sabato 10 luglio 2010

Quando la violenza diventa "normale"

La progressiva e veloce diffusione dei computer in tutte le case ha portato con sé una parallela diffusione dei videogames, apprezzati principalmente dai più giovani. In particolare hanno avuto il maggior successo, i giochi cosiddetti “violenti” e “di guerra”.
In un mondo dove di certo la violenza non manca e, sotto diverse forme, colpisce persone di tutti i Paesi, è necessario chiedersi il perché di questa popolarità dei videogiochi di guerra.
Innanzitutto si è sviluppata in questi ultimi anni la tendenza di condurre una vita sempre più virtuale, lontana dalla realtà che ci circonda. I bambini, soprattutto, e i ragazzi in età pre-adolescenziale preferiscono allontanarsi dal mondo reale attraverso i videogiochi; i ragazzi e le ragazze un po’ più grandi, sono invece sempre di più attirati dai social network e dalle chat. Dunque, nel proprio “universo virtuale” si possono creare degli alter-ego che hanno tutte le qualità desiderate: nello specifico, nei giochi di guerra è possibile impersonare eroi, formidabili combattenti o generali super-intelligenti che fanno sentire invincibili e danno un’inebriante, ma pericolosa sensazione di potere. Proprio questa infatti viene definita, dallo scrittore Alessandro Baricco, la “micidiale bellezza della guerra”: una perfetta occasione per dimostrare il proprio valore e le proprie capacità.
I videogiochi violenti sono inoltre utilizzati, inconsapevolmente, come sfogo ai problemi della vita di tutti i giorni. Per quanto riguarda i giovani, questi problemi possono essere legati alla scuola, alla situazione familiare, ai più o meno difficili rapporti sociali.
Per esempio, i ragazzi che subiscono violenze da coetanei potrebbero vedere (inconsciamente) nei nemici del videogame i propri assalitori della realtà: in questo caso "combattere" diventa uno sfogo e un desiderio di vendetta. Può capitare invece che i giovani con difficoltà a scuola, trascurino lo studio ("tanto è inutile", "tanto non ci riesco") per immergersi in impegnativi giochi virtuali. Provando e riprovando i livelli sempre più difficili riusciranno a completare la missione, allora sentiranno di aver realizzato qualcosa, di essere bravi almeno in quello. Inoltre, gli adolescenti con genitori troppo presenti o troppo assenti, che litigano ogni giorno o separati, cercano di sfuggire ad una realtà che li opprime: l’uso della violenza virtuale è il loro modo di chiedere aiuto.
I videogiochi violenti dunque offrono ai giovani la possibilità di sentirsi migliori, ma è necessario riflettere su quanto effettivamente siano utili ai ragazzi e se non siano piuttosto dannosi in qualche modo. In questo campo sono state effettuate numerose ricerche che non hanno ancora fornito dati certi, ma che hanno evidenziato la tendenza ad una maggiore aggressività nei giovani che utilizzano videogiochi di guerra o di violenza in generale. Secondo i ricercatori dell’università di Iowa (USA), “i giochi violenti forse non inducono i giocatori a comportamenti aggressivi, ma li rendono comunque meno sensibili a filmati che presentano scene di violenza. In parole più semplici, i videogiochi violenti farebbero sembrare la violenza un po' più normale.”

2 commenti:

  1. a difesa dei miei adorati amici videogames ti pongo una piccola domanda: cosa non ha effetti collaterali?cosa non fa male a nessuno?
    ti sfido a trovare una sola cosa che non porti a conseguenze negative.
    comunque, ad essere sincero, è vero che i videogiochi violenti portano ad una "normalizzazzione" della violenza ma è anche vero che si tratta, quasi sempre, di finzione, fatta apposta per darti quell'adrenalina, quel senso di superiorità che ti fa sentir meglio e migliore.
    il punto sta nel fatto che i ragazzi, ragazzini, bambini o chi che sia non sempre riescono a dividere il mondo reale da quello virtuale: qui nasce il problema.
    se ti immedesimi a tal punto da credere di poter sparare alla gente per strada, sei tu che sei un pirla, non è di certo il videogioco ad importi di sparare alla gente.
    e poi, con tutta la violenza che il mondo ci offre, un videogioco non fa differenza, si potrebbe quasi dire che "prepara" i ragazzini ad una vita dove, per sfortuna di alcuni, sarà piena di violenza ingiustificata, mossa da non so cosa e non lo voglio nemmeno sapere, anche se questa, ammetto, è una visione un po' contorta.

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  2. >DonMonta: Innanzitutto non credo affatto che ci sia qualcosa di totalmente innoquo al mondo. Ci sono cose (uso un termine molto generico) che sono molto dannose, altre meno, ma in generale ciò che determina il loro l'effetto su di noi è l'utilizzo che ne viene fatto.
    Ritornando ai videogiochi, questo testo non vuole essere una critica incondizionata (anche se personalmente io non giocherei mai a videogames di guerra, ma questa è una questione di gusti), ma piuttosto una riflessione. Il problema lo hai individuato subito: la capacità di dividere il mondo reale da quello virtuale. Putroppo ciò, che per noi può sembrare una cosa facile e scontata, per altri può essere più difficile. Quello che penso io è che le persone siano facilmente condizionabili (in modo inconsapevole) da ciò vedono. Allontanandomi un po' dal discorso iniziale, non è forse dovuto a questo il grande successo dell'utilizzo della pubblicità?
    Sull'ultima cosa che hai scritto non sono d'accordo per il semplice motivo che la guerra dei videogiochi, non è la guerra reale. Anzichè "preparare" i ragazzi, io penso piuttosto che quei videogiochi diano delle illusioni. La guerra di oggi non è combattuta fra soldati ben equipaggiati: quelli che muiono sono i civili, donne, vecchi e bambini indifesi. Persone che si ritrovano una bomba sulla casa, sulla scuola all'improvviso; bambini che si svegliano in un letto d'ospedale (quando va bene) senza una gamba, senza una mano, ciechi per aver preso in mano quello che sembrava un pappagallino di plastica; bambini-soldato che vengono strappati dalle loro famiglie e mandati a combattere dopo essere stati drogati... Questa è la guerra reale. E' molto triste la realtà.

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