ma l'adolescenza non è sinonimo di ribellione. E' invece il delicato periodo in cui si forma la personalità di un individuo; è, per così dire, il momento in cui si ripassano per bene i contorni di un disegno per fargli assumere la forma definitiva. Detto ciò, è evidente che gli adolescenti siano esrtremamente malleabili e influenzabili nelle loro scelte e nel loro sistema di pensiero. La frase di un insegnante, il consiglio di un amico, un'esperienza positiva o negativa, possono determinare una svolta radicale nel comportamento di un giovane.
Questa, purtroppo, è una cosa ben risaputa nel mondo della televisione e dei media in generale. Il potere della pubblicità, sottovalutato dai consumatori privati, è ben conosciuto e sfruttato da tutti i potenti del mondo. L'influenza della pubblicità è tale da ridurre notevolmente il nostro libero arbitrio. E se gli adulti, già temprati da numerose esperienze personali, sono estremamente influenzati dalla pubblicità, cosa possiamo pensare dei giovani? So che è difficile convincersi di queste parole, io stessa che scrivo tendo a sentirmi immune da questo potere. Eppure, usando la razionalità, comprendo che i miei gusti sono condizionati, per quanto io mi sforzi di estraniarmi dalle tendenze generali. Ma se fatico a trovare i segni del condizionamento in me stessa, non posso dire altrettanto della gente intorno a me. Mi accorgo chiaramente di quanto una persona sia influenzata dai media nel modo di vestire, di parlare, di atteggiarsi, nei gusti e nelle idee.
L'esempio più significativo è quello della moda. Il concetto di moda non deve essere associato semplicemente all'abbigliamento, ma deve essere esteso a tutto ciò che consideriamo di tendenza. Non solo alcuni oggetti si possono definire trendy, ma anche (purtroppo) alcuni modi di comportarsi, alcuni modi di comunicare. Insomma, l'importante non è chi sei, ma quello che hai o quello che fai.

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Caso emblematico è quello dei social networks - idolatrati dalla maggioranza delle persone - che sembrano essere indispensabili per la vita sociale del XXI secolo. In realtà, i vari Facebook, Twitter, MySpace invece che aiutare a relazionarsi con gli altri, hanno notevolmente peggiorato la socialità della gente, ed in particolare quella delle nuove generazioni. Ora, poiché mi piace essere equilibrata e razionale, devo chiarire che non è il social network in sè ad essere dannoso, ma l'immagine che si è creata attorno ad esso e di conseguenza, l'uso che ne viene fatto. E' un classico discorso che viene spesso associato alla scienza e alla tecnologia, ma non è banale come sembra. L'invenzione della rete Web, forse una delle più importanti e rivoluzionarie del XX secolo, è nata proprio con lo scopo della condivisione dell'informazione. Informazione però che non viene proposta allo spettatore passivo, ma che deve essere cercata, analizzata e criticata dal singolo utente. Dunque, per non divagare troppo, anche il social network puo' essere un ottimo modo per la condivisione di informazioni e news dell'ultimo secondo. Il problema sta nel rapporto che si è venuto a creare tra l'utente e il mondo del social virtuale, fondamentalmente un rapporto di dipendenza.
Tutte le volte che vado a casa di amiche e accendiamo il computer, la prima cosa che vedo fare è controllare le notifiche su Facebook. Magari avevano spento il pc solo qualche minuto prima che arrivassi. Ma talvolta, anche persone ospiti da me mi hanno chiesto di "andare un attimo su Facebook" per controllare non so cosa. Insomma, se non sei tranquillo senza aprire Faccialibro ogni dieci minuti, non puoi negare di avere qualche problema. E io, dopo averci riflettuto un po', ho capito qual è il problema, perché i social networks sono così amati.

Tutti lo fanno, nessuno vuole ammetterlo: spiare le altre persone. Facebook è lo strumento assolutamente infallibile per scoprire cosa fa, cosa pensa, cosa piace ad una persona; è come un esteso documento d'identità che contiente tutte le informazioni più appetitose per i curiosi ficcanaso. E' inutile che mi vengano a dire che è comodo per restare in contatto, perché allora il buon vecchio MSN era più che sufficiente. La verità non è altro che questa, e cioè che grazie all'onnisciente Facebook, ora tutti possono soddisfare le proprie morbose curiosità. "E' ridicolo non iscriversi a Facebook per una questione di principio" mi è stato detto. Io, che sono una persona a cui non piace discutere, non ho risposto. Ma dentro di me sono rimasta sconvolta: lasciando perdere il fatto che ho i miei buoni motivi per non iscrivermi, vorreste dirmi che non ho neppure la libertà di avere un MIO PRINCIPIO indiscutibile?! Qui Orwell direbbe con soddisfazione: "Cosa vi avevo detto?" Altro che 1984!
Ma per fortuna che conservo qualche principio mio, non influenzato dalla tendenza di massa!


