sabato 20 luglio 2013

Società e cultura in un mondo distopico [Parte 2]

I roghi di Fahrenheit 451

Il più celebre romanzo di Ray Bradbury descrive una fra le più inquietanti e verosimili distopie. In un futuro imprecisato, ma che sembra lo specchio della realtà, i libri sono proibiti e vengono dati alle fiamme dai pompieri, il cui ruolo è quindi grottescamente rovesciato. «Era una gioia appiccare il fuoco» afferma Montag, il protagonista, nell'incipit del romanzo, dimostrando di essere succube del condizionamento di un governo oppressivo e totalitario. Un governo che alla cultura sostituisce uno stato di connessione permanente, grazie agli schermi televisivi che occupano le intere pareti di una stanza. Tuttavia, grazie all'incontro con una ragazzina stravagante, Montag scopre di condurre un'esistenza vuota e passiva, di non essere veramente felice. Diventa quindi un “fuorilegge” salvando alcuni libri dagli spietati roghi e nascondendoli in casa per leggerli. La moglie, modello del cittadino medio perfettamente inquadrato, tradisce il protagonista, il quale infine si rifugia in una comunità di vagabondi la cui solenne missione è quella di “ricordare” i libri, conservare i testi di interi volumi nelle loro teste, per poi tramandarli e rigenerare la cultura perduta.
Controllo capillare dell'informazione, distruzione della cultura, società indifferente e remissiva: gli ingredienti di una “perfetta” distopia sono ben noti a Bradbury. Lo scrittore stesso dichiara in una recente intervista per La Repubblica: «Fahrenheit 451 è l'unico libro che ho scritto in cui parlo di cose che sono accadute o che possono accadere davvero. Per questo è un libro ancora attuale, non solo per i temi della censura, delle dittature che ancora nel mondo pensano di poter controllare il pensiero umano, decidendo cosa i cittadini possono leggere e cosa no. […] Penso che la "società dello spettacolo" in cui vogliono farci vivere sia fatta apposta per non far pensare la gente, e che la "società dell'informazione" sia costruita in modo che la gente si illuda di pensare davvero. Poi, per fortuna, ci sono ancora i libri, che non fanno parte solo della nostra storia, ma sono parte integrante del nostro futuro. […] Il mio lavoro, in realtà, è quello di aiutare a farvi innamorare. Innamorare della vita, delle meraviglie del mondo che abbiamo attorno, delle persone che incontrate, delle scoperte straordinarie che ognuno di noi fa nel corso della sua vita».



«Riempi loro i crani di dati non combustibili, imbottiscili di "fatti" al punto che non si possano più muovere tanto son pieni, ma sicuri d'essere "veramente bene informati". Dopodiché avranno la certezza di pensare, la sensazione del movimento, quando in realtà sono fermi come un macigno. E saranno felici, perché fatti di questo genere sono sempre gli stessi. Non dar loro niente di scivoloso e ambiguo come la filosofia o la sociologia affiché possano pescare con questi ami fatti ch'è meglio restino dove si trovano. Con ami simili, pescheranno la malinconia e la tristezza.»

Nessun commento:

Posta un commento