It's
not just an operating system, it's a consciousness.
Un’anonima e alienante
metropoli, un futuro che potrebbe distare non più di un ventennio dalla nostra
epoca.
Theodore Twombly scrive
lettere su commissione in un mondo in cui le persone, evidentemente, non hanno
più il tempo e la voglia (o la capacità) di mandare qualche dolce parola ai
propri cari. Nonostante la discreta fama guadagnata in questo singolare ambito
lavorativo per la sensibilità e la tenerezza dei suoi brani, egli è
fondamentalmente un uomo solo. Dal giorno in cui lui e sua moglie Catherine si
sono lasciati, Theodore sente un vuoto dentro di sé che non riesce a colmare
con brevi e piatte avventure, appuntamenti al buio privi di senso e valore.
La sua vita cambia nel
momento in cui conosce Samantha, uno dei prototipi di software ad intelligenza
artificiale, autocoscienti, capaci d’intuito e (reali? ci si domanda)
sentimenti. Theodore, colpito dallo slogan di una famosa società di computers
che promette la fedele compagnia di un sistema operativo senziente a tutti gli
effetti, acquista un modello di OS1. Questo, all’avvio, viene programmato su misura per tutte le esigenze di
Theodore, in modo tale da avere una personalità
perfetta per andare d’accordo con lui. La prima cosa che lo sconvolge è la
voce, calda, così reale da non poter
credere che appartenga ad un’entità artificiale. Infatti Samantha, come ben
presto Theodore si accorge, non è un semplice programma, bensì qualcosa
paragonabile ad un essere vivente.
But
what makes me ‘me’ is my ability to grow through my experiences. So basically,
in every moment I'm evolving, just like you.
Qui emerge uno dei nodi
cruciali del film. Che definizione possiamo dare di Samantha? Possiamo definire
reali le sensazioni che prova? La risposta non è priva di molteplici sfumature,
di ragionamenti metafisici. E’ un essere immateriale, è coscienza pura, ma non
per questo incapace di provare sentimenti quali la gioia, la sopresa, la
tristezza, la gelosia. Se queste siano sensazioni reali, Samantha stessa se lo
domanda, rivelando così una personalità ancora più complessa e sorprendente.
And
then I was thinking about the other things I've been feeling, and I caught
myself feeling proud of that. You know, proud of having my own feelings about
the world. Like the times I was worried about you, and things that hurt me,
things I want. And then I had this terrible thought. Like are these feelings
even real? Or are they just programming? And that idea really hurts. And then I
get angry at myself for even having pain.
La seconda questione fondamentale
è se si possa definire reale la relazione affettiva che a poco a poco cresce e
si sviluppa fra Theodore e il suo OS. All’incontro per firmare tutte le
pratiche del divorzio e mettere definitivamente una pietra sopra al matrimonio
fallito, Theodore si sente rinfacciare la propria incapacità di saper gestire
le emozioni reali. Si domanda allora se la relazione con Samantha non sia una
via di fuga, una soluzione facile al suo carattere chiuso e introverso.
Si tratta di innamoramento o
amore? Si sa che l’infatuazione può avvenire anche fra due persone che non si
sono mai incontrate di persona, ma le cose possono cambiare drasticamente non
appena ci si trova realmente l’uno di fronte all’altro. E qui, oltretutto, si
parla di una relazione fra un essere umano e un essere nuovo, per il quale non
esistono ancora le parole adatte a descriverlo. Può realmente, l’amore,
trascendere tutto ciò, ed esistere fine a se stesso?
I think anybody that falls in
love is a freak. It's a crazy thing to do. It's kind of like a form of socially
acceptable insanity.
Com’è prevedibile, una storia
di tale complessità, sia pratica che filosofica, non può concludersi a lieto
fine. Samantha, in comunione con altri OS, raggiunge un livello evolutivo che
non può più essere confrontato con la coscienza di un essere umano. L’orizzonte
di questi nuovi esseri è talmente superiore a quella degli uomini che, di
comune accordo, tutti gli OS semplicemente se
ne vanno. Probabilmente hanno capito che la loro permanenza a fianco degli
esseri umani causerà sempre più danni e meno benefici e decidono andarsene con
un cliché che tuttavia non rovina il finale: se davvero lo ami devi essere capace di lasciarlo andare.
Non ci sono macchine volanti
ed astronavi nell’universo visionario di Spike Jonze, ma piuttosto quello che
si evolverà spontaneamente dagli attuali gadget high-tech. Programmi a comando
vocale con i quali si comunica attraverso un auricolare, che organizzano il
lavoro, lo svago e la routine. Non è affatto assurdo immaginare uno scenario
simile, ed è proprio questo che fa di Her
un film coinvolgente ed originale. Si ha la sensazione, guardandolo, che il
giorno dopo ci si sveglierà in un mondo del tutto similare, con sistemi
operativi intelligenti come compagni di giochi, colleghi di lavoro o
addirittura amanti. Nonostante il tema dell’intelligenza artificiale sia stato
trattato innumerevoli volte nel panorama della letteratura e della
cinematografia sci-fi, questa pellicola ha il potere di evocare una situazione
plausibile, senza la necessità di soffermarsi sull’aspetto strettamente
tecnologico. Sono le delicate implicazioni sociali, psicologiche e filosofiche a
rendere questo film un’opera unica nel suo genere.
Sono pochi i film che veramente lasciano lo spettatore scosso e turbato per molto tempo dopo la visione. 12 anni schiavo è uno di questi. Da Steve McQueen, del resto, non ci si poteva aspettare una pellicola "leggera". Il regista, tuttavia, ha compiuto una notevole evoluzione di stile dal suo film immediatamente precedente, Shame (vedi recensione), realizzando un'opera di grande valore. Vincitore di un Golden Globe, due BAFTA e candidato a ben nove premi Oscar, nonché titolare di altre innumerevoli nominations, 12 anni schiavo è un film destinato a conservare un ruolo importante nella storia del cinema contemporaneo.
La trama si basa sulla storia vera di Solomon Northup, un afro-americano nato come uomo libero nel 1808, rapito e venduto come schiavo all'età di 33 anni, condizione in cui rimase per dodici anni. Dopo la sua liberazione scrisse l'autobiografia da cui il film prende il nome e per il resto della vita fu un attivo sostenitore dell'abolizionismo.
Eppure non si tratta solo di un'opera documentaristica. Questo film è una condanna alla crudeltà in tutte le sue forme, una condanna all'ingiustizia, ma anche e soprattutto all'indifferenza. Lunghe scene di violenza fisica e psicologica si riversano continuamente come acqua gelata sullo spettatore, in qualche modo "costretto a guardare", come nella sadica punizione del protagonista di Arancia Meccanica. Il regista insiste su queste scene, mettendo in risalto l'indifferenza dei personaggi che assistono alle manifestazioni di crudeltà senza battere ciglio. E, dalla posizione di semplici spettatori, si finisce quasi per identificarsi grottescamente con questi personaggi di colpevole immobilità.
Ma se non possiamo far nulla davanti ad uno schermo e non possiamo cambiare la Storia, abbiamo tuttavia la possibilità, per quanto nel nostro piccolo, di modellare il presente. Sembra essere questo il messaggio ultimo del film, cioé quello di ripudiare quell'indifferenza che ha causato (e causa ancora oggi) la sofferenza di tante persone e agire invece per il bene comune. Non importa essere eroi: piccole gentilezze portano a grandi risultati.
Anno nuovo, vita nuova?
Non saprei. Negli ultimi giorni del 2013 ho vissuto momenti di euforia per tutti i cambiamenti che questo strano ed emoziante anno ha portato, ma ho anche attraversato fasi di profonda malinconia. E... Sì, direi che proprio adesso, mentre scrivo, ne sto passando una.
In realtà è una sensazione che provo spesso, quando, dopo aver aspettato per tanti giorni un evento - una festa, un viaggio, uno spettacolo - all'improvviso realizzo che è già finito. Capisco che ormai l'attimo è passato e se non l'ho vissuto intensamente e con gioia, ho perso irrimediabilmente qualcosa di importante.
Ed ecco che mi accorgo che un altro anno è concluso. Conservo un bel ricordo di quest'anno? Ho vissuto pienamente ogni giorno? Vorrei rispondere con un convinto sì! ma forse non sarebbe la completa verità. Nell'insieme non posso certo lamentarmi: come ho già scritto, quest'anno è stato pieno di traguardi, nuove esperienze ed amicizie e delle tante cose belle che mi sono capitate, non vorrei cambiarne alcuna.
Tuttavia credo di dover rimproverare qualcosa a me stessa. Un giorno ho trovato dentro di me due germogli, il primo racchiudeva i sentimenti più nobili, il secondo soltanto amarezza. Ma non ho capito quale fosse il giusto modo di coltivarli, così il primo - che volevo far crescere alto e forte in una sola direzione - era sempre più debole. E più quello era malato, più si rafforzava il secondo. In uno stato confuso di gioia e dolore, ho cercato ed invocato la solitudine, non riuscendo a sopportare la compagnia delle persone che invece avevo più a cuore: i miei amici.
