La notte è chiara. Il vento di una primavera tardiva spegne le lucciole del bosco, una ad una, come le candeline di una torta. Il bambino ha preso una sedia e una coperta e si è posizionato proprio sul limitare del piccolo viale. Le gambe al petto, le esili braccia al riparo sotto il panno. Come un soldato alla ventura, il bambino è soddisfatto del suo equipaggiamento. Ha un sicuro obiettivo: vincere la paura del buio. Non si tratta solo di quello, no, perché in fondo è bello ascoltare la notte, cercare i colori intimoriti da quel nero prepotente. Però il buio fa sempre un po’ paura, anche ai grandi, è che loro non lo dicono.
Ma la notte è chiara e le stelle pallide. C’è tanta pace e il bambino è tranquillo. In fondo non gli dispiace stare in compagnia di se stesso, comincia a pensare di essere un tipo solitario. Ma si sente solo, ammette, e lo dice con un filo di voce, per non disturbare la luna. Quella se ne sta, un po’ beffarda, nascosta dietro ai primi alberi del verde. Ha il sorriso dello Stregatto e non si capisce cosa stia pensando, lassù per aria. Il bambino non si fida troppo di quel sorriso, sa che di lì a poco anche quello scomparirà dietro la collina, portando con sé le ultime briciole di luce notturna. Allora, sperando di trattenere la luna ancora un po’, il bambino parla a bassa voce. Parla a lei o parla a se stesso? Non lo sa bene neanche lui, gli sembra di essere un po’ matto. Così comincia, piano piano, a battere un ritmo col piede. E’ il ritmo di una canzone dimenticata e ritrovata, una canzone che solo lui conosce. La sua musica silenziosa risuona nel vento e nelle fronde degli alberi, strumenti di un’orchestra silvana. Poi guarda verso il vialetto, laggiù il buio sembra essere ancora più nero. Anche il chiarore lunare sembra essere inghiottito da un pozzo di oscurità. Un fremito lo attraversa, al sentire il fruscio di un cespuglio vicino: gli animali del bosco escono a passeggio. Ora ha un po’ di paura e tira su la coperta fino al naso. Ma ecco di nuovo le lucciole danzare e la luna spuntare da dietro una nuvola. Lo sapeva che non c’era da fidarsi di quel sorriso storto, quel sorriso che ama tanto giocare a nascondino.
La notte è chiara, dopotutto, e il cielo potrebbe essere lo specchio della terra. Là le stelle, qui le lucciole. Il bambino non ha più paura, si sente un po’ solo, tutto qui. Adesso vorrebbe qualcuno con cui confidarsi, un amico magari. Ma improvvisamente le parole e gli amici sembrano appartenere ad un mondo lontano, è una strana sensazione. E’ stanco di essere solo, ripete alla luna. Così, tutto d’un tratto, gli prende una gran voglia di correre e di saltare, di cantare e di giocare. Chissà perché, si domanda, e piegando per bene il panno – è un bambino educato lui – abbandona la sua postazione, sentendosi attratto da qualcosa di misterioso che lo attende in fondo al viale.
Ecco che si accende una luce: c’è una casa laggiù! Ma non sembra il lume di una lampada, è un’aurea dolce che si espande come un profumo irresistibile. E’ la luce calda di due persone strette in un abbraccio. Il bambino, preso da una grande e inspiegabile felicità, corre verso di loro e gli sembra quasi di volare. Una giovane donna e il suo compagno dormono stringendosi le mani, il sorriso sulle labbra e il respiro calmo di chi sta facendo bei sogni. Finalmente li ha trovati! Li stava cercando da così tanto tempo e nemmeno lo sapeva! Vorrebbe svegliarli per giocare insieme e mentre corre (o vola?) intorno a loro si china per studiare i lineamenti di quei volti sereni. Sono così belli, pensa, proprio come li aveva sempre immaginati… Ma poi è vinto da una stanchezza incredibile, una pesantezza mai provata prima. E’ un sonno trascinante, invincibile, un desiderio di farsi piccolo piccolo e di chiudere gli occhi per un po’ di tempo. Ha indovinato, alla fine, i pensieri della luna: nella notte chiara, quella birichina, ammiccava alla sua nuova vita.