Twitter, il secondo social network più conosciuto, ha un altro problema. Sicuramente è anch'esso un veicolo di informazioni personali, ma più che altro viene utilizzato come una sorta di diario. La gente (l'ho fatto anch'io per un certo periodo, poi mi sono accorta della stupidità della cosa) scrive ogni minuto quello che sta facendo, se è stanca, se è felice, se è triste, se è arrabbiata, condividendo addirittura le funzioni biologiche (fino a questo punto non ci sono arrivata!). Twitter è il deposito degli sfoghi di tutte le persone incomprese e depresse oppure il biglietto da visita di individui che si sentono strafighi. Ma è apprezzato ancora di più da una moltitudine di bimbiminkia che impazziscono per questa o quella star del momento. Infatti Twitter, a differenza di Facebook, viene utilizzato direttamente anche da alcuni VIP e ci sono innumerevoli stupidi che credono di farsi notare, adulandoli in modo patetico. Io sono iscritta a Twitter, e non ho ancora capito se mi risulti di una qualche utilità o meno. Più che altro lo uso per pubblicizzare il blog.

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Ora, che sarete stanchi dopo questa lunga lettura (e vi avverto, ne manca ancora!), vi propongo una chicca del noto youtuber Canesecco. Buona visione!





Vi siete fatti qualche risata? Bene, sono contenta. E' ora di rimetterci al lavoro.

Riprendiamo dunque la questione della moda. Al giorno d'oggi, per essere trendy, non basta indossare abiti griffati, ma bisogna stare attenti a come si sceglie di passare il tempo libero. Perché se preferisci i libri alla discoteca o una serata in pizzeria all'happy hour, allora sei out. Sei simpatico sì, nessuno ha niente contro di te, però, come dire, sei un po' indietro rispetto ai tempi. Ti perdi la cosa più bella, amico, lo sballo!
No alcol, no party. Questo è il nuovo slogan. Anche le feste di compleanno ormai devono seguire le inflessibili regole dell'eccesso e della trasgressione. Le basi fondamentali di un party alla moda sono due:
1. Abbondanza di alcol: "Devo farmi qualche cicchetto perché altrimenti non riesco a ballare"
L'ho sentito con le mie orecchie. Tralasciando che "ballare" è una parola grossa per la discoteca, se non puoi fare a meno dell'alcol vuol dire che fondamentalmente ti vergogni di quello che consideri un divertimento. Ma chi ti costringe a farlo allora? Solo perché lo fanno tutti? Allora se diventasse di moda buttarsi nei pozzi, ti butteresti per primo? Non fa una piega.
2.Un numero esagerato di persone, ovvero il caos: "Ma alla festa di... Saremo solo in 20? Ma siamo pochissimi, che brutto...e poi cosa facciamo dopo aver mangiato? Dobbiamo assolutamente trovare qualcosa da fare, altrimenti è una noia e se ne vanno tutti."
Altra frase che ho sentito in prima persona. Innanzitutto, più persone ci sono, più la festa diventa dispersiva ed è difficile trovare qualcosa che possa coinvolgere tutti. Inoltre, perché tutti disdegnano il primo e fondamentale dono dell'Uomo, la parola? Discutere, scambiarsi opinioni, raccontare storie interessanti e divertenti, ascoltare l'esperienza di altre persone... Sono forse attività noiose? Da parte mia, ritengo siano queste le basi della vera vita sociale.

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E perché, secondo voi, tutti questi giovani cercano la trasgressione? E' un cane che si morde la coda, come già spiegato. Da una parte la pubblicità propone il binomio ALCOL=DIVERTIMENTO (nel video qui sotto potrete vederne alcuni esempi); dall'altra è il bisogno inconscio di evadare da una realtà sempre più degradata. E qui entriamo nell'ambito economico.