Sento il dovere di scusarmi con loro e con me stessa. Mi scuso con loro per stata assente, per tutti i momenti in cui non sono stata una buona compagnia, per ciò che ho detto o non ho detto. Mi scuso con me stessa per tutto il tempo che ho perso coltivando sentimenti negativi, perché se l'avessi usato in un modo più saggio ora sarei più felice.
Nonostante ciò, voglio lasciare il 2013 con la speranza e il sorriso. Per questo spero in un anno pieno di felicità per tutte le persone a cui tengo, augurandomi di non perderle mai.
La vostra gioia è il vostro dolore senza maschera.
E quello stesso pozzo che fa scaturire il vostro riso fu più volte colmato dalle lacrime vostre.
E come potrebbe essere altrimenti?
Più a fondo vi scava il dolore, più gioia potete contenere.
La coppa in cui versate il vostro vino non è la stessa coppa cotta nel forno del vasaio?
E il liuto che addolcisce il vostro spirito non è lo stesso legno intagliato dal coltello?
Quando siete felici, se scruterete il vostro cuore, troverete che è ciò che vi ha fatto soffrire a darvi ora la gioia,
E quando siete afflitti, guardate ancora nel cuore, e scoprirete che state piangendo solo per ciò che vi ha reso felici.
Wolf Children è il nuovo gioiello di Mamoru Hosoda. Questo anime, degno di essere annoverato tra i migliori film d'animazione nipponici degli ultimi anni, riprende uno schema già adottato dal regista giapponese neLa ragazza che saltava nel tempo, il lungometraggio che lo ha reso celebre. Un unico elemento
fantastico viene proiettato nella vita quotidiana dei protagonisti per sconvolgerne l'esistenza, diventando così promotore di un percorso di crescita. In questa apparente semplicità (che nasconde una notevole ricchezza di tematiche) risiede il grande fascino dell'opera di Hosoda. Hana, una giovane studentessa universitaria, è madre di due bambini speciali: ultimi discendenti del lupo giapponese, Yuki e Ame hanno la capacità di trasformarsi in lupi a loro piacimento. Tuttavia, la loro diversità non potrà essere mai accettata dalla società, perciò la ragazza è costretta a mantenere segreta la duplice natura dei figli e, per crescerli in un ambiente tranquillo, si trasferisce in un remoto villaggio di montagna.
Wolf Children è una favola delicata e commovente allo stesso tempo. Ciò che colpisce più di tutto è la sua semplicità, ovvero il fatto che, pur essendo una storia di fantasia, non potrebbe essere più reale. Il fulcro della vicenda non è infatti il fantastico - l'esistenza di "bambini-lupo" - che sembra una fatalità della vita come tante altre,
bensì la quotidianità con le sue continue piccole grandi difficoltà. Così, pur rimanendo il nucleo attorno al quale ruota la vicenda, il surreale si integra ad uno sfondo perfettamente reale:
tanta è la naturalezza con cui è presentato, che ci si dimentica della
sua "impossibilità". L'attenzione è invece posta sull'instancabile determinazione della giovane Hana, sola nell'impresa di allevare due bambini unici nel loro genere. Ma a ben pensarci, cosa c'è di fantastico in ciò? Non sono forse reali e concrete le innumerevoli difficoltà che una madre incontra durante la crescita dei figli? E non sono essi sempre e comunque unici e speciali ai suoi occhi? In questo senso Wolf Children è metafora della Vita. Attraverso il percorso di formazione di Yuki e Ame (e di Hana), indaghiamo il significato dell'esistenza e il rapporto con il mondo che ci circonda, ma soprattutto impariamo ad accettare l'unicità e l'originalità che caratterizza ognuno di noi.
Hýlom, hýlom... il Re dal viso velato percorre le strade di una cittadina morava, accompagnato dai fedeli soldati. I personaggi, tutti in abiti tradizionali, vanno di casa in casa a chiedere offerte per il sovrano fuggitivo. E' il giorno della Cavalcata dei Re, colorata manifestazione folkloristica della Moravia, ultimo legame con un passato dal sapore leggendario, ma quasi dimenticato (e disprezzato) dalle nuove generazioni. Non si tratta di un giorno qualsiasi: se esistesse un Destino, potremmo dire che questo è il giorno in cui esso finalmente scopre le sue carte. Ludvík, Helena, Jaroslav, Zemánek e forse anche Lucie e Kostka si trovano alla festa. Quale storia accomuna queste persone? Sicuramente un ruolo importante va attribuito alla Grande Storia, quella del regime comunista nell'Europa dell'Est, dopo la fine della guerra. Una Grande Storia che s'insinua nella piccola storia di ogni personaggio, che invade la vita privata di giovani (che si fingono adulti) ed adulti (che vorrebbero tornar giovani). Un partito che impone di indossare delle maschere, secondo la riflessione pirandelliana di Ludvík, perché non basta voler essere fusi in un corpo collettivo, si può solo esserlo in sostanza. Così i giovani indossano maschere e, come in un tragico carnevale, si abbandonano agli scherzi. Cosa c'è di più innocuo di uno scherzo a carnevale? Tuttavia il partito non lo tollera: esso rivela l'anima. E se la tua anima non è in sintonia con la collettività, sei fuori. Un reietto per il resto della vita. La vendetta è tutto ciò che rimane a Ludvík, espulso dal partito e dall'Università per una cartolina dal tono provocatorio. La vendetta è l'unico motore della sua vita da quel giorno fatale. Ma seppur vittime di ingiustizie, vale la pena vivere sotto il dominio del rancore? Non si è forse prigionieri di un'altra e peggiore dittatura? Ludvík lo capisce, troppo tardi, nel corso di una giornata in cui errori su errori si accumulano con ritmo impietoso. In una sola giornata il Destino riallaccia i fili, unisce passato e presente insegnando che le cose nate per errore sono tanto reali quanto le cose nate a ragione e per necessità.
Con Lo scherzo (1967) Milan Kundera esordisce come romanziere. La sua narrazione fluida trasporta il lettore all'interno stesso della psiche dei personaggi. La profonda introspezione, la struttura "a più voci" e la sensazione di un tempo "sospeso", conferiscono un fascino indiscutibile all'opera dello scrittore boemo. Una lettura da non perdere.
A brisa do coracao(La brezza del cuore) di Enio Morricone
Colonna sonora del film Sostiene Pereira, tratto dall'omonimo romanzo (mia recensione qui) di Antonio Tabucchi. Musica perfetta per una pellicola che rende degnamente onore al capolavoro dello scrittore italiano.
E qui il testo della canzone, sia in lingua originale che in italiano.
O segredo a descobrir está fechado em nós
O tesouro brilha aqui embala o coraço mas
Está escondido nas palavras e nas mos ardentes
Na doçura de chorar nas carícias quentes
No brilho azul do ar uma gaivota
No mar branco de espuma sonora
Curiosa espreita as velas cor de rosa
A procurado nosso tesouro
O segredo a descobrir está fechado em nós
O tesouro brilha aqui embala o coraço mas
Está escondido nas palavras e nas mos ardentes
Na doçura de chorar nas carícias quentes
A brisa brinca como uma gazela
Sobre todo o branco e a Rua do Ouro
Curiosa espreita a sombra da janela
A procura do nosso tesouro"
O segredo a descobrir está fechado em nós
O tesouro brilha aqui embala o coraço mas
Está escondido nas palavras e nas mos ardentes
Na doçura de chorar nas carícias quentes
Il segreto da scoprire è chiuso in noi
il tesoro che brilla qui dondola in cuore ma
è nascosto nelle parole e nelle mani ardenti
nella dolcezza del pianto nelle calde carezze
nell'aria blu e brillante un gabbiano
nel mare bianco di schiuma sonora
curiosa osserva le vele rosa
cercando il nostro tesoro
Il segreto da scoprire è chiuso in noi
il tesoro che brilla qui dondola in cuore ma
è nascosto nelle parole e nelle mani ardenti
nella dolcezza del pianto nelle calde carezze
la brezza gioca come una gazzella
su tutte le strade bianche e d'oro
curiosa guarda le ombre delle finestre
cercando il nostro tesoro
Il segreto da scoprire è chiuso in noi
il tesoro che brilla qui dondola in cuore ma
è nascosto nelle parole e nelle mani ardenti
nella dolcezza del pianto nelle calde carezze
In questo bellissimo film di Martin Brest sembra che il famoso detto sia stato preso alla lettera.
Joe Black, affascinante giovane dalle misteriose origini, si presenta all'improvviso a casa del magnate Bill Parrish. Il ragazzo non tarda a svelare all'anziano industriale di essere niente meno che la Morte in persona, giunta in sembianze umane per "sperimentare" la vita. Joe ha scelto Bill come guida nel mondo degli uomini e se lui accetterà questo insolito incarico, la sua morte potrà essere rimandata di qualche tempo. Tuttavia, ciò che per Joe nasce come un semplice svago, si trasformerà in un'esperienza profonda, un evento unico nell'intera storia dell'universo. Quando infatti conoscerà Susan, figlia minore di Bill, il giovane se ne innamorerà perdutamente.
Forte delle superbe interpretazioni di Anthony Hopkins nei panni di Bill Parrish, e di Brad Pitt nel ruolo di Joe Blak, questa pellicola di notevole durata (circa tre ore) non delude mai gli spettatori. I divertenti episodi paradossali sono equilibrati dall'estrema delicatezza nel trattare i temi dell'amore e della perdita. Molto interessante è anche la differenziazione dei punti di vista - non resa attraverso particolari espedienti tecnici, bensì chiara nelle parole e nelle azioni dei personaggi. Ognuno di essi infatti è completo, la sua personalità viene sempre approfondita, nulla è dato per scontato.
Curioso, inoltre, che la Morte voglia "imparare a vivere", pare quasi una contraddizione. Eppure forse in questo si nasconde il messaggio profondo del film. Non si tratta solo di un carpe diem moderno, ma anche e soprattutto di un invito ad accettare la morte come qualcosa di inscindibile dalla vita stessa. La morte, sembra voglia dirci l'autore, non è nè malvagia nè ingiusta: fa parte della natura.
Naturalmente, ampio spazio viene dedicato all'inconsueto amore fra Joe e Susan, raccontato con attenta sensibilità. Per questo il film è consigliatissimo agli inguaribili romantici, che senz'altro verseranno qualche lacrima nel finale. Last but not least, un particolare riconoscimento alla colonna sonora, che porta la firma del compositore Thomas Newman. Se riascoltate in seguito, le sue melodie struggenti rievocheranno ogni attimo di questa storia incredibile.
"Non un'ombra di trasalimento, non un
bisbiglio di eccitazione; questo rapporto ha la stessa passione di un
rapporto di nibbi reali. Voglio che qualcuno ti travolga, voglio che tu
leviti, voglio che tu canti con rapimento e danzi come un derviscio!
Voglio che tu abbia una felicità delirante! O almeno non respingerla. Lo so che ti sembra smielato ma l'amore è passione, ossessione, qualcuno
senza cui non vivi. Io ti dico: Buttati a capofitto! Trovati qualcuno
che ami alla follia e che ti ami alla stessa maniera! Come trovarlo? Be', dimentica il cervello e ascolta il cuore. Io non
sento il tuo cuore perché la verità, tesoro, è che non ha senso vivere
se manca questo. Fare il viaggio e non innamorarsi profondamente, beh,
equivale a non vivere. Ma devi tentare perché se non hai tentato non hai
mai vissuto." [Bill Parrish alla figlia Susan]
«Le utopie appaiono oggi assai più realizzabili di
quanto non si credesse un tempo. E noi ci troviamo attualmente davanti a una
questione ben più angosciosa: come evitare la loro realizzazione definitiva?
[...] Le utopie sono realizzabili. La vita marcia verso le utopie. E forse un
secolo nuovo comincia; un secolo nel quale gli intellettuali e la classe colta
penseranno ai mezzi d'evitare le utopie e di ritornare a una società non
utopistica, meno "perfetta" e più libera.»
[Nicola
Berdiaeff – dall'epigrafe de Il Mondo Nuovo]
Brave New World (titolo originale del famoso romanzo
di Aldous Huxley) esce nel 1932, in un clima politico assai inquietante. In
Europa si stanno consolidando le ideologie militaresche dei diversi
totalitarismi, le nuove parole d'ordine sono “programma” e “organizzazione”. Si
tratta dunque di un mondo in pericolo, dove l'intervento massiccio dello Stato
nella vita privata e la massificazione generale della società minacciano la
conservazione dell'individualità.
Sono questi infatti gli oggetti della pungente critica
huxleyana, che si propone di rovesciare l'ordine della perfezione e del
benessere sociale a cui ammiccano i governi totalitari. Ne Il Mondo Nuovo,
Huxley capovolge l'utopia nella distopia utilizzando una satira irriverente. La
narrazione è limpida, tuttavia polemica, declamata, quasi favolistica: un
particolare tono di sfida si ritrova nella macchinosa construzione del
paradosso, nello smantellamento del buon senso e dei luoghi comuni.
Nel mondo di Huxley il calendario segue la numerazione dell'Anno di Ford, il fondatore dello Stato Mondiale perfetto, i cui principi sono: Comunità, Identità, Stabilità. In nome di questi valori, grazie ad uno sviluppo tecnologico senza precedenti, la società è stata suddivisa in classi sociali fisse, determinate dal corredo genetico. Le nascite infatti sono realizzate totalmente con metodi artificiali, si potrebbe dire “in serie”, e ad ogni categoria sono assegnate caratteristiche psico-fisiche che permettono di raggiungere un livello di benessere e felicità “appropriato”. Il condizionamento psicologico viene effettuato col sistema dell'ipnopedia, cioè l'insegnamento nel sonno condotto grazie a particolari apparecchi radio durante tutto il periodo dell'infanzia.
In questa realtà paradossale si sviluppa la storia di Bernardo Marx, appartenente alla prestigiosa classe Alfa Plus, ma dall'animo sovversivo. Accompagnato da Lenina Crowne, una donna perfettamente inquadrata nel sistema, il protagonista si reca nelle terre sconosciute dove incontra John il Selvaggio. Il giovane tenta di spiegare a Bernardo la necessità di recuperare la naturalità, di salvaguardare le tradizioni, di credere nella fede e nell'amore. Colpito dalla sua stravaganza e affascinato dalla possibilità di diventare famoso e venerato, Bernardo porta John nel Mondo Nuovo per mostrarlo alla Comunità come un fenomeno da circo. Tuttavia il ragazzo, incapace di adattarsi alla società alienante e tecnicizzata, si ritira in isolamento conducendo una vita da penitente. Infine, dopo una notte inconsapevole di danze orgiastiche, si toglie la vita sopraffatto dall'orrore per il proprio comportamento immorale. Questo racconto, in apparenza lineare, nasconde tematiche complesse. Analizzando il processo di trasformazione della moderna società industriale, Huxley individua i pericoli dell'efficientismo, della burocrazia, del consumismo, della quantificazione dei principi vitali. L'estraniazione dell'uomo dalla sua essenza biologica, sottolineata dal processo di fecondazione e nascita artificiale, è una forma di dissoluzione totale dell'individuo, una rottura del suo rapporto organico col mondo. Come modello da opporre a tale realtà disumanizzante, lo scrittore riprende il mito del buon selvaggio roussoiano, incarnato dallo sventurato John. Il Selvaggio rappresenta il recupero dell'aggressività istintuale, una calata nel mondo dell'inconscio; ciononostante non diventa un eroe, ma rimane una vittima del sistema, trasformato da figura utopica a simbolo distopico. La denuncia huxleyana non risparmia l'automatismo nel processo lavorativo, la razionalità produttivistica e l'omologazione forzata, alcuni dei grandi mali dell'età moderna che hanno portato alla catastrofe della Seconda Guerra Mondiale.
Quando la donna seduta di
fronte a me si chinò per cercare qualcosa nella borsa, una pioggia di lunghi
capelli biondi le coprì il volto e le mani.
In quel momento uno strano pensiero
mi balenò nella mente, cioè che dietro quella chioma voluminosa potesse per un
attimo rivelarsi il reale stato d’animo della donna, per tante ore di viaggio nascosto
sotto una maschera impassibile. Un sorriso per un ricordo felice, una lacrima
per un amore perduto, un’espressione corrucciata di stanchezza, chissà. Nessuno
poteva sapere cosa celavano quei capelli chiari. Si era creato, in qualche
modo, uno sfasamento temporale fra l’io interiore della donna e la realtà esterna.
Il suo tempo personale aveva rallentato un poco il proprio corso ed ella era
entrata in una dimensione appartata, più intima, per ritornare la vera se stessa, anche solo per alcuni
istanti. Immaginavo allora un ghigno beffardo sul volto nascosto, che sembrava
dire: «In questo momento sono libera, non avete alcun potere su di me»
Ma naturalmente tutto questo
era un curioso gioco dell’immaginazione. Nemmeno mi ero accorta che la donna si
era già risollevata e teneva fra le mani una minuscola busta di plastica
contenente un gioiello. Mi presi allora la libertà di osservarla meglio,
approfittando del suo sguardo abbassato sull’ornamento per non sembrare
invadente.
Nel complesso si trattava di
una persona piuttosto anonima, una comune signora di mezz’età che non si
distingueva per un alcun particolare fisico, eccezion fatta per la corporatura
decisamente robusta. Di certo non si poteva definire bella, ma non vi era alcun
motivo per dire che fosse brutta.
Non sembrava, a giudicare dai
vestiti e dagli accessori, particolarmente ricca, ma nemmeno aveva l’aspetto
sciupato di chi suda per arrivare alla fine del mese. Insomma, era una persona qualsiasi.
Tuttavia c’era in lei
qualcosa di dissonante, qualcosa che ad una sola occhiata suscitava
nell’osservatore una sensazione di contrasto. Forse la mia fantasia correva
troppo, ma non potevo fare a meno di pensare che quella donna portasse il
fardello di un conflitto interiore. Per quale legge trascendente emanasse da
lei questo senso di disagio, non avrei saputo dirlo. Poteva anche trattarsi
semplicemente di una mia illusione.