Essere alla moda è molto costoso. Pensate ai nuovi gadget high-tech, ai vestiti, a quanti soldi servono per uscire il sabato sera, tra benzina, cena, discoteca e alcolici.
Il problema qui riguarda la famiglia. Anche se la crisi economica ha ridotto di non poco lo spessore dei portafogli, molte famiglie mantengono il tenore di vita degli anni scorsi. Insomma, si vive al di sopra delle proprie possibilità sperando nell'arrivo della gallina dalle uova d'oro.
Inoltre si è progressivamente sviluppata la mentalità del: "Mio figlio deve avere tutto, deve poter fare tutto quello che vuole, è sempre lui la vittima, deve essere sostenuto in tutto e per tutto". E' sempre la stessa questione: per "rimediare" ad un rapporto troppo distaccato, si vizia il figlio assecondandolo in tutte le sue richieste. Così, tra uno smartphone e un iPad, sono sempre meno le risorse dedicate all'istruzione. Non che le famiglie rinuncino alle varie spese connesse alla scuola: quello che manca è l'incoraggiamento. Sono pochi i genitori che spronano i propri figli ad approfondire questioni e tematiche che vengono affrontate sui banchi di scuola. Allo stesso tempo però, è generalmente diffuso un certo orgoglio egoistico, per cui il figlio è perfetto e se ha dei problemi è sempre colpa degli altri. Mi racconta spesso il mio papà che quando era un bambino, se uno tornava a casa lamentandosi di essere stato picchiato dall'insegnante, i genitori rincaravano la dose, perché di sicuro se l'era meritato. Oggi, maestri e professori ricevono insulti e minacce - denunce, talvolta - se bocciano i bambini con delle difficoltà (e anche di questo ho i testimoni diretti, credetemi).

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Questo problema, unito alle cifre non indifferenti che richiede la frequentazione di scuole superiori ed univeristà, ha fatto sì che il livello culturale di massa si sia abbassato notevolmente in questi ultimi tempi. La cultura è ormai un privilegio dei ricchi, che possono permettersi di mandare i propri figli a prestigiosi istituti privati (per saperne di più: La scuola di serie B ). Chi invece non dispone di grandi patrimoni si deve accontentare di scuole pubbliche in cui talvolta manca adddirittura la carta igienica.
Non c'è da stupirsi poi se i giovani non si sentono motivati nello studio.
Non c'è da stupirsi se navigando sul web si trovano queste cose.



Avete riso? Vi capisco, ma ci sarebbe da piangere.
Sempre per restare in tema vi propongo un estratto di una conversazione fra due ragazzine di prima superiore che ho sentito, aspettando il treno la mattina.
Devo fare una piccola premessa: nel mio liceo, da un paio d'anni, grazie alla fantastica riforma Gelmini, sono state notevolmente ridotte le ore settimanali. Io, mantenendo il programma precedente, da settembre avrò tre giorni con cinque ore di lezione e tre giorni con sei. I nuovi arrivati non hanno neanche tutte le mattine da cinque ore, ma alcune da quattro. Le "seste ore", come le chiamiamo in gergo, non sapranno mai cosa siano.

A: "Facciamo qualcosa oggi dopo la scuola? A che ora esci?"
B: "Oh che palle, oggi ho cinque ore, quindi esco all'una meno dieci."
A: "Cinque ore?! Dev'essere una noia!"
B: "Madonna, ti giuro, se dovessi fare cinque ore tutti i giorni non ce la farei!"

Ovviamente non sono le parole esatte che hanno detto, ma il succo era questo. Non saprei come commentare questo episodio, credo dica tutto da sè.

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Bene, sono ormai alla fine di questo lungo monologo. Naturalmente non ho potuto affrontare tutte le tematiche relative al degrado delle nuove generazioni: ci sarebbero tante altre cose da dire.
In ogni caso, quello che ho scritto non è il frutto di un cavilloso ragionamento mentale, ma un semplice reportage nato dalla mia esperienza di giovane in mezzo ai giovani.
Mi aspetto delle critiche, senza dubbio. Sicuramente qualcuno mi accuserà di saltare alle conclusioni troppo in fretta, di non avere la mente abbastanza lucida in quanto parlo di una realtà in cui vivo e da cui potrei sentirmi urtata. E invito questo qualcuno a spiegarmi il suo punto di vista, a dirmi quello che pensa, perché questo post vuole essere una provocazione, una scintilla per accendere una discussione.
Sento la necessità confrontarmi con altre persone, non importa la loro opinione, perché devo capire fin dove arriva la mia capacità di osservazione ed analisi della realtà. Devo sapere se altri percepiscono il mio stesso disagio, se condividono le mie paure riguardo al futuro, o se mi sto fasciando la testa per niente.

Ma soprattutto voglio suscitare indignazione! Voglio che, leggendo le mie parole, rimangano indignati tutti coloro che si sentono estranei allo squallore di cui ho scritto.
Voglio che tutte queste persone urlino: NOI NON SIAMO COSI', NOI SIAMO MIGLIORI!
Voglio sentire qualcuno pronto a combattere per far valere la propria persona, pronto ad unire le proprie forze per trasformare questo mondo in un posto migliore.

Un giorno spiegavo ad una cara amica:
"Tutti noi dovremmo impegnarci al massimo in ogni cosa che facciamo, non importa compiere grandi imprese per essere un eroe. Possiamo cambiare il mondo con le piccole cose."
E lei mi ha risposto:
"Io penso che il nostro impegno, i nostri sforzi, le nostre passioni... Non siano piccole cose, ma grandi cose."

Ho capito che aveva ragione.