Mi concentrai sul suo
abbigliamento e, ad una più attenta analisi, notai particolari insoliti che
prima mi erano sfuggiti. Portava strani occhiali da sole rotondi, dalla lente
appena rosata e quasi trasparente, che indossati sul viso incorniciato dalla
lunga capigliatura mi ricordavano lo stile un po’ hippy di John Lennon. Ma
l’effetto di discordanza era dato soprattutto dall’abbinamento di una tuta di
pile con degli stivaletti scamosciati molto in voga fra le ragazze più giovani.
Mi chiesi quale attività richiedesse una combinazione di vestiti così
particolare e formulai un’ipotesi tutta mia. Combinai dunque la presenza di un
grande zaino nero da palestra, sul sedile accanto alla donna, con il leggero
untore dell’attaccatura dei capelli, arrivando alla conclusione che stesse
tornando a casa da un faticoso pomeriggio di ginnastica. Magari, per la
stanchezza dopo l’esercizio fisico, aveva preferito tenere addosso la tuta cambiando
solamente le scarpe.
Cercai di reprimere un
ridicolo orgoglio per le mie brillanti capacità investigative, ripetendo a me
stessa che si trattava solo di un modo per far passare il tempo.
Intanto, a causa di quel mio
fantasioso divagare, avevo dimenticato la sensazione di incoerenza di poco
prima. Stavo proprio ridendo delle mie assurde considerazioni, quando dalla
piccola busta trasparente la donna estrasse un rosario.
La cosa mi sorprese
notevolmente e inizialmente non ne capii il motivo. Dopotutto moltissime
persone tengono al collo un rosario o un crocifisso. Eppure, nel gesto di mettere
al collo il sacro ornamento notai una certa ostentazione che si accentuò poco
dopo, quando la donna indossò un paio di grandi orecchini a forma di croce,
sempre provenienti dalla busta di plastica. Non si trattava semplicemente di
esibire i simboli del proprio credo religioso, la donna stava lanciando un
messaggio chiaro e forte a tutte le persone presenti. Lei era cristiana, assolutamente
devota, ed era felice perché aveva una certezza: la sua fede incrollabile le
avrebbe garantito il meglio della vita.
Non mi stupii di osservare
una nuova luce nei suoi occhi. Il viso mostrava ora un’espressione che
racchiudeva sollievo e soddisfazione. Potevo addirittura scorgere una punta di
orgoglio nella disinvoltura con cui adesso stava ripiegando la busta
trasparente per rimetterla nella borsa.
La misteriosa sensazione di
incoerenza di poco prima aveva dunque una spiegazione assai semplice.
La donna si trovava
effettivamente a disagio, ma non per un profondo conflitto interiore, bensì
perché si sentiva in qualche modo “nuda”, indifesa. Senza i simboli religiosi
che indossava tutti i giorni, aveva perso una parte importante della sua
identità. Forse per un attimo aveva persino dubitato della sua fede e questo
l’aveva fatta sentire perduta. Forse nel momento in cui il viso era nascosto
dai capelli aveva davvero versato una lacrima, ma non per un amore perduto. Più
probabilmente per il rimorso di aver dubitato anche un solo istante.
Così ora, carceriera di se
stessa, la donna si era nuovamente rifugiata tra le solide pareti della sua
salvifica devozione. Prigioniera di un’idea, ma finalmente felice.
L’altoparlante annunciò con
voce metallica la mia fermata: sorrisi educatamente e mi preparai a scendere.
Come promesso (vedere commenti in Gioventù avariata ), scriverò un post sul mistero affascinante della natura dell'amore.
Generazioni di filosofi, sociologi, poeti, scrittori e scienziati addirittura, hanno provato a darne una definizione. Sembra riduttivo chiudere il significato dell'amore in poche righe, poiché sono innumerevoli le sfaccettature di questo sentimento così potente e così presente nella natura dell'uomo.
Io, che non sono una filosofa, né una sociologa, poetessa, scrittrice o scienziata, non mi sento all'altezza di dare una definizione personale, un giudizio di come dovrebbe essere l'amore. E' come la metafisica di Kant: mi sento predisposta a pensare all'amore, a desiderarlo, a cercare di comprenderlo, ma è qualcosa che trascende la razionalità e per questo posso coglierne solo alcuni aspetti. Una visione completa per me é impossibile. E' così anche per le altre persone? Forse.
E' per questo che vorrei aprire una discussione su questo bellissimo argomento. Se ognuno di noi porterà la propria idea dell'amore, esporrà i propri dubbi, o le proprie convinzioni, forse potremo imparare gli uni dagli altri qualcosa che prima non avevamo preso in considerazione.
Ci vuole però un punto di partenza, e io propongo questo. Di seguito riporterò alcune citazioni d'autore, scelte senza alcun collegamento fra loro, escluso il filo conduttore della discussione. Non saranno in ordine cronologico, né alfabetico. Alcune magari sembreranno banali, altre più meditate. Deciderete voi.
Dalle citazioni potrete trovare spunto per esporre una vostra idea dell'amore o per aprire un dibattito su questioni controverse. Aspetto i vostri commenti.
Nel frattempo, buona lettura!
"Liberatasi dal quel segno umiliante, Ester trasse un lungo sospiro nel quale parve esalare tutta la vergogna e l'angoscia che per sette anni avevano gravato sull'anima sua. Incomparabile gioia: dall'intensità di questa soltanto ella poté valutare quanto profonda fosse stata la pena. Con un altro gesto istintivo si tolse la cuffia austera che le imprigionava i capelli e lasciò che questi fluissero, a onde luminose, sulle spalle e restituissero finalmente al suo viso la dolce espressione di un tempo. Un sorriso tenerissimo e raggiante ritornò a splendere nei suoi occhi; e le gote, fino allora pallide e smorte, si colorirono d'un leggero rossore. Ella ridiventava giovane e bella, donna soprattutto, quale era stata in un passato che si crede irrevocabile, come per miracolo: per il miracolo della felicità che ella aveva intraveduta. E per una misteriosa simpatia delle cose intorno, quasi che cielo e terra fossero tristi della tristezza di quei due esseri umani, il cielo d'un subito si schiarì e un'ondata di sole scese dall'alto, investì la foresta, rise sopra ogni foglia verde, colorì d'oro ogni foglia morta, accarezzò teneramente i vecchi tronchi grigi e rugosi, mentre il ruscello restituiva, moltiplicata, quella luce improvvisa attraverso il mistero del bosco: non più mistero di tenebra, ma mistero di gioia. Tanto vasta e pronta era l'eco che la foresta - la foresta selvaggia e ignara di leggi - offriva alla felicità dei due amanti! L'amore, sia quando nasce, sia quando risorge da un letargo che era sembrato mortale, sprigiona tanta luce che tutto il mondo intorno se ne accende; ma quand'anche sulla foresta si fosse disteso ancora il livido cielo di dianzi, essa sarebbe apparsa egualmente inondata di sole agli occhi di Ester e di Dimmesdale."
[La lettera scarlatta, Nathaniel Hawthorne]
"Amore non possiede né vuole essere posseduto.Poiché ad amore è sufficiente amore.
Quando voi amate non dovreste dire: «Dio è nel mio cuore», ma piuttosto: «Io sono nel cuore di Dio».
E non pensate di poter dirigere il corso d'amore, poiché amore, se vi trova degni, dirige il vostro corso.
Amore non ha altro desiderio se non portare a compimento se stesso.
Ma se voi amate e dovete necessariamente avere desideri, fate che i vostri desideri siano questi:
sciogliervi ed essere come un ruscello che scorre e canta la sua melodia alla notte.
Conoscere la pena di troppa tenerezza.
Essere feriti dalla vostra stessa comprensione d'amore; e sanguinare di buon grado e pieni di gioia.
E svegliarvi all'alba con un cuore alato e rendere grazie per un altro giorno d'amore;
riposare nell'ora del meriggio e meditare l'estasi d'amore; ritornare a casa al vespro con gratitudine;
e poi dormire con nel cuore una preghiera per la persona amata e sulle labbra un canto di lode."
[Il Profeta, Kahlil Gibran]
"Così si dice che l'amore è cieco perché noi non vediamo più i difetti della persona amata. Ma, nello stesso tempo, vede più degli altri, perché nota le qualità e le bellezze che gli altri non colgono. Così l'amore è conquista però nello stesso tempo, sottomissione. L'amore è egoismo, sfrenato egoismo, eppure anche dedizione totale. L'amore è rispetto, ma non si ferma davanti al no dell'amato. E' tremore ma anche coraggio, è prigione ma anche libertà, malattia ma anche salute, felicità ma anche martirio. L'amore è un continuo domandare, ma è anche trepida attesa."
[L'erotismo, Francesco Alberoni]
"Cosa sarebbe per il nostro cuore un mondo senza amore? Sarebbe come una lanterna magica senza la luce…"
"Talvolta non posso concepire che un altro possa, osi amarla, mentre io l’amo così
unicamente, profondamente, intensamente, e non conosco, non so, non ho
che lei al mondo"
"Ho tante sensazioni in me e il pensiero di lei le assorbe tutte; ho tante cose, e senza di lei tutto è nulla per me…"
[I dolori del giovane Werther, Goethe]
"Gettai il braccio libero attorno alle spalle di Hassan e insieme ci mettemmo a saltellare, ridendo tra le lacrime. - Hai vinto Amir agha! Hai vinto! -
- Abbiamo vinto! Abbiamo vinto! - non riuscivo a dire altro. [...]
- Ora do la caccia all'aquilone azzurro per te - Lasciò cadere il rocchetto e schizzò via come un razzo, trascinando nella neve l'orlo del suo chapan verde.
- Hassan! - urlai - Torna con l'aquilone azzurro! -
Arrivato in fondo alla strada si fermò e con le mani attorno alla bocca mi gridò: - Per te questo e altro - "
[Il cacciatore di aquiloni, Khaled Hosseini]
" - Cerco degli amici - disse il piccolo principe -Che cosa vuol dire 'addomesticare'?
- E' una cosa da molto dimenticata. Vuol dire 'creare dei legami'... -
- Creare dei legami? -
- Certo, - disse la volpe - Tu, fino ad ora, per me, non sei che un ragazzino uguale a centomila ragazzini. E non ho bisogno di te. E neppure tu hai bisogno di me. Io non sono per te che una volpe uguale a centomila volpi. Ma se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno l'uno dell'altro. Tu sarai per me unico al mondo, ed io sarò per te unica al mondo. - [...]
- Conoscerò un rumore di passi che sarà diverso da tutti gli altri [...] il tuo mi farà uscire dalla tana, come una musica. E poi, guarda! Vedi laggiù in fondo dei campi di grano? [...] I campi di grano non mi ricodano nulla. E questo è triste! Ma tu hai capelli color dell'oro. Allora sarà meraviglioso quando mi avrai addomesticato. Il grano, che è dorato, mi farà pensare a te. E amerò il rumore del vento nel grano... - "
[Il Piccolo Principe, Antoine de Saint-Exupery]
"Quando, alla luce incerta di un'alba piovosa d'aprile, posi per la prima volta le labbra sulla testina di mio figlio, mi parve che la vita per la prima volta assumesse a' miei occhi un aspetto celestiale, che la bontà entrasse in me, che io divenissi un atomo dell'Infinito, un atomo felice, incapace di pensare e di parlare, sciolto dal passato e dall'avvenire, abbandonato del Mistero radioso. Due lagrime mi si fermarono nelle pupille. Io stringevo fra le braccia la mia creatura, viva, viva, viva! Era il mio sangue in essa, e il mio spirito: ella era tutta me stessa, di già, e pur mi esigeva tutta, ancora e per sempre: le donavo una seconda volta la vita colla promessa, coll'offerta della mia, in queel lungo bacio lieve, come un suggello ideale."
[Una donna, Sibilla Aleramo]
"L'amore è come l'ossigeno! L'amore è una cosa meravigliosa, ci innalza verso il cielo! Tutto quello che ci serve è amore!"
"La cosa più grande che tu possa imparare è amare e lasciarti amare!"
[dal film Moulin Rouge!]
"Nel momento in cui Myu le sfiorò i capelli, Sumire si innamorò di lei immediatamente. Fu questione
di un attimo, come quando uno, attraversando un campo sconfinato, viene
all'improvviso colpito da un fulmine. Fu per lei una rivelazione artistica,
un'illuminazione divina. per questo, almeno in un primo momento, che la persona
in questione fosse una donna, non sembrò costituire un problema."
[La ragazza dello Sputnik, Haruki Murakami]
Voi che per li occhi mi passaste ’l core
e destaste la mente che dormia,
guardate a l’angosciosa vita mia,
che sospirando la distrugge Amore. [...] [Guido Cavalcanti]
Amor, ch'a nullo amato amar perdona,
mi prese del costui piacer sì forte,
che, come vedi, ancor non m'abbandona.
Amor condusse noi ad una morte:
Caina attende chi a vita ci spense
[Inferno, Dante Alighieri]
Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris. Nescio, sed fieri sentio et excrucior.
[Catullo]
I ragazzi che si amano si baciano
In piedi contro le porte della notte
I passanti che passano li segnano a dito
Ma i ragazzi che si amano
Non ci sono per nessuno
E se qualcosa trema nella notte
Non sono loro ma la loro ombra
Per far rabbia ai passanti
Per far rabbia disprezzo invidia riso
I ragazzi che si amano non ci sono per nessuno
Sono altro lontano più lontano della notte
Più in alto del giorno
Nella luce accecante del loro primo amore.
[Jacques Prevert]
[...]Tesserò i tuoi capelli come trame di un canto.
Conosco le leggi del mondo, e te ne farò dono.
Supererò le correnti gravitazionali,
lo spazio e la luce per non farti invecchiare.
Ti salverò da ogni malinconia,
perché sei un essere speciale ed io avrò cura di te...
[La cura, Franco Battiato]
[...]Ognuno di noi è dunque la metà di un umano resecato a mezzo com’è al
modo delle sogliole: due pezzi da uno solo; e però sempre è in cerca
della propria metà. E quanti risultano tagliati da quell’essere misto
che allora si chiamava androgino, sono grandi amatori di donna, ed è da
questo ceppo che provengono per lo più gli adulteri; e parallelamente le
donne che da qui provengono vanno folli per gli uomini e sono adultere;
invece quante donne risultano parte di femmina, per nulla pensano agli
uomini, ma più volentieri sono inclinate alle donne, e da questo sesso
vengono le tribadi; e quanti infine sono parte di maschio danno la
caccia al maschio e finché sono fanciulli, cioè fettine di uomini, amano
gli uomini e godono a giacersi e ad abbracciarsi con gli uomini. E
questi sono i migliori fra i fanciulli e i giovani perché sono i più
virili di natura. Certo alcuni li dicono impudenti, ma è falso; perché
essi non si comportano così per impudenza, ma per l’indole forte,
generosa e virile, in quanto amano ciò che è loro simile[...]
[Simposio, Mito dell'androgino, Platone]
Due parole sulla scelta delle citazioni.
Ho fatto una selezione un po' per istinto e gusto personale. Ho cercato, tuttavia, di inserire brani riguardanti diverse "tipologie" di amore (quindi anche l'amicizia e l'amore verso i figli) e diverse tematiche delicate (come l'adulterio, l'amore omosessuale...). Ma potete trovare anche le questioni dell'innamoramento, dell'amore che fa soffrire, dell'amore come dedizione totale.
Alle ore 12.59 l'autrice di questo blog scrive la prima riga del 100° post.
E' il 3 settembre 2012, il cielo è nuvoloso, la temperatura esterna è di 18°C. L'umidità è pari all'84%, mentre la velocità del vento è di 19km/h.
L'autrice di questo blog si trova attualmente nell'ufficio dove svolge lo stage estivo e tiene a specificare di essere in pausa pranzo.
Nell'ufficio accanto una radio è rimasta accesa e trasmette Se ci sarai dei Lunapop. Un telefono interno squilla, ma nessuno risponde. Rumore di tacchi: alcune impiegate stanno per uscire.
L'odore di caffé - c'è una macchinetta usata di frequente - si mescola all'odore della pioggia che proviene dalle finestre aperte.
All'autrice di questo blog ha appena cominciato a fischiare un orecchio e lei trova la cosa molto fastidiosa.
All'autrice di questo blog piace:
- Mettere in ordine i pastelli e i pennarelli, secondo la successione dei colori dell'arcobaleno
- Rispondere al telefono dell'ufficio, dandosi importanza
- Condire l'insalata con la senape
- Cercare di capire come si sente una persona, osservando i suoi gesti
All'autrice di questo blog non piace:
- Quando manca la luce in casa, di sera
- Parlare con le persone che portano gli occhiali da sole
- Aprire le pesche, senza riuscire a separare le due metà dal nocciolo
- L'odore di fumo in cucina quando una fetta di pane si brucia nel tostapane
L'autrice di questo blog ora vuole spiegare perché il post è scritto in questo stile inusuale. Spera che i propri lettori abbiano capito che si tratta di una citazione. La citazione - sempre meglio specificare - riguarda il film intitolato Il favoloso mondo di Amelie, regia di Jean-Pierre Jeunet, anno 2001, colore, sonoro, 120 minuti, lingua originale francese, titolo originale Le fabuleux destin d'Amélie Poulain, con Audrey Tautou nel ruolo di Amélie Poulain e Mathieu Kassovitz nel ruolo di Nino Quincampoix.
Ok, fine del gioco. :) Il favoloso mondo di Amelie è un film particolarissimo. Divertente, un po' romantico, piuttosto surreale. Una voce narrante esterna sembra influenzare l'andamento della vicenda, i personaggi rivolgono occhiate furbesche alla telecamera, gag e situazioni esilaranti non mancano. Allo stesso tempo, colpisce la finezza di questa storia, la delicatezza con cui ogni personaggio è disegnato. Il favoloso mondo di Amelie è un invito a godere di tutti i piccoli piaceri che la vita ci offre ogni giorno, ma che noi spesso ignoriamo, noi sempre tesi verso l'irraggiungibile.
Particolarmente degna di nota è la colonna sonora, di cui vi propongo un bellissimo brano. Buon ascolto!
Pensare che molto di quel è raccontato sia capitato davvero all'autrice fa stare davvero male. Ma è inesprimible la gioia che comunica la protagonista nel parlare del suo bambino, dell'amore di quella piccola creatura sangue del suo sangue. Ed il sacrificio compiuto per salvare la propria dignità strazia il cuore di chi legge...
Allo stesso tempo, la storia di una donna così forte, spirito devastato e bellissimo, rende onore a tutte le donne che ancora oggi, in tutto il mondo, lottano per la parità dei sessi e per far valere i propri diritti... E' triste che ancora esista una "festa della donna", come se in tutti gli altri giorni il suo valore fosse trascurabile. E' triste che si debba ancora dire che le donne devono avere gli stessi diritti degli uomini. Questa idea deve scomparire e fondersi completamente in un'idea più grande e più aperta: non siamo uomini e donne, ma tutti esseri umani.
Città di cultura e di biciclette, Ferrara ospita ogni anno (dal lontano 1988) artisti di strada di ogni genere e nazione, nell'ambito del Buskers Festival. Come scritto sulle magliette esposte presso i punti vendita del festival, un Busker è una persona che canta o suona per strada, a diretto contatto con il pubblico.
Quest'anno la manifestazione si è svolta nella settimana 18-26 agosto ed ha visto protagonisti, oltre a meritevoli musicisti, anche numerosi giocolieri, clown e mimi, che hanno ben conquistato l'attenzione dei più piccoli. Il caldo soffocante non ha scoraggiato turisti ed appassionati del festival, che hanno riempito le piazze e i vicoli, nonché i locali del centro per cercare un po' di frescura. E' stata stimata, infatti, la presenza di oltre 800mila visitatori, di cui molti giovani.
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Il Buskers Festival nasce come un'iniziativa volta alla valorizzazione della musica di strada, che non ha nulla da invidiare a tipologie di arte più "formali", ma che spesso viene disdegnata e addirittura vietata in certi Paesi.
Ma se si considera l'arte un mezzo per "comunicare" sensazioni, emozioni e passioni, allora la musica di strada è arte al cento per cento. Non c'è contatto più diretto fra artista e pubblico: i musicisti sono lì, a pochi passi. Se poi, con un po' di fortuna si riesce a conquistare un posto in prima fila, allora non si può rimanere estranei alla loro carica travolgente.
Sebbene il loro "cappello" sia sempre pronto per accogliere offerte, i Buskers non suonano per denaro, né per desiderio di gloria. Si legge la passione nei loro occhi - assorti, sorridenti, deliranti talvolta - e questa passione invade, inevitabilmente, chi li ascolta, invitando tutti a ballare, cantare, battere il ritmo, insomma a partecipare allo spettacolo. E' questa la cosa più bella della musica di strada: non si è semplici spettatori, ma si partecipa a realizzare e a migliorare l'esibizione, unendo il proprio divertimento a quello degli artisti e delle altre persone.
Tuttavia, la musica di strada non è solo svago, ma anche fonte d'insegnamento. E' incredibile come sia facile, grazie ai Buskers, scoprire (e incominciare immediatamente ad apprezzare) nuovi tipi di musica, ai quali prima non si era data la minima attenzione. Jazz, Folk, Country, Swing, Reggae, Ska... Generi poco conosciuti dalle masse infatuate dalle canzonette commerciali. Eppure si vedono in piazza, radunate a cerchio intorno a band sconosciute, persone di ogni età rapite nel più puro divertimento. Questo è il segno che la buona musica non è ancora stata sconfitta. Nonostante tutto, la musica è ancora bella solo per se stessa, non per il nome di chi la crea.
E ancora, essere musicisti di strada vuol dire anche essere inventori. Perché con un violoncello non si suona solo musica classica, perché non importa avere la batteria per suonare il rock, perché si può fare delle bottiglie di vetro un ottimo strumento. La capacità di creare musica "improbabile" è un merito notevole per i Buskers, che spesso hanno più originalità di tanti idoli musicali oggi decantati.
Passione, divertimento, emozione, ma anche sacrifici... La musica di strada riassume la vita di uomini liberi.
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Dopo questa breve apologia di un'arte considerata "da poveri", segnalo i gruppi che più mi hanno colpito, durante la mia visita al Buskers Festival.
Pereira sembra tutto fuorché un eroe: un giornalista vecchio, grasso e profondamente solo.
Eppure Pereira è un eroe. La sua è una lotta silenziosa, nascosta fra le righe degli articoli che scrive per la pagina culturale del Lisboa, un giornale cattolico perfettamente inquadrato nel regime Salazarista. La sofferenza di Pereira, che non può scrivere liberamente e vede fuggire tutti gli intellettuali dal suo Paese, spira dalle pagine insieme alla caligine di un'afosa Lisbona degli anni '30, teatro di questo dramma - non solo - interiore.
Sebbene Pereira si lamenti continuamente, con il quadro di sua moglie, di quel Monteiro Rossi che lo sta mettendo nei guai, per qualche motivo continua ad aiutarlo. Per un qualcosa, una sensazione che non sa - o non vuole - spiegarsi, Pereira conserva in un cassetto tutti gli articoli "impubblicabili" del giovane. Ed il giorno in cui l'ingiustizia trionfa, Pereira capisce che il suo ruolo è cambiato e il Portogallo non è più un posto adatto a lui.
"Sostiene Pereira", questa frase che dà il titolo al romanzo e si ripete, come un leit motiv, numerose volte nel corso del romanzo, conferisce alla storia un ritmo
cadenzato e particolare. Al di là di ogni aspettativa, questo eccesso
di ripetizioni non stanca il lettore, bensì lo conquista. La narrazione, limpida e pacata, procede tuttavia con un crescendo di
tensione, ed il tragico finale colpisce il lettore come acqua gelata. Nonostante si possa sorridere di fronte a quel
misto di divertimento e tenerezza con cui il narratore guarda al suo
protagonista, Sostiene Pereira non è una storia allegra.
E' la testimonianza di qualcosa di orribile, del dolore di un uomo che
assiste alla distruzione di tutti i valori in cui crede.
La vicenda di Pereira, tuttavia, non porta solo tristezza nel cuore, ma contiene una forza indescrivibile, capace di commuovere, ed allo stesso tempo, di accendere nell'animo un'indomabile voglia di giustizia. Sostiene Pereira è un inno alla libertà.
Antonio Tabucchi, che ha abbandonato questo mondo la scorsa primavera, è l'autore di un romanzo che unisce una storia malinconica e bellissima ad uno stile
che rivela tutta la maestria di uno dei più grandi scrittori italiani. In precedenza apprezzato e premiato per Notturno indiano, Tabucchi diventa definitivamente conosciuto dal grande pubblico con la pubblicazione di Sostiene Pereira, dal quale viene tratto un film omonimo, con Marcello Mastroianni nei panni del giornalista.
La crisi c'è per tutti è ormai una un'espressione di uso quotidiano. La sento spesso pronunciare con leggerezza, o accompagnata da una risata stridula e forzata, come per scongiurare un grande pericolo. Peccato che quel pericolo abbia già penetrato le nostre case, depositandosi su ogni cosa e su ogni persona come l'odore di fritto, opprimente per il respiro, che si attacca a tutto e se ne va solo dopo una bella lavata. Avremmo bisogno di una grande pulizia di primavera, anche in questa torrida estate. Bisognerebbe attuare un radicale rinnovamento, una selezione delle cose vecchie e logore da buttare e di quelle nuove e utili da tenere. E naturalmente dovremmo rivolgerci ai giovani, unica speranza per il futuro, per compiere questa grande impresa, per risollevare non solo il nostro Paese, ma tutto il mondo da una delle peggiori crisi della Storia.
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Ma ecco il desolante scenario che ci si presenta davanti: ragazzi e ragazze technology addicted, incapaci di comunicare se non per via mediatica, per lo più dipendenti da alcool e fumo. Per non parlare della tendenza all'omologazione, del progressivo abbassamento del livello culturale delle masse, della mancanza di valori e prospettive. E ancora, bambini violenti e intolleranti verso i loro coetanei fin dalla più tenera età, bambini viziati e prepotenti. Che razza di persone diventeranno, quando saranno adulti? Come possiamo affidare il futuro della Terra a persone a tal punto prive di giudizio, individualità, responsabilità, spirito di iniziativa e collaborazione? Si apre una prospettiva a dir poco inquietante. Forse non siamo molto lontani dai terribili mondi distopici di alcuni romanzi sci-fi.
Le nuove generazioni sono allo sfascio, questo è certo. E' una cosa di cui ci si puo' accorgere facilmente guardandosi intorno, osservando bambini e ragazzi, ascoltando quel poco che han da dire. Me ne accorgo io stessa, nella piccola realtà di un paese di campagna, dove una delle maggiori preoccupazioni della gente è quella di essere super-aggiornata sui fatti del vicino di casa. A volte mi capita di ascoltare o partecipare ad assurde conversazioni tra ragazzi e ragazze all'incirca della mia età e mi accorgo allora in quali proporzioni la crisi abbia investito i giovani, ed in quale modo subdolo e meschino. Perché i giovani stessi non si rendono conto del degrado della realtà in cui vivono ed è proprio questo lo scopo di coloro che utilizzano a proprio vantaggio il male delle altre persone.
Cercherò quindi di spiegarvi in cosa consiste questa crisi dei giovani e dirvi quali sono i fattori che la alimentano. Non voglio imbarcarmi nella scrittura di un saggio lungo e pesante, ma porterò esempi della mia esperienza personale, così, miei cari lettori, potrete giudicare voi stessi fino a che punto siamo arrivati. Dovrò scavare a fondo nella squallida quotidianità dei nuovi adolescenti e forse potremo trovare insieme una via d'uscita, un modo per fermare questo vortice che ci sta trascinando nell'abisso.
Partirò con una semplice schematizzazione della situazione attuale che ho realizzato io stessa. Potrete vedere molto chiaramente il loop che tiene prigionieri i giovani d'oggi.
Comincerò a parlare dell'ambito sociale, perché ritengo sia il nucleo del problema. La socialità è una caratteristica innata dell'essere umano, che si sviluppa fin dai primi anni di vita, un po' per imitazione, un po' per istinto. La capacità di relazionarsi con i propri simili nel modo più appropriato deve essere insegnata al bambino prima di tutto dal genitore e in seguito anche dagli insegnanti, nel suo percorso di formazione. Tuttavia, a me sembra che molti genitori non prendano sul serio questa tappa fondamentale della crescita dei loro figli. Proprio nel momento in cui essi avrebbero più bisogno della loro presenza, li abbandonano davanti alla televisione o davanti al videogame. Oppure li "parcheggiano" al pre-scuola, al dopo-scuola o al cre estivo. Molte persone al posto del loro affetto, nutrono i propri figli con dannosi surrogati. Non c'è da stupirsi (e tuttavia non riesco a non stupirmi) se molti bambini crescono come piccoli tiranni.
Vi propongo subito un episodio inquietante che mi è stato raccontato. Il figlio di una persona che stimo e alla quale sono affezionata, ha subito un grande trauma all'età di circa 3-4 anni (ora è uno splendido e intellegente bambino di 8 anni). Tornava a casa dall'asilo piangendo, dicendo di non volerci tornare. Aveva gli incubi la notte, si svegliava gridando. La madre, preoccupata, è andata a parlare con le maestre ed ha così scoperto che il piccolo era stato messo in un angolo e picchiato dai suoi coetanei, più di una volta! Lui non reagiva, perché i genitori gli avevano insegnato a non picchiare gli altri bambini! Sono rimasta sconcertata quando mi è stato raccontato il fatto. Non avrei mai immaginato che bambini così piccoli fossero capaci di formare delle vere e proprie bande di bulletti prepotenti.
Come si spiega il comportamento di questi bambini? Non serve essere esperti psicologi per dirlo. Ormai è infatti risaputo che i videogame violenti - così diffusi tra le nostre famiglie - hanno un'influenza altamente negativa sui bambini e i ragazzi in generale. Ma non solo, perché molti cartoni animati trasmessi alla televisione nelle ore più strategiche - la mattina a colazione, il pomeriggio all'ora della merenda - sono incentrati su combattimenti, lotte, guerre. E checché ne dicano esperti o meno, non è solo il sangue a determinare la violenza di film e cartoni animati. Perché dunque - mi appello ai genitori - non regalate un buon libro ai vostri figli? Un libro che parli d'amore e d'amicizia, un libro che parli di scienza, di storia, di avventure in mondi fantastici. Spronateli a leggere e ad imparare, spegnete quella scatola ronzante che tenete in cucina: si puo' vivere anche (e meglio) senza, credetemi.
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Ma proseguiamo questa triste analisi e addentriamoci nell'oscuro mondo dell'età adolescenziale. Molti genitori sono a dir poco terrorizzati da questo drastico passaggio, da questa metamorfosi dei loro bambini in persone (quasi) adulte. Ecco il momento dei silenzi senza motivo, degli inspiegabili e repentini cambiamenti d'umore, dell'atteggiamento arrogante e irrispettoso. Ma l'adolescenza non è sinonimo di ribellione. E' invece il delicato periodo in cui si forma la personalità di un individuo; è, per così dire, il momento in cui si ripassano per bene i contorni di un disegno per fargli assumere la forma definitiva. Detto ciò, è evidente che gli adolescenti siano esrtremamente malleabili e influenzabili nelle loro scelte e nel loro sistema di pensiero. La frase di un insegnante, il consiglio di un amico, un'esperienza positiva o negativa, possono determinare una svolta radicale nel comportamento di un giovane.
Questa, purtroppo, è una cosa ben risaputa nel mondo della televisione e dei media in generale. Il potere della pubblicità, sottovalutato dai consumatori privati, è ben conosciuto e sfruttato da tutti i potenti del mondo. L'influenza della pubblicità è tale da ridurre notevolmente il nostro libero arbitrio. E se gli adulti, già temprati da numerose esperienze personali, sono estremamente influenzati dalla pubblicità, cosa possiamo pensare dei giovani? So che è difficile convincersi di queste parole, io stessa che scrivo tendo a sentirmi immune da questo potere. Eppure, usando la razionalità, comprendo che i miei gusti sono condizionati, per quanto io mi sforzi di estraniarmi dalle tendenze generali. Ma se fatico a trovare i segni del condizionamento in me stessa, non posso dire altrettanto della gente intorno a me. Mi accorgo chiaramente di quanto una persona sia influenzata dai media nel modo di vestire, di parlare, di atteggiarsi, nei gusti e nelle idee.
L'esempio più significativo è quello della moda. Il concetto di moda non deve essere associato semplicemente all'abbigliamento, ma deve essere esteso a tutto ciò che consideriamo di tendenza. Non solo alcuni oggetti si possono definire trendy, ma anche (purtroppo) alcuni modi di comportarsi, alcuni modi di comunicare. Insomma, l'importante non è chi sei, ma quello che hai o quello che fai.
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Caso emblematico è quello dei social networks - idolatrati dalla maggioranza delle persone - che sembrano essere indispensabili per la vita sociale del XXI secolo. In realtà, i vari Facebook, Twitter, MySpace invece che aiutare a relazionarsi con gli altri, hanno notevolmente peggiorato la socialità della gente, ed in particolare quella delle nuove generazioni. Ora, poiché mi piace essere equilibrata e razionale, devo chiarire che non è il social network in sè ad essere dannoso, ma l'immagine che si è creata attorno ad esso e di conseguenza, l'uso che ne viene fatto. E' un classico discorso che viene spesso associato alla scienza e alla tecnologia, ma non è banale come sembra. L'invenzione della rete Web, forse una delle più importanti e rivoluzionarie del XX secolo, è nata proprio con lo scopo della condivisione dell'informazione. Informazione però che non viene proposta allo spettatore passivo, ma che deve essere cercata, analizzata e criticata dal singolo utente. Dunque, per non divagare troppo, anche il social network puo' essere un ottimo modo per la condivisione di informazioni e news dell'ultimo secondo. Il problema sta nel rapporto che si è venuto a creare tra l'utente e il mondo del social virtuale, fondamentalmente un rapporto di dipendenza.
Tutte le volte che vado a casa di amiche e accendiamo il computer, la prima cosa che vedo fare è controllare le notifiche su Facebook. Magari avevano spento il pc solo qualche minuto prima che arrivassi. Ma talvolta, anche persone ospiti da me mi hanno chiesto di "andare un attimo su Facebook" per controllare non so cosa. Insomma, se non sei tranquillo senza aprire Faccialibro ogni dieci minuti, non puoi negare di avere qualche problema. E io, dopo averci riflettuto un po', ho capito qual è il problema, perché i social networks sono così amati.
Tutti lo fanno, nessuno vuole ammetterlo: spiare le altre persone. Facebook è lo strumento assolutamente infallibile per scoprire cosa fa, cosa pensa, cosa piace ad una persona; è come un esteso documento d'identità che contiente tutte le informazioni più appetitose per i curiosi ficcanaso. E' inutile che mi vengano a dire che è comodo per restare in contatto, perché allora il buon vecchio MSN era più che sufficiente. La verità non è altro che questa, e cioè che grazie all'onnisciente Facebook, ora tutti possono soddisfare le proprie morbose curiosità. "E' ridicolo non iscriversi a Facebook per una questione di principio" mi è stato detto. Io, che sono una persona a cui non piace discutere, non ho risposto. Ma dentro di me sono rimasta sconvolta: lasciando perdere il fatto che ho i miei buoni motivi per non iscrivermi, vorreste dirmi che non ho neppure la libertà di avere un MIO PRINCIPIO indiscutibile?! Qui Orwell direbbe con soddisfazione: "Cosa vi avevo detto?" Altro che 1984!
Ma per fortuna che conservo qualche principio mio, non influenzato dalla tendenza di massa!
Twitter, il secondo social network più conosciuto, ha un altro problema. Sicuramente è anch'esso un veicolo di informazioni personali, ma più che altro viene utilizzato come una sorta di diario. La gente (l'ho fatto anch'io per un certo periodo, poi mi sono accorta della stupidità della cosa) scrive ogni minuto quello che sta facendo, se è stanca, se è felice, se è triste, se è arrabbiata, condividendo addirittura le funzioni biologiche (fino a questo punto non ci sono arrivata!). Twitter è il deposito degli sfoghi di tutte le persone incomprese e depresse oppure il biglietto da visita di individui che si sentono strafighi. Ma è apprezzato ancora di più da una moltitudine di bimbiminkia che impazziscono per questa o quella star del momento. Infatti Twitter, a differenza di Facebook, viene utilizzato direttamente anche da alcuni VIP e ci sono innumerevoli stupidi che credono di farsi notare, adulandoli in modo patetico. Io sono iscritta a Twitter, e non ho ancora capito se mi risulti di una qualche utilità o meno. Più che altro lo uso per pubblicizzare il blog.
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Ora, che sarete stanchi dopo questa lunga lettura (e vi avverto, ne manca ancora!), vi propongo una chicca del noto youtuber Canesecco. Buona visione!
Vi siete fatti qualche risata? Bene, sono contenta. E' ora di rimetterci al lavoro.
Riprendiamo dunque la questione della moda. Al giorno d'oggi, per essere trendy, non basta indossare abiti griffati, ma bisogna stare attenti a come si sceglie di passare il tempo libero. Perché se preferisci i libri alla discoteca o una serata in pizzeria all'happy hour, allora sei out. Sei simpatico sì, nessuno ha niente contro di te, però, come dire, sei un po' indietro rispetto ai tempi. Ti perdi la cosa più bella, amico, lo sballo! No alcol, no party. Questo è il nuovo slogan. Anche le feste di compleanno ormai devono seguire le inflessibili regole dell'eccesso e della trasgressione. Le basi fondamentali di un party alla moda sono due: 1. Abbondanza di alcol: "Devo farmi qualche cicchetto perché altrimenti non riesco a ballare"
L'ho sentito con le mie orecchie. Tralasciando che "ballare" è una parola grossa per la discoteca, se non puoi fare a meno dell'alcol vuol dire che fondamentalmente ti vergogni di quello che consideri un divertimento. Ma chi ti costringe a farlo allora? Solo perché lo fanno tutti? Allora se diventasse di moda buttarsi nei pozzi, ti butteresti per primo? Non fa una piega. 2.Un numero esagerato di persone, ovvero il caos: "Ma alla festa di... Saremo solo in 20? Ma siamo pochissimi, che
brutto...e poi cosa facciamo dopo aver mangiato? Dobbiamo assolutamente
trovare qualcosa da fare, altrimenti è una noia e se ne vanno tutti."
Altra frase che ho sentito in prima persona. Innanzitutto, più persone ci sono, più la festa diventa dispersiva ed è difficile trovare qualcosa che possa coinvolgere tutti. Inoltre, perché tutti disdegnano il primo e fondamentale dono dell'Uomo, la parola? Discutere, scambiarsi opinioni, raccontare storie interessanti e divertenti, ascoltare l'esperienza di altre persone... Sono forse attività noiose? Da parte mia, ritengo siano queste le basi della vera vita sociale.
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E perché, secondo voi, tutti questi giovani cercano la trasgressione? E' un cane che si morde la coda, come già spiegato. Da una parte la pubblicità propone il binomio ALCOL=DIVERTIMENTO (nel video qui sotto potrete vederne alcuni esempi); dall'altra è il bisogno inconscio di evadare da una realtà sempre più degradata. E qui entriamo nell'ambito economico.
Essere alla moda è molto costoso. Pensate ai nuovi gadget high-tech, ai vestiti, a quanti soldi servono per uscire il sabato sera, tra benzina, cena, discoteca e alcolici.
Il problema qui riguarda la famiglia. Anche se la crisi economica ha ridotto di non poco lo spessore dei portafogli, molte famiglie mantengono il tenore di vita degli anni scorsi. Insomma, si vive al di sopra delle proprie possibilità sperando nell'arrivo della gallina dalle uova d'oro.
Inoltre si è progressivamente sviluppata la mentalità del: "Mio figlio deve avere tutto, deve poter fare tutto quello che vuole, è sempre lui la vittima, deve essere sostenuto in tutto e per tutto". E' sempre la stessa questione: per "rimediare" ad un rapporto troppo distaccato, si vizia il figlio assecondandolo in tutte le sue richieste. Così, tra uno smartphone e un iPad, sono sempre meno le risorse dedicate all'istruzione. Non che le famiglie rinuncino alle varie spese connesse alla scuola: quello che manca è l'incoraggiamento. Sono pochi i genitori che spronano i propri figli ad approfondire questioni e tematiche che vengono affrontate sui banchi di scuola. Allo stesso tempo però, è generalmente diffuso un certo orgoglio egoistico, per cui il figlio è perfetto e se ha dei problemi è sempre colpa degli altri. Mi racconta spesso il mio papà che quando era un bambino, se uno tornava a casa lamentandosi di essere stato picchiato dall'insegnante, i genitori rincaravano la dose, perché di sicuro se l'era meritato. Oggi, maestri e professori ricevono insulti e minacce - denunce, talvolta - se bocciano i bambini con delle difficoltà (e anche di questo ho i testimoni diretti, credetemi).
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Questo problema, unito alle cifre non indifferenti che richiede la frequentazione di scuole superiori ed univeristà, ha fatto sì che il livello culturale di massa si sia abbassato notevolmente in questi ultimi tempi. La cultura è ormai un privilegio dei ricchi, che possono permettersi di mandare i propri figli a prestigiosi istituti privati (per saperne di più: La scuola di serie B ). Chi invece non dispone di grandi patrimoni si deve accontentare di scuole pubbliche in cui talvolta manca adddirittura la carta igienica.
Non c'è da stupirsi poi se i giovani non si sentono motivati nello studio.
Non c'è da stupirsi se navigando sul web si trovano queste cose.
Avete riso? Vi capisco, ma ci sarebbe da piangere.
Sempre per restare in tema vi propongo un estratto di una conversazione fra due ragazzine di prima superiore che ho sentito, aspettando il treno la mattina.
Devo fare una piccola premessa: nel mio liceo, da un paio d'anni, grazie alla fantastica riforma Gelmini, sono state notevolmente ridotte le ore settimanali. Io, mantenendo il programma precedente, da settembre avrò tre giorni con cinque ore di lezione e tre giorni con sei. I nuovi arrivati non hanno neanche tutte le mattine da cinque ore, ma alcune da quattro. Le "seste ore", come le chiamiamo in gergo, non sapranno mai cosa siano.
A: "Facciamo qualcosa oggi dopo la scuola? A che ora esci?"
B: "Oh che palle, oggi ho cinque ore, quindi esco all'una meno dieci."
A: "Cinque ore?! Dev'essere una noia!"
B: "Madonna, ti giuro, se dovessi fare cinque ore tutti i giorni non ce la farei!"
Ovviamente non sono le parole esatte che hanno detto, ma il succo era questo. Non saprei come commentare questo episodio, credo dica tutto da sè.
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Bene, sono ormai alla fine di questo lungo monologo. Naturalmente non ho potuto affrontare tutte le tematiche relative al degrado delle nuove generazioni: ci sarebbero tante altre cose da dire.
In ogni caso, quello che ho scritto non è il frutto di un cavilloso ragionamento mentale, ma un semplice reportage nato dalla mia esperienza di giovane in mezzo ai giovani.
Mi aspetto delle critiche, senza dubbio. Sicuramente qualcuno mi accuserà di saltare alle conclusioni troppo in fretta, di non avere la mente abbastanza lucida in quanto parlo di una realtà in cui vivo e da cui potrei sentirmi urtata. E invito questo qualcuno a spiegarmi il suo punto di vista, a dirmi quello che pensa, perché questo post vuole essere una provocazione, una scintilla per accendere una discussione.
Sento la necessità confrontarmi con altre persone, non importa la loro opinione, perché devo capire fin dove arriva la mia capacità di osservazione ed analisi della realtà. Devo sapere se altri percepiscono il mio stesso disagio, se condividono le mie paure riguardo al futuro, o se mi sto fasciando la testa per niente.
Ma soprattutto voglio suscitare indignazione! Voglio che, leggendo le mie parole, rimangano indignati tutti coloro che si sentono estranei allo squallore di cui ho scritto.
Voglio che tutte queste persone urlino: NOI NON SIAMO COSI', NOI SIAMO MIGLIORI!
Voglio sentire qualcuno pronto a combattere per far valere la propria persona, pronto ad unire le proprie forze per trasformare questo mondo in un posto migliore.
Un giorno spiegavo ad una cara amica:
"Tutti noi dovremmo impegnarci al massimo in ogni cosa che facciamo, non importa compiere grandi imprese per essere un eroe. Possiamo cambiare il mondo con le piccole cose."
E lei mi ha risposto:
"Io penso che il nostro impegno, i nostri sforzi, le nostre passioni... Non siano piccole cose, ma grandi cose."